Quotidiani e notiziari stravolgono la nostra quotidianità con notizie riguardanti casi di omicidi maturati tra le mura domestiche, di violenze perpetrate e attuate su persone deboli, di conflitti cruenti tra popoli, di processioni pronte, attraverso inchini, a tributare onori e reverenza a chi, con il proprio agire, ha prodotto morte e dolore.

Ascoltando queste notizie, si insinua una domanda nella mia mente di uomo – prima – e di prete – poi. Una domanda che come un martello pneumatico mi spinge a chiedermi: “Che cosa è l’umanità? Si può ancora parlare di essa?”

Non ho risposte immediate a questi semplici, ma, al contempo, insidiosi quesiti.

Personalmente, sono profondamente innamorato dell’umanità; amo scorgerla nei meandri più oscuri di ogni essere umano.

Nella mia vita di uomo al servizio dei più bisognosi, l’umanità rappresenta la mia linfa vitale, di converso non posso non nutrirmi di essa: considero l’umanità alla stregua di una pozione magica in grado di aiutarmi a superare i mille ostacoli, le tante brutture attuate da esseri umani che troppo spesso ascolto e con le quali mi confronto.

Ravviso umanità negli sguardi, colmi di dolore, delle persone che incontro ogni giorno, le quali chiedendomi aiuto mi emozionano; negli occhi di un operaio o di un professionista privati del proprio lavoro e quindi della ”materia prima” che consente loro di soddisfare i bisogni dei propri congiunti; negli occhi di un giovane in cerca di autonomia e quindi di un lavoro; negli occhi di tante coppie che vedono frantumarsi il loro sogno d’amore anche a causa della precarietà che inevitabilmente sconquassa il loro idillio; negli occhi di tanti uomini e donne, cittadini del mondo, che giungono nel nostro Paese su barchette sperando di vivere finalmente una vita che sia degna di essere chiamata tale.

Ravviso insomma umanità nel dolore. Purtroppo, e magari mi sbaglio, noi uomini siamo sinceri nei momenti più bui della nostra esistenza, in quanto, probabilmente, è proprio in questi momenti che permettiamo alla nostra essenza, o meglio alla nostra Umanità, di prevalere sull’apparenza.

Umanità e dolore: troppo spesso, nella società contemporanea, forse per proteggere la serenità della nostra quotidianità restiamo indifferenti dinanzi a tragedie che colpiscono tanti nostri fratelli.

Capita sovente di non scandalizzarci più dinanzi alla notizia di un sacerdote che molesta un minore; alla notizia di un magistrato minacciato, pesantemente, di morte da un boss mafioso sanguinario; alla notizia di giovani migranti costretti a concedere il loro corpo in cambio di un permesso di soggiorno.

L’indifferenza crea una normalità artefatta nella quale ciò che dovrebbe farci indignare non ci indigna più; ciò che dovrebbe spingerci a reagire ci spinge a restare comodamente sulla nostra poltrona.

C’è una celebre canzone che descrive due sentimenti contrastanti: la disillusione e la speranza. L’umanità, oggi, viene distrutta dall’indifferenza e dalla sfiducia. Ritengo, tuttavia, che l’unica forza in grado di permetterle di risorgere dalle ceneri sia la speranza. Gli uomini di fede e tutti quelli animati da amore per l’uomo hanno il dovere di continuare ad avere e soprattutto a fabbricare speranza. La canzone è Dio è morto, di Francesco Guccini:

Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede

in ciò che spesso han mascherato con la fede,

nei miti eterni della patria o dell’eroe

perché è venuto ormai il momento di negare

tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura,

una politica che è solo far carriera,

il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,

l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto

e un dio che è morto,

nei campi di sterminio dio è morto, 

coi miti della razza dio è morto

con gli odi di partito dio è morto…

 

Ma penso che questa mia generazione è preparata

a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,

ad un futuro che ha già in mano,

a una rivolta senza armi,

perché noi tutti ormai sappiamo

che se dio muore è per tre giorni e poi risorge,

in ciò che noi crediamo dio è risorto,

in ciò che noi vogliamo dio è risorto,

nel mondo che faremo dio è risorto…”

L’umanità è meravigliosa. Mi ripeto, ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, dunque, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l’essere umano diventa disumano, non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà…. diventa indifferente e l’indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti.