Odissea tra quattro mura per chi intende rientrare in Cina

Sono ormai passati più di otto mesi da quando la Cina ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale a causa dell’epidemia dell’allora non meglio definito “Nuovo Coronavirus”, con la decisione del governo di istituire delle zone rosse imponendo il lockdown, soprattutto a Wuhan, primo focolaio.

Da allora la situazione in Cina è sicuramente migliorata di molto, le norme restrittive sono stati quasi completamente allentate e, stando ai dati ufficiali, il numero di nuovi casi giornalieri è minimo.

Questo però non significa che sia stata abbassata del tutto la guardia, e alcune misure di restrizione rimangono soprattutto per chi arriva in Cina dall’estero, a prescindere dalla sua nazionalità (compresi gli stessi cittadini cinesi), con tutta un’odissea da affrontare prima di poter mettere piede sul suolo cinese.

Odissea a cui sono andati incontro alcuni nostri connazionali partiti il 10 settembre da Milano con un volo charter, organizzato dalla camera di commercio italiana, con destinazione Tianjin (metropoli non molto distante dalla capitale), e tra questi c’erano Dario, Sara e Veronica, tre miei amici/colleghi che lavorano con me alla Scuola Senmiao di Pechino, e che hanno gentilmente dato la loro disponibilità a raccontarci tutto quello che hanno dovuto passare per poter finalmente tornare a Pechino.

“Abbiamo dovuto sbrigare diverse procedure, e in tempi piuttosto ristretti”, ci dice Veronica Molinari, trentadue anni, che vive e lavora a Pechino dal 2012.

“Dopo nove mesi in Italia in cui ho potuto godermi la mia famiglia e l’estate al mare, che per me che sono riminese è una cosa molto importante, ho deciso che era arrivato il momento di riprendere in mano la mia vita, il mio lavoro e la mia casa a Pechino. Prima di partire, ho dovuto fare richiesta di un visto speciale (potevamo scegliere tra l’ambasciata cinese a Roma e il consolato a Milano) anche se ero già in possesso di un regolare visto lavorativo, ma se non avessi avuto quest’ultimo, avrei dovuto pagare circa 100 euro per il nuovo visto che invece ho ottenuto gratuitamente.

Inoltre, abbiamo dovuto sottoporci al tampone anti-covid di tipo rinofaringeo: dato che la compagnia aerea che ha effettutato questo volo charter, la NEOS, richiedeva che l’esito fosse emesso non oltre le 72 ore precedenti all’imbarco, per avere la sicurezza di ottenere l’esito nei giusti tempi utili, ho deciso di sottopormi a 2 tamponi: almeno uno dei due mi sarebbe arrivato in tempo, e  infatti così è stato, dopodiché ho caricato l’esito del tampone, ovviamente negativo, sul portale del sito della compagnia 48 ore prima dell’imbarco.

Arrivati a Tianjin poi, siamo stati condotti nell’albergo dove avremmo dovuto trascorrere i nostri quattordici giorni di quarantena, non prima di essere sottoposti a un altro tampone”.

A proposito di come Veronica ha trascorso la quarantena, consiglio vivamente di guardare i servizi che lei ha realizzato per il canale Zweb TV.  A piè di pagina, trovate i link dei tre servizi.[1]

“Per livello di pulizia della camera, trattamento ricevuto, e qualità del cibo, speravo sicuramente meglio, e posso dire che col senno di poi avrei evitato di rientrare a queste condizioni, ma adesso che sono qui, sono pronta a riprendere in mano la mia vita. I miei progetti per il futuro? Confido di rimanere in Cina fino alla prossima estate, ma non escludo, in un futuro anche prossimo, di fare rientro in Italia. Dopo 10 anni dall’altra parte del mondo, il richiamo di casa e degli affetti è forte. Dopotutto, dopo nove mesi trascorsi a casa in Italia, penso sia anche normale esserci abituati di nuovo ai ritmi di vita italiani e di conseguenza ci siamo un po’disabituati alla realtà cinese a cui siamo sempre stati ben avvezzi nel corso di questi anni”.

Dei motivi che l’hanno spinta a tornare, e delle difficili condizioni a cui sono stati sottoposti i nostri concittadini durante la quarantena, ci parla anche Sara Paccagnini, trentaduenne di Quarrata, in provincia di Pistoia, che perlomeno ha avuto la fortuna di poter trascorrere la quarantena in compagnia di suo marito.

“Sono rientrata in Cina soprattutto per motivi personali legati alla mia situazione familiare. Mio marito, di nazionalità cinese, è rimasto bloccato insieme a me per molti mesi in Italia a causa della pandemia e non siamo mai riusciti a trovare dei voli disponibili o a prezzi accessibili per consentirgli di rientrare e, allo stesso tempo, non aveva i documenti necessari per soggiornare a lungo in Italia. Tramite il volo charter organizzato dalla Camera di Commercio Italiana a Pechino è stato tutto molto più semplice sia per lui che per me. Inoltre avevo lasciato la mia casa in Cina con l’idea di tornare dopo un mese, le mie cose erano tutte qui, mi sarebbe dispiaciuto lasciare all’improvviso questo pezzo importante di vita senza un degno saluto, senza più ritornare in questo Paese che tanto mi ha dato e chiudendo questa storia facendomi semplicemente spedire le cose. Inoltre in Cina ho il mio lavoro di insegnante d’italiano, professione che svolgo con passione e grande impegno. Inoltre, è grazie alla scuola privata per cui lavoro, se sono potuta rientrare senza sobbarcarmi tutte le spese del viaggio, visto che loro se ne sono accollate una buona parte.

