L’arte scientifica di Giannandrea Inchingolo
Già lo scorso luglio il nostro Direttore ci aveva presentato Giannandrea Inchingolo (https://www.odysseo.it/fail-storie-rimettersi-piedi/). Oggi, a quasi un anno di distanza, l’importanza del fallimento di cui si era fatto promotore il giovane scienziato andriese trova il proprio nesso logico in “Turbolence Voice of Space”, un progetto di arte applicata alla scienza, sinestesia di sensi che si mescolano fino a fondersi, come particelle in eterno caos emozionale. Da Boston all’Università di Lisbona, dove sta conseguendo un dottorato in Fisica dei Plasmi, il 28enne Giannandrea ci illustra l’esegesi estetica di un istinto razionale per il quale è stato insignito da più parti. Odysseo ha raccolto, ancora una volta, la sua voce universale:
Ciao Giannandrea. La recente scoperta fotografica di un buco nero nello spazio sembra viaggiare parallelamente al tuo progetto “Turbolence Voice of Space”, una sorta di moto caotico di particelle. Come spiegheresti questa ricerca ad un bambino o a molti di noi che poco masticano l’argomento?
Come hai giustamente notato, c’è una profonda correlazione tra la mia ricerca e la recente fotografia dell’ombra di un buco nero, M87* nella galassia Virgo, di cui si sta tanto parlando ultimamente. Un buco nero è quello che chiamiamo in gergo una “singolarità” dello spazio-tempo: sostanzialmente la materia che compone un buco nero è così concentrata all’interno di uno spazio ridotto che la sua attrazione gravitazionale (la stessa che fa cadere le mele dagli alberi o permette alla Luna di ruotare attorno alla Terra) non permette a nulla di sfuggire, neanche alla luce: ecco perché diciamo che è nero. C’è da dire, comunque, che anche se non eravamo in grado di avere un’immagine diretta dell’ombra di un buco nero fino ad ora, per anni siamo riusciti a studiarne gli effetti e a sapere della sua presenza proprio grazie agli effetti gravitazionali che il buco nero aveva sulla materia circostante. Spesso, attorno ad alcuni tipi di buchi neri come M87* o il suo gemello al centro della nostra galassia – la Via Lattea – chiamato Sagittarius A*, vi è della materia che ruota attorno al buco nero e che a poco a poco viene attratta da questo, incrementandone la massa. Questa materia è quella che io studio e viene chiamata disco di accrescimento. La materia che compone il disco di accrescimento è nello stato di plasma: sostanzialmente un fluido di elettroni e ioni molto caldi e molto rarefatti che, essendo composto da particelle cariche, interagisce con i campi elettrici e magnetici presenti nel disco. Quello di cui mi occupo nella mia ricerca è cercare di capire come si comporta questo plasma attorno ai buchi neri. Da osservazioni astronomiche sappiamo che il plasma si comporta in maniera turbolenta, cioè come hai giustamente detto tu, un moto caotico delle particelle che compongono il plasma. Anche se la turbolenza è di per se un moto caotico, questo non vuol dire che non ne è possibile studiarne le proprietà e capirne l’evoluzione e soprattutto l’origine. Quali sono i meccanismi che generano la turbolenza e come questa si evolve all’interno del plasma attorno ai buchi neri? Queste sono alcune delle domande che mi sono posto quando ho iniziato il mio dottorato circa 4 anni fa e per rispondere a queste domande utilizzo un codice numerico che ho contribuito a sviluppare nel mio gruppo di ricerca a Lisbona e che permette di vedere l’evoluzione di questo plasma. Ovviamente non sono solo in questa ricerca: oltre al gruppo di ricerca a Lisbona, collaboro strettamente con un’altro gruppo al MIT, il Massachusetts Institute of Technology di Boston, dove ho trascorso parte del mio dottorato. Partendo da una condizione stazionaria e di equilibrio, abbiamo visto come si evolvono una serie di instabilità all’interno del plasma. L’effetto combinato di queste instabilità porta alla creazione della turbolenza che riusciamo ad osservare attraverso le nostre simulazioni numeriche. Per me e per gli altri che collaborano con me in questo progetto è stato un duro lavoro cercare di capire quali siano ognuna di queste instabilità che si sviluppano e soprattutto capire come queste si incastrino perfettamente per dar via al moto caotico finale che è la turbolenza che osserviamo. Il Progetto “Turbulence | Voice of Space” nasce proprio da questa ricerca e dal cercare una maniera più semplice possibile per esprimerla e spiegarla, non solo a chi come me lavora in questa ricerca, ma anche e soprattutto a chiunque voglia esplorare e capire cosa avviene in questi esotici scenari astrofisici, anche senza avere un background matematico e teorico da specialisti nel settore. Quindi, per rispondere alla tua domanda su come spiegherei ad un bambino il mio argomento di ricerca… beh, Turbulence VoS è come sto cercando di farlo: partendo dagli stessi dati di analisi che uso per la mia ricerca, attraverso suoni, immagini, animazioni ed esperienze in realtà virtuale, ho cercato di ricostruire un’esperienza più artistica e sensoriale, che permetta di capire cosa succede all’interno di questo plasma e di come la turbolenza di generi e si evolva. Spero in questo modo di spiegare la bellezza della fisica che io vedo nella mia ricerca, una bellezza che per me va ben oltre quella matematica e che spero risulti essere di conseguenza più accessibile a tutti.
