“Io sogno di dare alla luce un bambino che chieda: “Mamma, che cosa era la guerra?”

(Eve Merriam)

È una gabarra trasandata su di un mare tempestoso fatto di incomprensioni e di trascuratezza per “l’altro”…

Oscurare il sole con una eclissi di false ragioni, comporta far piovere sul bagnato e lasciare il deserto che continui a dissetarsi con il vapore che fuoriesce dalle bocche dei ciarlatani: attesi questi, ahimè, a manovrare e programmare non chiacchiere, ma concetti duraturi di pace. La violenza non avrà mai fine se gli egoismi non verranno messi a tacere. Avere un vicino di casa con dei problemi uno non può e non deve decuplicarglieli al solo scopo di stare egli stesso più comodo e rilassato. Sarebbe come dondolarsi, comodo sdraiato su di un’amaca, tesa tra due rami secchi di una quercia mal radicata.

Ma c’è veramente un popolo che può definirsi tale con una Patria fittizia avuta in prestito allo scopo di interrompere una diaspora, infinita e frammentata come quella ebrea? Ma chi sono realmente gli ebrei e chi può definirsi tale nel confuso groviglio di tribù e appartenenze, dove manca pure l’intesa per darsi delle regole compatte e coese? Ma Israele è veramente una “nazione” oppure un surrogato di essa fatta di agglomerati di culture, di usanze e di posizioni ideologiche e culturali  spesso contrastanti una con l’altra? E perché si è data un governo senza darsi una Costituzione scritta attraverso la quale si potevano dare segni univoci di appartenenza e quindi di un popolo raggruppato sotto un determinato e, uniformemente accettato, vessillo? Se per costituzione s’intendeva riferirsi alle leggi scritte nella Bibbia ebraica non si era tenuto conto dei non religiosi esistenti e degli agnostici in quanto non credenti ma sempre facenti parte della comunità o stato che si voglia.

Ci sono molti punti interrogativi e attingerne risposte soddisfacenti, sia dagli uomini sia pure dalla Storia, resta un’impresa ardua.

Per vivere in pace uno bisogna che si attivi per ottenerla: cercando strade e mezzi per raggiungerla. Vivere tutta la vita ignorando questi principi significa rifiutare tali raggiungimenti di serenità.

Affidiamoci pure alla “Cabbala”, leggendola per capirci qualcosa, sperando che sia Dio ad illuminarci sui nostri fraintesi e renderci così partecipi allo svolgimento dell’intricata questione. La pusillanimità con la quale questo “insieme”, non bene definito nella sostanza, sia sotto omogenei aspetti sia legislativi, lasci fortemente intravvedere una situazione meno convulsa e, al medesimo tempo stereognostica e lungimirante, in un quadro ben definito e comprensibile, lascia molto a desiderare.

Limitiamoci pure ad ascoltare le diverse voci in gioco, anche se contrastanti circa gli assoggettamenti evidenti di coloro i quali detengono il potere. Potere sugli altri che non toccano palla e relegati a sudditi manovrabili e passivi.

Se il fine che si vuol raggiungere è quello di accogliere tutta la frantumata diaspora per riportarla nella terra che un dì fu Palestina ed oggi non si capisce bene a chi appartiene staremo tutti, ahimè, nostro malgrado, ad assistere a ben altri scontri, altri conflitti inimmaginabili, controvertibili dal punto di vista di coloro i quali sono attesi all’intesa, alla pace.

Ci voleva pure la pazzesca uscita di Hamas a complicare le cose. Da una parte però ha messo il problema palestinese all’attenzione mondiale che si era assopita sullo status quo. Ma questa brutale entrata di Hamas con il relativo eccidio di tanti innocenti gli ha dato la zappa sui piedi: gli si è rivolta contro, avendo ignorato la controffensiva di Israele, come sempre  sproporzionata e feroce. Si va dipingendo un quadro già scrostato e pieno di atavica ruggine esistenziale, tra chi manovra e chi subisce e questo pone altrettanti interrogativi ai già esistenti. Ci mancava pure lo zampino dello Stato prezzemolo, l’America, che tutto assume e mal frantuma, e che fa la parte del benzinaio laddove i fuochi stentano ad accendersi.

Ora si nota bene che chi dovrà veramente aver paura non sono solo chi è scampato alla maledetta Shoah, ma è il mondo intero a doverla avere, dacché è scesa la notte nel pieno giorno di pazzia.

Nulla da meravigliarsi se pure le colombe si son fatte predatrici…

Ma cosa ne sarà di quei “pulcini” (gl’innocenti bambini, i pacifici civili, i vecchi e gli ammalati), che vivono, soffrono e apprendono, si caricano di odio in un ambiente di “ateneo infernale”, dove l’unica, sentita dottrina, sulle tante messianiche predicate, è l’incessabile, “eterna vendetta”…?

È una promessa da disperati, fatta in una terra che, si afferma, sia stata promessa da un “dio”, ma che, sicuramente, si sarà poi pentito…

Se la guerra non viene buttata fuori dalla storia dagli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia. (Gino Strada).


FonteFoto di Eddie & Carolina Stigson su Unsplash
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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.