Per quanto riguarda il trattamento ricevuto durante la quarantena, devo dire che non è stato dei migliori, ma un po’ me l’aspettavo.

Nonostante i due tamponi negativi, siamo stati trattati come degli ‘appestati’ durante i 14 probabili giorni di incubazione del virus; anche l’ultimo giorno ,quello in cui ci hanno dato il via libera, non abbiamo visto i volti dei nostri “carcerieri”, ancora nascosti sotto le mega tute contenitive (che noi chiamavamo astronauti o palombari).

La camera non era il massimo, e la tappezzeria, fra cui una moquette polverosissima, non proprio igienica e moderna.

Le regole erano abbastanza rigide: assolutamente impossibile lasciare la stanza, anche solo per andare in corridoio. Bisognava mandare la temperatura con tanto di foto del termometro due volte al giorno a orari fissi (prima delle 8 e prima delle 14.) Pasti, per me e molti di noi, pressoché immangiabili, a orari decisamente ‘non italiani’ annunciati da un altoparlante in camera dal volume altissimo e lasciati fuori dalla porta. Non si poteva ordinare cibo cotto da fuori.

La sensazione più comune era quella di trovarsi in una realtà parallela, surreale e a tratti tragi-comica.

Ha aiutato molto fare gruppo con gli altri passeggeri del mio stesso volo, eravamo tutti nello stesso hotel per la quarantena e tramite un gruppo su Wechat ci siamo aiutati sia a passare il tempo, sia a risolvere i problemi che piano piano incontravamo. Inoltre, mi ha aiutato molto la possibilità di lavorare online, ciò ha reso meno lunghe le mie giornate, anche se ha reso più noiose quelle di mio marito, costretto ad ascoltarmi per alcune ore senza fare rumore.

Insomma, è stata un’esperienza a dir poco ‘particolare’ che, da un certo punto di vista, sono contenta di aver vissuto e di poter raccontare, ma che sinceramente non consiglierei.

Devo dire che, guardando dalla finestra il cielo grigio e l’aria nebbiosa di oggi, ho molta nostalgia degli otto mesi consecutivi di cielo italiano, ma mi riabituerò anche al grigiore di molte giornate invernali della mia seconda casa, che comunque amo”.

Sara ci parla anche dei suoi progetti futuri, esprimendo tutte le sue incertezze, dovute anche al periodo che stiamo vivendo in tutto il mondo.

“Al momento non ho progetti precisi, anche perché, come è facile immaginare, tutti quelli del 2020 sono andati in fumo.

Per adesso rimarrò in Cina, ma non escludo un rientro in Italia in un futuro prossimo. La pandemia mi ha fatto capire ancora meglio il concetto di ‘casa’ che io ho sempre un po’ volutamente ignorato. Per quanto io ami la Cina e per quanto possa essere amata dai cinesi, qua per la maggior parte di loro sarò sempre un ospite. E di questi tempi nemmeno troppo gradito”.

“Sono tornato essenzialmente per motivi lavorativi. A Pechino ricopro la posizione di direttore didattico presso una scuola di lingua italiana, ma anche perché mi mancava la vita in Cina”, ci racconta Dario, quarantunenne di Bari che ha trascorso molti anni in Cina tra Shanghai e Pechino.

“La mia permanenza forzata in Italia durante il lockdown è combaciata anche con la scadenza del visto che precedentemente già avevo. Di conseguenza, per poter rientrare ho dovuto richiedere alla mia azienda il rilascio di una lettera d’invito speciale la quale è stata vidimata da un ufficio governativo cinese. Essenzialmente è una lettera che dichiara la necessità di farmi rientrare in quanto profilo essenziale allo svolgimento del lavoro. Con questa lettera ho potuto richiedere il visto a Roma.

Riguardo ai 14 giorni di quarantena, devo dire che mi aspettavo questo genere di organizzazione. Conoscendo bene il Paese, avevo previsto procedure molto ben strutturate e poco elastiche, ma considerata la situazione di emergenza, comprensibili. All’arrivo in aeroporto abbiamo dovuto svolgere diverse registrazioni e nuovo tampone per poi essere portati in una struttura alberghiera prefissata per svolgere le due settimane di quarantena. In fase di check-in in albergo avrei preferito chiedere stanza con vista, in quanto per 2 settimane non sarei riuscito a vedere l’esterno. Purtroppo, le rigide misure non prevedevano la possibilità di allontanarsi dalla camera, non erano previsti ricambi di lenzuola od asciugamani. Bisognava inviare la temperatura ai nostri referenti tre volte al giorno ed i 3 pasti giornalieri erano segnalati da un annuncio audio riprodotto in tutte le camere, questo devo dire abbastanza fastidioso. Il cibo era prettamente cinese con classici lunch box molto standard, devo dire che era quello che mi aspettavo. Purtroppo non si poteva ordinare cibo dall’esterno.

Sicuramente ho sofferto le dimensioni della stanza ed il fatto di non avere vista verso l’esterno. Ho cercato di tenermi impegnato in diverse cose in modo tale da impiegare il tempo in modo costruttivo senza pause riflessive troppo lunghe. Non mi sono mai pentito della mia scelta.

Per quanto riguarda i miei progetti futuri, penso di trascorrere ancora alcuni anni in Cina poi si vedrà, sicuramente le opportunità lavorative e la crescita professionale sono dinamiche ben note a chi vive qui”.

[1]https://www.zwebtv.com/video/italia-cina-il-viaggio-di-zwebtv/#.X2R715VoIs4.link

https://www.zwebtv.com/video/cina-quarantena-per-chi-torna/

https://www.zwebtv.com/video/in-viaggio-verso-pechino/