La collina scendeva vertiginosamente verso una delle baie più profonde e belle che avesse mai visto in vita sua. I colori del mare, che di tanto in tanto faceva capolino tra i tornanti, si confondevano tra il verde, l’indaco e il turchese.

Il profumo dei fiori, nonostante l’autunno già avanzato, dava l’illusione della primavera e il sole, alto e luminoso, aveva il potere di fermare il tempo. Atmosfera di magia. Avesse avuto il costume, un tuffo tra le onde leggere e regolari sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto, una volta terminata la discesa. Anche se lui, in realtà, non sapeva nuotare…

L’auto procedeva lentamente, l’asfalto era sconnesso e in alcuni tratti aveva del tutto ceduto. Bisognava stare attenti a non uscire con le ruote fuori della carreggiata, anche perché il guardrail non c’era e il rischio di precipitare in basso era piuttosto alto.

Alfredo non ci pensava. Guidava con cautela, ma i suoi pensieri erano altrove. Vagava con la mente al loro ultimo incontro, alle attese che lo avevano preceduto, ai vagheggiamenti che erano finiti da un pezzo eppure si ostinavano a restare accesi.

Chissà dove era lei, ora. Chissà chi le scompigliava i lunghi capelli neri, ora che non c’era più lui a farlo.

Si erano lasciati senza un perché. Succede spesso, no?

In realtà, un perché c’è sempre. Solo che è difficile confessarselo. È più facile ignorarlo. Dare la colpa all’altro, anche quando non ce l’ha; o darla a se stessi, anche quando si è vittime, ma fa troppo male ammettere di essere stati lasciati, punto e basta.

Ci sono cose gratuite. Accadono senza un perché. Accadono perché è bello che accadano. Oppure perché sono terribili. Ma non hanno una ragione oltre il fatto che esistono. Punto e basta.

Alfredo aveva amato ed amava ancora Elisa. E questo era meraviglioso. Elisa, semplicemente, lo aveva tradito e scaricato. E questo era terribile.

Il rumore dei freni sulla breccia candida destò Alfredo dalle sue divagazioni. La spiaggia ghiaiosa si distendeva davanti ai suoi occhi. Gli ombrelloni e le sdraio estive avevano lasciato spazio al vuoto e al silenzio. C’erano solo lui, il mare, il vento, il sole, il silenzio.

La baia di Myrtos, una meraviglia che nemmeno il più grande dei macchiaioli avrebbe saputo immaginare. Pensare che quell’angolo di paradiso era stato teatro di guerra. Tutti conoscono Cefalonia per averla vista in film romantici in cui la guerra lascia il tempo alle avventure sentimentali, ma lì, a Cefalonia, tra i suoi anfratti e baie, uomini erano morti, italiani capaci di dire no a Hitler avevano resistito eroicamente ed erano stati vilmente falcidiati da forze e mezzi superiori.

Anche questo era stato un fatto gratuito. Orribile e gratuito.

Ed ora, lì, in quell’angolo meraviglioso di quella stessa isola, regnavano pace e silenzio. Incontaminati. Intatti. Come se il male, lo schifo, il tradimento non fossero mai esistiti.

Un flash si accese nella sua mente. Si rese conto in quell’istante che, nelle sue elucubrazioni mentali, aveva accostato Elisa a Hitler. Pensiero orribile e gratuito. Ma opprimente e impossibile da scacciare via.

Passarono i minuti ed era davanti ad una scelta.

Non sapeva nuotare. Sarebbe stato facile e davvero notevole annegare in quel posto, dove nessuno sarebbe potuto accorrere in suo soccorso.

Ma aveva ancora il cellulare e un boia, a Milano, attendeva solo un suo cenno per passare all’azione: Elisa, rapita già da due giorni, gli occhi nel terrore, le mani legate, le labbra serrate da un cerotto, fissava davanti a lei una siringa, con un’iniezione letale pronta all’uso…

O lui o Elisa. O magari tutti e due. Farla finita e non pensarci più, anzi, smettere di pensare. Orribile e gratuito.

“Sono io” – “Mi dica” – “La lasci libera”…

Il rumore delle ruote sulla breccia lo destò ancora una volta.

Aveva toccato il fondo. E non era annegato.