Terza e ultima tappa del viaggio fra i grandi personaggi che ispirarono il sogno di un continente prospero e unito: l’Europa (le altre qui e qui)

La Società delle Nazioni, organismo creato al termine della prima guerra mondiale per evitare nuovi conflitti, fallisce miseramente.

Vent’anni dopo, le lettere politiche di Luigi Einaudi, firmate con lo pseudonimo di Junius, piene di riferimenti federalisti, giungono sull’isola di Ventotene e finiscono nelle mani di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, due confinati dal regime fascista.

Le idee di Luigi Einaudi ispirano i due confinati che chiedono all’economista italiano altri libri che parlino di federalismo. Dopo sei mesi, “Il manifesto di Ventotene, per un’Europa libera e unita” vede la luce: è il luglio del 1941. Intanto il secondo conflitto mondiale dilania il vecchio continente.

Proprio la guerra è considerata il problema principale d’Europa, una guerra che – per guardare solo all’epoca contemporanea – dal 1870 tormenta le genti europee. Per giungere alla pace, Rossi e Spinelli introducono nel Manifesto parole quali suffragio universale, parlamento europeo,  esercito unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali, ponenedo al centro del loro manifesto la Germania e la convivenza che la stessa dovrà avere con gli altri stati del continente.

“Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non si può mantenere un equilibrio di stati europei indipendenti, con la convivenza della Germania militarista a parità di condizioni degli altri paesi, né si può spezzettare la Germania e tenerle il piede sul collo una volta che sia vinta. Alla prova, è apparso evidente che nessun paese in Europa può restarsene da parte mentre gli altri si battono, a niente valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione“, si legge sul Manifesto citato.

Il manifesto di Ventotene si diffonde clandestinamente in tutte le capitali europee e ad esso aderiscono intellettuali e politici che credono nel federalismo europeo, in un’Europa unita e pacifica. Anche grazie ad esso, un profumo di libertà inizia a diffondersi nel 1941, mentre guerre civili e massacri distruggono l’Europa. La Germania, che all’inizio del conflitto sembra inarrestabile, si trova a dover affrontare gruppi di persone che si opponevano all’invasore. È la resistenza. I cieli europei, infiammati dalle bombe, vogliono libertà e un futuro di pace.

Conclusa la guerra, nel 1945, la carta geopolitica dell’Europa ne esce stravolta. A pagare il conto più salato alla Conferenza di Pace di Parigi sono ovviamente Italia e Germania. Quest’ultima viene divisa in due parti. La parte orientale finisce sotto l’influenza sovietica, la parte occidentale controllata de facto dagli anglo-americani.

Anche l’Italia sa che i vincitori del conflitto non saranno docili con il vecchio alleato di Hitler. La neonata Repubblica italiana è rappresentata da Alcide De Gasperi, all’epoca Presidente del Consiglio.

“Signori, è vero, ho il dovere innanzi alla coscienza del mio paese e per difendere la vitalità del mio popolo di parlare come italiano, ma sento la responsabilità e il diritto di parlare anche come democratico antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica che, armonizzando in sé le sue aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universalistiche del cristianesimo e le speranze internazionalistiche dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella cooperazione fra i popoli che avete il compito di stabilire.”

De Gasperi punta dritto all’obiettivo: l’Italia è distrutta, piagata dalle bombe e dalla guerra civile, ma lo statista non parla solo da italiano. Serve cooperazione internazionale che conduca alla pace, i tempi sono maturi e non si può aspettare l’ennesima guerra. Infatti di lì in poi non ce ne sarà una tradizionale, ci sarà una “guerra fredda”.

Pur se divisa in due, la Germania continua a rappresentare un problema irrisolto. Nel 1948 nella Germania ovest si tengono nuove elezioni e il paese piano piano riacquista dignità. Pur se vietato dal Trattato di Pace, ci si pone il problema del riarmo tedesco. In Europa, soprattutto nella Francia aggredita 3 volte negli ultimi settanta anni dai tedeschi, torna la paura.

La guerra fredda e il problema tedesco accelerarono le spinte di chi auspica l’unificazione europea. La Francia, spaventata dalla Germania che rialza la testa, decide di compiere il primo passo.

“L’Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L’unione delle nazioni esige l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l’azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania. A tal fine, il governo francese propone di concentrare immediatamente l’azione su un punto limitato ma decisivo. Il governo francese propone di mettere l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei. La solidarietà di produzione in tal modo realizzata farà sì che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma materialmente impossibile”.

È la Dichiarazione Schuman, pronunciata dal ministro degli esteri francese Robert Schuman il 9 maggio del 1950. Dopo secoli di guerre, gelosie e rancori la Francia tende la mano a tutti gli stati Europei ma in particolare ai suoi eterni nemici tedeschi. Se la Germania accetta (e quindi nessuno ha il controllo esclusivo di carbone e acciaio) la guerra sarà impossibile.

Konrad Adenauer, cancelliere tedesco, accoglie la proposta francese. È la svolta: le nuove generazioni europee non dovranno temere le bombe.

L’integrazione europea è fatta, e non importa se vi partecipano solo sei stati europei (Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo) e se la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio serve solo per mettere in comune le due produzioni. È solo un inizio che condurrà alla nascita della più grande comunità della storia.

L’Italia aderisce subito. Il nostro paese non è un produttore di carbone e tantomeno di acciaio, ma De Gasperi è un europeista convinto, nonché forse il più grande statista italiano. Pur non avendo avuto la gioia di essere presente alla firma dei Trattai di Roma del 1957, va considerato un Padre fondatore dell’Europa, insieme a Schuman e Adenauer.

Il nostro presidente, fino al il 1953 (anno della sua uscita di scena) sarà uno dei protagonisti del nuovo corso europeo. Con il suo carisma e le sue capacità di uomo di frontiera è paciere tra Schuman e Adenauer, nonché custode degli accordi fra Francia e Germania.

Spinelli, De Gasperi, Schuman, Adenauer e ancora Churcill, Monnet, Spaak, Hallstein, Beck. Sono i Padri dell’Europa, politici e statisti grazie ai quali, a partire dal 1950, l’Europa unita intraprende quel lungo cammino che porterà alla caduta delle frontiere, alla firma dell’Atto Unico Europeo e alla nascita dell’euro.

Tra pochi giorni saranno passati 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma.

Non sappiamo se è questa l’Europa che i Padri fondatori avevano sognato, una cosa è certa, quella conclusa nel 1945 è stata l’ultima guerra che ha infiammato i cieli d’Europa.

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