
Don Tonino c’era, più presente che mai, nel popolo di Dio che ha accolto a Molfetta Papa Francesco: figlio dello stesso sogno, delle stesse attese, dello stesso Spirito
Mai ho constatato, come il 20 aprile a Molfetta, tanta trascendenza e immanenza insieme, nell’abbraccio che il popolo di Dio ha reso a due grandi “pontefici”: Papa Francesco e don Tonino Bello (c’era anche lui, eccome se c’era!), infaticabili “costruttori di ponti” fra il cielo e la terra, la Bibbia e il giornale, gli orizzonti complessivi e i cantieri della cronaca.
La metafora del ponte è preziosa per fare sintesi dello storico evento, e soprattutto per condensarne i contenuti, tenendo presente che nei luoghi lambiti o attraversati dai corsi d’acqua, i ponti hanno un nome. Ecco i sette ponti segnati sulla mappa ecclesiale da Papa Francesco in Alessano e Molfetta, condividendo a piene mani la testimonianza di don Tonino Bello «credente con i piedi per terra e gli occhi al cielo».
Il ponte “minorità”
«Tonino, il nome semplice e familiare che leggiamo sulla tomba, racconta il suo desiderio di farsi piccolo per essere vicino, di accorciare le distanze, di offrire una mano tesa. Dice anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto». Umile architettura francescana!
Il ponte “chiesa estroversa”
È quello che porta in città, anzi che «entra in città»: «Siamo chiamati tutti a essere servitori del mondo, ma da risorti, non da impiegati. È bello essere “corrieri di speranza”, distributori semplici e gioiosi dell’alleluia pasquale». È il ponte dei “cirenei della gioia”, servi per amore dell’umanità.
Il ponte “concretezza”
C’era «gente paralizzata dal discutere sulle parole di Gesù, anziché pronta ad accogliere il cambiamento di vita da Lui chiesto. Don Tonino augurava di accogliere questa novità di vita passando finalmente dalle parole ai fatti. Gesù non cerca le nostre riflessioni, ma la nostra conversione». Da un “ponte di parole” a un “ponte di fatti”!
Il ponte “vera ricchezza”
«I poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda». Niente ponti-scorciatoia! Niente segni del potere, sulle campate!
Il ponte “prossimità”
«Don Tonino non teorizza la vicinanza ai poveri, ci richiama a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero (2Cor 8,9)». Per questo occorre cercarlo anche sotto i ponti.
Il ponte “convivialità delle differenze”
«La pace è convivialità, dove “l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzare”. Mentre «i conflitti e tutte le guerre “trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti”». È il ponte dei “volti rivolti”.
Il ponte “contemplattivo”
«Don Tonino ha coniato una parola originale che tramanda a ciascuno di noi una grande missione: contenpl-attivo, che non separa mai preghiera e azione. Ridestaci, allora, alla nostra vocazione, senza immobilismi né giustificazioni». È il ponte «degli innamorati di Dio e degli appassionati dell’uomo».
Per costruire i ponti ci vuole cuore, fede, ardimento, tenacia, sguardo lungo. Per attraversarli ci vuole il favore dello Spirito. Non è mancato a don Tonino e neppure a Papa Francesco, espressioni della grazia di Dio, carezza per l’umanità. Impareggiabili compagni di viaggio per chi intenda osare le architetture audaci.