«Vedi l’eccelso omai e la larghezza

de l’etterno valor, poscia che tanti

speculi fatti s’ha in che si spezza,

uno manendo in sé come davanti»

(Paradiso XXIX vv.142-145)

Ho amato (e ancora amo?) visceralmente la filosofia. Non sono un filosofo né tantomeno un saggio, ma posso di certo dirmi un assetato di sapienza. Che poi, più invecchio, e meno io la trovi, questo è un altro discorso…

Ricordo però un pensiero che mi arrovellava già ai tempi del liceo: ogni volta in cui la mia adorata prof ci introduceva alla conoscenza di un nuovo filosofo e del suo pensiero, tra me e me esclamavo: “Eccolo! Questo sì che ha ragione! Finalmente l’ho trovato! Ecco uno che dice le come stanno!”. Il punto era che la medesima reazione sorgeva al filosofo successivo, che naturalmente contraddiceva e confutava il precedente. E così via, di filosofo in filosofo, per tutti e tre gli anni del liceo e per i successivi sei in cui ho studiato filosofia e teologia.

E allora è lecito che ti sorga il dubbio: se ti sembra che tutti ti dicano il vero, e tutti si contraddicono tra loro, non è che la verità non esista o che, banalmente, nessuno l’abbia ancora scoperta?

Pensiero legittimo e forse fondato. Ma c’è un’altra spiegazione e ce la offre Beatrice in questo canto, il ventinovesimo del Paradiso, che è stato definito il più dottrinale di tutto il Poema.

Apparentemente, il tema non è quello che ho sin qui anticipato. Il canto si apre e si chiude con una lunga spiegazione sulla creazione degli angeli, sulla ribellione di Lucifero, ancora, sulle facoltà angeliche e sul loro numero. In mezzo a questo po’ po’ di angelogia, non manca una severa condanna di quanti divulgano false dottrine filosofiche o teologiche e, in particolare, dei frati dell’Ordine di Sant’Antonio Abate che pensano solo a ingrassare il porco sant’Antonio, e altri assai che sono ancor più porci (vv.124-125).

Tuttavia, la conclusione è folgorante:

«Vedi l’eccelso omai e la larghezza

de l’etterno valor, poscia che tanti

speculi fatti s’ha in che si spezza,

uno manendo in sé come davanti»

(Paradiso XXIX vv.142-145)

In parafrasi: guarda, dunque, la magnificenza del valore eterno, visto che si riflette in così tanti specchi e pur rimane uno, sempre uguale a se stesso.

La luce di questi versi! In senso puro.

Sì, può essere che la verità non esista, ma non è affatto illogico ipotizzare che, se si rifrange di specchio in specchio, se vibra in mille variegati colori, questo non significa che non ci sia.

È persino più logico pensare che non potrebbe distendersi di tono in tono, se non esistesse una fonte. Persino unica.

Quel che conta non è afferrarla, ma contemplarla. Stupido è rivendicarne il monopolio, è più astuto lasciarsi riscaldare con gratitudine. E umiltà.

Vabbè, l’avevo detto in premessa che sono lontano dalla sapienza. Lo ripeto qui, come inclusione vuole.

Ho però anche scritto che non ho smesso di essere assetato. Che sia acqua fresca quella che porgerai ai tuoi sorsi!

François Rabelais: «Se la sete non è presente, bevo per la sete futura».

Bertrand Russell: «Tre passioni, semplici ma irresistibili, hanno governato la mia vita: la sete d’amore, la ricerca della conoscenza e una struggente compassione per le sofferenze dell’umanità».

Rumi: «Solo gli occhi aperti possono scoprire che l’universo è il libro della più alta Verità».


FontePhotocredits: Pixabay.com liberamente reinterpretato da Eich
Articolo precedenteUn taglio alla Rivoluzione
Articolo successivoNobel per la Medicina 2022: c’è anche l’Uniba
La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

2 COMMENTI

  1. L’unica verità che esiste è la consapevolezza che la nostra esistenza si fonda su una ricerca incessante di verità soggettive intorno alle quali fare ruotare i nostri comportamenti e il nostro modus vivendi.La conoscenza è l’unico strumento che ci permette di fare delle verità altrui una fonte di confronto,di sollecitazioni dell’intelletto,di fioritura dello spirito critico.

Comments are closed.