
Non solo i giovanissimi vivono la psicosi dei likes..
Mi capita continuamente di incontrare persone agitate, tristi e deluse. Ciò perché si sperimenta il tradimento, il male gratuito e la cattiveria inaspettata. Tanti inoltre vivono lo scrupolo, specialmente se religiosi, di sperimentare il dramma tra il perdono da dare e il rancore che si prova. Alla luce di ciò mi permetto di suggerire una pratica di stampo gesuita, utile anche per i non credenti. È ciò che Sant’Ignazio di Loyola definiva “santa indifferenza”. Dando per assodato che l’indifferenza è sempre negativa e, talvolta, il maggiore dei mali, la santa indifferenza è sempre per un bene maggiore, è una forma di equilibrio, fermezza interiore contro ogni forma di destrutturazione.
Sant’Ignazio, per una ragione di natura spirituale, invitava a mettere tra parentesi tutto ciò che non apparteneva alla vita secondo Dio. Per lui, tutto ciò che non dava un contributo fattivo nella crescita della fede, speranza e carità, non andava preso in considerazione. Così le lodi, i complimenti, le adulazioni anche se positive, non devono condizionare in alcun modo la propria interiorità, come il disprezzo, il pettegolezzo o la critica.
Per Sant’Ignazio era al centro l’obiettivo da raggiungere, cioè la santità, e tutto ciò che non fosse legato alla finalità della sua esistenza perdeva di significato. In altri termini, insegnava a non lasciarsi destrutturare in forme depressive o esaltazioni.
La psicologia moderna, già da alcuni anni, parla di “corazza” che ognuno dovrebbe portare dal giudizio altrui, rafforzando il proprio io nella autostima o nella chiarificazione della propria identità. Credo che questi non siano discorsi campati in aria. Non solo i giovanissimi, purtroppo, vivono la psicosi dei likes, del riconoscimento sociale, appiattendosi alla logica dell’apparire rispetto all’essere.
Un complimento dunque è una cosa buona, ma non sostanziale. Se c’è bene riconosciuto è una cosa positiva, ma se non c’è non dovrebbe cambiare assolutamente nulla nel proprio umore. Dinanzi una critica fine a sé stessa, se non utile per un miglioramento personale, particolarmente se inficiata dal male gratuito, come la mormorazione o il pettegolezzo, la migliore risposta non è la rabbia o l’agitazione, ma la santa indifferenza.
Infatti si deve rendere conto alla verità della propria coscienza o a Dio, per chi è credente; il resto è soffio, inconsistenza e vacuità. La sapienza interiore che aiuta a conoscere il bene dal male e più ancora, come insegnava sant’Ignazio, il meglio nei tanti beni che si presentano, aiuti ognuno a dare il giusto significato agli eventi e la giusta e santa indifferenza in tutto ciò che non serve.
La domanda che in tante situazioni dovremmo porci infatti non è “che male c’è”, ma “dov’è il vero bene”?