Cosa si intende per plasma quando si parla di Universo?
Come dicevo prima, il plasma è sostanzialmente un fluido di elettroni e ioni molto caldo e rarefatto che interagisce con i campi elettrici e magnetici presenti al suo interno. Il plasma viene spesso definito il “quarto stato della materia” proprio per il tipo di esperienza del plasma che noi abbiamo qui sulla Terra: prendiamo un gas e facciamolo attraversare da una corrente elettrica; se il gas è abbastanza rarefatto e la corrente abbastanza intensa, quello che vediamo è il plasma che si forma dalla ionizzazione del gas, cioè la separazione del gas nelle sue componenti di elettroni e ioni. Questo meccanismo è alla base delle sfere al plasma con cui ci divertiamo a giocare da bambini, ma è anche il principio alla base dei fulmini che vediamo: il lampo è infatti un plasma. Mentre qui sulla Terra il plasma non è una cosa che vediamo tutti i giorni, nell’Universo è sostanzialmente onnipresente! Abbiamo uno strato di plasma proprio attorno alla nostra atmosfera, ed è in questo plasma che avvengono i fenomeni necessari alla creazione delle stupende aurore boreali che vediamo vicino ai circoli polari. Lo stesso Sole, come tutte le altre stelle, è composto da plasma ed è proprio all’interno del plasma che si sviluppano le reazioni nucleari che sono alla base della vita di ogni stella. Ed ancora, il plasma costituisce sostanzialmente tutta la materia che c’è tra le stelle e tra le galassie, il cosiddetto mezzo interstellare o intergalattico.
In sostanza, per capire i misteri alla base delle dinamiche dell’Universo, non possiamo fare a meno di studiare i plasmi e i fenomeni ad essi associati, come la formazione della turbolenza di cui mi occupo io.
Il premio che hai ricevuto dalla Società Europea di Fisica sembra riconoscere l’importanza della cosiddetta “turbolenza” nel plasma dei dischi di accrescimento, un’instabilità cinetica qui da te rappresentata, in forma artistica, attraverso immagini e suoni. Quanto può essere importante l’impatto visivo e uditivo nella fruizione della Scienza da parte di chi si approccia ad essa come si stesse approcciando ad un’opera d’arte?
Il video che è stato premiato dalla Società Europea di Fisica è “Turbulence | The origin” in cui racconto sostanzialmente l’evoluzione della turbolenza all’interno dei dischi di accrescimento e quali sono le varie instabilità che la generano. Da quel video, il progetto si è molto evoluto, con la possibilità di esplorare l’evoluzione della turbolenza in realtà virtuale e, con l’aggiunta di una voce narrante che accompagni lo spettatore nell’esplorazione di questi fenomeni, come nel video “Turbulence | Accretion Disk”. L’idea che è alla base di questi video ed in generale dell’intero progetto Turbulence VoS si basa molto sull’importanza dell’esperienza sensoriale e artistica, resa possibile attraverso i differenti suoni e visualizzazioni creati dai dati numerici e scientifici. Usando un approccio puramente scientifico, spesso ci riduciamo ad analizzare solamente i dati per quello che sono, in quanto da essi ricaviamo tutte le informazioni quantitative che ci permettono di validare i nostri modelli teorici o di confrontarli con le osservazioni sperimentali. Spesso però, questa analisi ci fa dimenticare della bellezza intrinseca nella scienza e nella fisica, la stessa bellezza che spesso ci ha portato a volerne capire le origini e quindi a spiegarne in maniera anche semplicemente qualitativa i fenomeni alla base di tale bellezza. D’altro canto, se ci basiamo solamente sulle nostre sensazioni e su quello di cui abbiamo esperienza, c’è il rischio di rendere troppo soggettiva non solo l’esperienza avuta, ma anche quella che dovrebbe essere l’origine scientifica alla base di tale esperienza, il come questa è avvenuta. E la soggettività può trasformarsi in una specie di ipse dixit, perdendo di vista l’universalità del metodo scientifico di per sè.
Come ricercatore e come essere umano, credo molto alla dualità nel processo di comprensione dei fenomeni, sia razionale che sensoriale. Secondo me, l’esperienza scientifica non è completa se si basa solo su una delle due: non puoi basarti solo sulla bellezza sensoriale per capire fino in fondo un fenomeno naturale, ci devi ragionare su, devi estrapolarne dei dati che possano essere universalmente discussi e confrontati con l’intera comunità – e da qui l’importanza dell’analisi quantitativa di ogni ricerca che faccio e che si fa solitamente in ambiente accademico.
