A volte, la teologia potrebbe imparare più dall’arte che dalla filosofia…

Spesso pensiamo a Dio come l’impassibile, il motore immobile che muove tutte le cose, come il geometra, l’architetto o il matematico. Un Dio che è proiezione della nostra logica, razionale, che corrisponde al senso religioso naturale di ciascun essere umano.

Anche la teologia ha utilizzato, non di rado, schemi logici che appartengono più alla speculazione filosofica che alla rivelazione biblica. Gli artisti, prima degli stessi teologi, hanno visto la Trinità continuamente presente negli eventi di salvezza, come nell’incarnazione, la natività, il battesimo e così via.

Un elemento che colpisce molto è l’umanizzazione della Trinità nella presentazione di Masaccio proprio nella crocifissione. Abbracciando uno schema medioevale, tipicamente occidentale, il Padre sostiene la croce mentre Gesù muore. Il Figlio non è solo, ma nel supremo momento dell’offerta di sé stesso, è sorretto dal Padre. Egli, a cui il Figlio grida, ma nel cui volere si abbandona, sostiene il Figlio, proprio quando sembra non esserci. Tra il Padre e il Figlio vi è poi lo Spirito, simboleggiato dalla colomba. Lo Spirito che si trova al centro tra il Padre e il Figlio, viene a trovarsi anche tra il Padre e l’umanità.

Masaccio si rifà al modello che va sotto il canone medioevale definito Trono di Grazia. A ciò viene associata l’umanità nel dolore, sofferente ma non disperato, di Maria e Giovanni. Tuttavia, a differenza dello schema canonico del Trono di Grazia, il Padre non è rappresentato seduto in Trono ad evocare il dominio, richiamo alla resurrezione, ma in piedi, a figurare l’offerta sacerdotale che viene fatta del Figlio.

In Masaccio, inoltre, il Figlio ha le stesse dimensioni del Padre. Questo per sottolineare l’uguaglianza, a differenza degli altri schemi iconografici dove il Padre era più grande. Spesso il Padre è rappresentato distaccato, quasi insensibile, mentre Masaccio mette in risalto la compartecipazione alla sorte del Figlio in una dinamica di piena offerta, per amore degli uomini.

Gli schemi teologici sulla riflessione ad intra della Trinità, lasciano in Masaccio il mistero di Dio che è ad extra, esce da sé, donando il Figlio eterno. Il Figlio si rimette nelle mani e nel sostegno del Padre. L’Amore eterno dei due, lo Spirito, viene effuso e partecipato all’umanità, rappresentata da Maria e Giovanni.

“Ci sono ragioni che la ragione non conosce”, le ragioni del cuore di cui parlava Pascal. Dalla croce, sembra suggerirci Masaccio, si impara la ragione del Padre, che si rende visibile nel Cuore di Cristo, il suo amore, effuso spiritualmente, dopo il supremo sacrificio, per ognuno di noi.

Detto ciò, forse, non sarebbe meglio imparare dall’arte, espressione d’amore legata alla fede, quello che una certa teologia tende ancora a legare esclusivamente alla filosofia?