Si è servi degli ultimi o ci si serve di loro?

Sembra che logiche come “il fine giustifica mezzi”, tendono, in maniera subdola, ad entrare nella vita ecclesiale. È ormai di moda la carità, la spiritualità e la fede, che passa attraverso schemi che appartengono più a logiche commerciali, che a dimensioni profetiche ed evangeliche della Chiesa. Il rischio è sempre quello di chi guarda ai numeri, come si fa per i concerti dei cantanti. Si guarda, talvolta, ai successi ed alle manifestazioni esterne come punti di ritorno e verifica pastorale della Chiesa.

Evidentemente il servizio ha a che fare con una certa teatralità, nel senso più bello del termine, perché illumina di senso la dimensione sociale. La preghiera e il silenzio, la meditazione e la contemplazione, invece, appartengono al nascondimento e non fanno rumore. È importante non dimenticare mai che la vita di Gesù è stata nascosta per ben trent’anni e che la sua vita era avvolta dal silenzio e dalla preghiera, anche nei tre anni di vita pubblica. Non bisogna negare che anche Gesù ha compiuto gesti “teatrali”. I più eclatanti, a mio avviso, sono quello della *lavanda dei piedi* e della *crocifissione*. A differenza di altre teatralità, dove ad emergere sono la forza, gli applausi e gli onori, Gesù si manifesta nei segni della schiavitù, lavando i piedi ai discepoli, e della maledizione, venendo crocifisso, con la morte riservata ai più infami. C’è dunque da chiedersi quale teatralità evangelica chiede il vangelo alla sua Chiesa. Si comunica la logica dei vincitori o degli sconfitti? Quella dei deboli o dei forti? Si scelgono logiche di vittoria o di vicinanza agli sconfitti? Si è servi degli ultimi o ci si serve di loro?

Personalmente credo che la ” teatralità” della carità possa avere molto valore. Si può fare molto bene attraverso le radio, le TV, i giornali, i libri, il sociale, i social e via dicendo. Non bisogna dimenticare però che il Cristo è stato uno sconfitto, un perdente, un debole che ha scelto la via degli ultimi e degli abbandonati. Alla luce di ciò, forse, tante sconfitte della Chiesa, quando si cerca la “teatralità”, possono essere una grande benedizione. La sconfitta può essere un invito ad essere come il Signore che prega, medita, ascolta e contempla offrendo sè stesso, sapendo di perdere. Questa Chiesa, libera da privilegi, è la Chiesa che ha il privilegio della libertà. Una Chiesa libera di essere credibile, ultima e vera come il suo Signore, che lava i piedi all’umanità e pronta per offrirsi in sacrificio, per il mondo tanto amato da Dio, per meritare la redenzione del Figlio.

L’ultimo è diventato il primo! Il servo dei servi, per amore, è diventato il re dei re. Sapremo cercare l’ultimo posto per poter regnare con il nostro Signore? Avremo il coraggio di non piegarci ad altri poteri, più comodi e gratificanti, per amore del Signore, profumando di Vangelo?