Oggi, a distanza di quasi tre secoli, le congetture di Thomas Paine, l’uomo che inventò il reddito di cittadinanza, sembrano perdere il loro carattere utopistico per farsi invece molto concrete

Da autentico cittadino del Mondo, Thomas Paine ha avuto l’ardire di creare un ponte immaginario tra due Continenti. Figlio di una generazione propugnatrice della Rivoluzione Inglese, Paine può essere, di sicuro, considerato uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America. I suoi scritti, i cosiddetti “libelli”, hanno rovesciato l’idea dell’isolamento sociale, e, capovolgendo la scala gerarchica dell’epoca, hanno difeso, ad oltranza, il concetto di non superiorità della classe nobile rispetto al popolo.

La libertà di pensiero, a cui non voleva rinunciare, costrinse Thomas Paine a viaggiare in cerca di rifugio da una società ancora troppo bigotta per le sue convinzioni. Considerato che neppur la ribelle Francia poté offrirgli asilo intellettuale, decise, dopo la caduta di Robespierre, di congedarsi dalla confusionaria Parigi. Prima però scrisse un saggio dal titolo “La Giustizia Agraria”, un piccolo vademecum che affrontava, per la prima volta, e in maniera embrionale, la delicata questione del reddito di cittadinanza.

Ciò che Thomas Paine sosteneva nel suo “pamphlet” era il bisogno di garantire un’erogazione monetaria, a intervalli regolari, a tutti coloro che avessero residenza in un determinato luogo. Secondo Paine, assicurando sussistenza persino ai ceti meno abbienti, si sarebbe protetto l’inalienabile diritto dell’uomo a ricevere ogni attenzione per una vita dignitosa favorita da un minimo salariale universale.

Oggi, a distanza di quasi tre secoli, le congetture di Thomas Paine sembrano perdere il loro carattere utopistico per abbracciare, invece, progetti attuabili in un’Europa che guarda ormai al futuro con occhi speranzosi e produttivi. Recentemente la Finlandia ha avviato una sperimentazione in tal senso. Il piccolo paese elargirà la cospicua somma di 560 euro a 2000 disoccupati estratti a sorte. Una sorta di sussidio volto ad abbattere, nei prossimi due anni, la soglia di povertà e accrescere quella di occupazione. Tale sussidio, però, segue una prassi completamente diversa da quella che vorrebbero rendere effettiva in Italia, visto che anche da noi se ne parla. Il principale scopo dello Stato scandinavo è, infatti, mettere in atto un processo secondo cui chi perde il lavoro, anziché aspettare contratti a tempo indeterminato, sia incentivato ad accettare anche un impiego a tempo determinato, un’attività che riduca sensibilmente quell’8,1% di nullafacenti finlandesi.

Il reddito di base rappresenterebbe, probabilmente, la più alta forma di democrazia di una società civile, adottarlo significherebbe assottigliare, ancor di più, le differenze di sesso, nazionalità e credo religioso. Ma sarebbe, altresì, uno sprone per favorire l’impegno massimo del cittadino verso la comunità in cui vive.