Caro Direttore,

i morti di Genova riposino in pace, ma i vivi non possono far finta di nulla; i ministri Salvini e Toninelli non possono cavarsela con un rituale “i colpevoli pagheranno”. Il ponte Morandi, gloria della Liguria moderna, è crollato perché era vecchio e perché aveva fatto il suo tempo. I manufatti non si possono rappezzare all’infinito, come accadeva da anni al ponte dell’ultima tragedia.

Doveva durare cent’anni, nel pronostico dei costruttori. È durato cinquant’anni perché nel frattempo le condizioni del traffico sono cambiate, i trasporti su strada si sono fatti più numerosi e più pesanti, condizione impensabile negli anni Sessanta del secolo scorso. Mentre tutto cambiava nel mondo, in Italia la cultura della modernizzazione si arenava. E si arenava, perché il demone della decrescita partoriva una cultura pauperista e moralista, per la quale cultura le nuove opere pubbliche sono “mangiatoia”, come l’attuale ministro dei Trasporti, Toninelli, ci predica ogni giorno da anni, in sintonia di No-Tav, No-Tap, No-Gronda….

Ecco il punto specifico. Il ponte Morandi, da anni sotto osservazione e rattoppo, doveva essere sostituito, o almeno alleggerito, da una variante, la Gronda appunto, che avrebbe dirottato parte del traffico togliendola al ponte crollato martedì. Il grillismo nascente, con la sua idea di “decrescita felice”, aveva fatto propria la protesta con il suo pontefice massimo, Beppe Grillo in persona. Le avvisaglie di pericolo erano state liquidate come “favoletta” sul blog del M5S, e hai voglia a sbianchettare il blog due ore dopo il terribile crollo del Morandi. Un punto di disonestà intellettuale che un Paese serio prenderebbe come un allarme preoccupante. E hai voglia Toninelli a cercare “colpevoli”, racconti piuttosto la verità sul progetto Gronda rimesso in discussione da lui medesimo, come Tav, Tap e tutto ciò che ha a che fare con la modernizzazione di un Paese che, per età e per incultura, cade a pezzi.

Ora, Dio mi guardi dall’attribuire ai No-Gronda o all’evanescente Toninelli la spaventosa tragedia di Genova. Certo che la colpa specifica non è loro. Ma se loro continueranno a manipolare l’idea che la modernizzazione delle opere pubbliche sia soltanto “magna-magna”, allora si saranno assunta una responsabilità morale pesante.

Ricorderò ancora una volta, per i distratti e i refrattari, che negli anni ‘50-‘60 del secolo scorso l’Italia uscì dall’arretratezza costruendo strade e autostrade, uffici e case, imprese e università, ospedali e tutto il resto. Ci fu un po’ di magna-magna, come in tutto il mondo, perché è noto che il miele ha i suoi estimatori e predatori.

Un Paese serio rafforza la vigilanza per evitare sprechi e ruberie, questo fa. Ma se, per paura dei ladruncoli, blocchiamo la crescita, prepariamoci ad altri disastri. Chi si assume la responsabilità del No perpetuo a tutto, sarà il vero colpevole del crollo di quell’Italia che i populisti-sovranisti, ogni giorno, esaltano nei proclami. I morti si onorano evitando altre tragedie, e altre tragedie si evitano fidandosi delle élite di competenti, non solleticando la rabbia degli ignoranti.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

2 COMMENTI

  1. È una puntina fissa e ogni occasione è buona per parlare male del M5S.Non ha operato ancora niente il demonio M5S (come lo si vuole presentare) ,ha parlato a favore del popolo che soffre e muore contro un sistema che fa più ricchi i ricchi e più poveri chi si guadagna da vivere col sudore della fronte,è moto di popolo,certamente avrà i suoi limiti ma vederlo tutto negativo non è oggettivo e difendere il vecchio per come ci ha ridotto non è nemmeno realistico perché il marcio travasa dappertutto.

    • Gentilissimo Francesco,
      il suo commento, la cui onestà intellettuale io apprezzo, chiama in causa la linea editoriale di questa testata e, dunque, tocca a me rispondere, visto che più o meno degnamente ne sono il direttore. Lei parla di “puntina fissa” e probabilmente ha ragione. La domanda che tuttavia le rivolgo è: tale “puntina” è ricercata pretestuosamente o chi è al governo, in così poco tempo, ci ha offerto così tanto materiale su cui riflettere che, anche non volendo, non si può fare altro che commentarlo? In particolare, sottopongo di nuovo alla sua attenzione questo passaggio specifico dell’articolo di Del Giudice e poi la invito a rispondere alla domanda: “Dice il vero oppure no?” Ecco il passaggio specifico, a lei la risposta : “Il ponte Morandi, da anni sotto osservazione e rattoppo, doveva essere sostituito, o almeno alleggerito, da una variante, la Gronda appunto, che avrebbe dirottato parte del traffico togliendola al ponte crollato martedì. Il grillismo nascente, con la sua idea di “decrescita felice”, aveva fatto propria la protesta con il suo pontefice massimo, Beppe Grillo in persona. Le avvisaglie di pericolo erano state liquidate come “favoletta” sul blog del M5S, e hai voglia a sbianchettare il blog due ore dopo il terribile crollo del Morandi. Un punto di disonestà intellettuale che un Paese serio prenderebbe come un allarme preoccupante”.

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