Ma è anche vero il contrario: non puoi apprezzare fino in fondo un ragionamento fisico, anche solo qualitativo, se non puoi averne esperienza diretta. Magari, razionalmente, sei in grado di apprezzarlo e di visualizzarlo nella tua mente, ma senza esperienze sensoriali questa bellezza rimane li, isolata dentro di te. Per cercare di condividerla devi riuscire prima di tutto a trasmettere il tuo pensiero che la genera. E questo a volte è estremamente difficile. L’Arte, d’altro canto, ci ha sempre insegnato che è possibile trasmettere un concetto, una sensazione ed un’idea attraverso le sensazioni che un’opera artistica inspira, sia essa visuale, auditiva o altro. Non a caso spesso si vedono le cosiddette “impressioni artistiche” di alcuni fenomeni fisici e scientifici. Con il mio progetto Turbulence VoS ho voluto aggiungerci qualcosa di più: per quanto io possa manipolare colori e suoni per renderli interessanti, quello che i colori rappresentano, quello che le linee tracciano nel riquadro di un video o nello spazio della realtà virtuale, quello che i suoni inspirano sono tutti dati scientifici, gli stessi dati da cui poi estrapolo modelli ed analisi quantitative per discutere e confrontare la mia ricerca scientifica. In questa maniera, ho voluto ricreare la possibilità di immergersi in quello che, il più scientificamente e accuratamente possibile, è il plasma che ruota attorno ai buchi neri al centro delle nostre galassie, dando prima di tutto a me stesso la possibilità di esplorare una regione dell’universo, sia nel tempo che nello spazio, che ci è impossibile esplorare “di persona”.
Con Turbolence | Voice of Space, ho voluto dare a chiunque la possibilità di esplorare questa regione di spazio, e magari, di provare le stesse sensazioni dovute all’immergersi in questo regno dei plasmi. Una ricerca scientifica, elaborata per essere divulgata il più possibile; una visione razionale e quantitativa della realtà resa nella sua esperienza sensoriale e qualitativa, dove Scienza e, se mi passate il termine, Arte parlano con linguaggi simili della stessa realtà.
Credi avresti ottenuto gli stessi risultati in Italia?
Guarda, non vorrei scadere nell’ovvio e nel banale con questa risposta… Come ricercatore, la cosa più importante per me è interagire con una comunità internazionale: la scienza non si fa da soli e, soprattutto, non se ci isoliamo rispetto alle altre comunità scientifiche. Ovviamente, la mia esperienza all’estero mi ha dato tante possibilità nell’interagire e creare rapporti con altre realtà, non solo a Lisbona dove ho iniziato il mio dottorato, ma anche il mio anno al MIT e in giro per conferenze. Il progetto Turbulence VoS non sarebbe quello che è, io stesso non sarei quello che sono, senza queste esperienze: al MIT ho avuto la possibilità di realizzare la parte sonora del progetto e ho trovato un ambiente di stimolo e sostegno per questo progetto che, senza girarci attorno, è non convenzionale anche nell’ambiente scientifico. La realizzazione di realtà virtuale non sarebbe possibile senza la collaborazione con il gruppo di visualizzazioni dati dell’ELI di Praga, uno dei centri di ricerca leader in Europa per la prossima generazione di Laser e della ricerca a loro connessa. Per la realizzazione di questo progetto, oltre che le ovvie risorse economiche che sappiamo essere scarse in Italia nel mondo della ricerca, è stato essenziale il supporto dei miei supervisors di dottorato che hanno creduto in me e in questo progetto, permettendomi di realizzarlo e finanziando i miei viaggi e il materiale necessario per la realizzazione del progetto.
Mi chiedi se questo sarebbe stato possibile anche in Italia… forse, o almeno lo spero visto che comunque a Settembre ritornerò in Italia per continuare la mia ricerca come postdoc all’Università di Bologna e non avrei accettato di tornare in Italia se non pensassi che, nonostante la situazione politica e le risorse per la ricerca siano quelle che siano, ci sia ancora la possibilità di fare ricerca e di renderla accessibile a tutti.
Progetti futuri?
Per ora, finire il dottorato visto che siamo agli sgoccioli. Poi come dicevo prima, a Settembre inizierò una nuova avventura tornando in Italia come ricercatore all’università di Bologna. Per quanto riguarda il progetto Turbulence Voice of Space, per ora lo sto portando in giro per mostre e conferenze, la prossima al congresso della Società Europea di Fisica dove, un anno fa, era stato premiato. Magari, vediamo di portare Turbulence VoS anche in Italia prossimamente, non sarebbe male. Per quanto riguarda il progetto di per se, sto già pensando alle prossime evoluzioni e collaborazioni per continuarne ad esplorare la parte artistica, ma per ora sono solo idee nella mia testa. Sicuramente, ne potremmo parlare una prossima volta volentieri!
Nel frattempo, se volete conoscere meglio il progetto Turbulence | Voice of Space e le sue creazioni, visitate pure la pagina web: https://www.giannandreainchingolo.com/turbulence