Se la normalità tornasse a far parte della vita.
In tempi così difficili, pieni di continui cambiamenti di valori e di comportamenti, c’è da chiedersi cosa sia la normalità o meglio cosa sia rimasto della normalità. Una volta si diceva “il peggio è passato, la vita è tornata alla normalità”. Oggi quale può considerarsi una vita normale? Dobbiamo forse comprendere nella normalità anche la schizofrenia dei comportamenti e la rassegnazione alla violenza ed alle ingiustizie che percorrono tutti gli angoli della nostra esistenza? Questa non è una riflessione post-nostalgica, piuttosto è una sincera aspirazione a comprendere quale sarà il futuro di quella gente che non chiede di essere eroe e protagonista di questi tempi, ma semplicemente uno di quei tanti minuscoli organismi che contribuiscono a muovere l’umanità con il loro apporto piccolo ma regolare ed indispensabile. Questa è un’epoca che mette tutto e tutti in discussione, senza riferimenti attendibili per questa e per le generazioni future. Abbiamo serie difficoltà ad ammettere che la “normalità” che noi abbiamo conosciuto e rispettato, quale base più o meno contestata della vita e del progresso, abbia fallito e sia ormai un vecchio feticcio da mettere in cantina per far luogo ad una sorta di indefinito vortice comportamentale.
Sulla normalità delle persone e dei comportamenti si è detto e scritto tanto. Qualcuno l’ha definita “la vera rivoluzione”, altri “un metro che misura la virtù degli uomini”; di contro, c’è chi definisce la normalità “ la vera anormalità” o ancora “sinonimo di vita piatta e grigia”.
Vittorino Andreoli, psichiatra e studioso della follia sociale, si è spinto a pubblicare un “Elogio della normalità” in relazione ai comportamenti dimenticati, e a quegli aspetti sovra personali dello squilibrio che si innestano nella struttura sociale influendo sul pensare ed agire comuni.
Erasmo da Rotterdam nel suo “Elogio della follia”, riteneva che ”proprio di qui sono nate le grandi imprese degli eroi levate al cielo dall’opera di tanti letterati. Questa follia genera le città; su di essa poggiano i governi, le magistrature, la religione, le assemblee, i tribunali. La vita umana non è altro che un gioco della follia”.
Forse oggi vivere una vita normale non ha più senso, e difenderla vuol dire essere superati e senza possibilità di essere compresi; ma la follia odierna, purtroppo, non è quella di Erasmo, che aveva molto a che vedere con il coraggio o la passione, bensì appare come un coacervo di fattori incontrollabili .
Ma allora, se oggi dovessimo modificare il nostro atteggiamento nel senso di adeguarlo alla normalità di questi tempi, che fare ? Tiziano Terzani, scrittore ed inviato in tanti luoghi di guerra, sosteneva la esigenza di omologarci completamente al nuovo: “Il mondo è cambiato dovremmo cambiare anche noi. Innanzitutto non facendo finta che tutto è come prima, che possiamo continuare a vivere vigliaccamente una vita normale. Con quel che sta succedendo nel mondo, la nostra vita non può e non deve essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna”. Cambiare, quindi, per quali idee, per quali comportamenti, per quali valori nuovi ? I rapporti tra gli uomini potrebbero essere richiamati ad una realtà ostile? C’è un forte senso di disorientamento che ci pervade; ma è anche una forte sensazione di cambiamento che ancora non ci convince e non ci rassicura, per cui spesso ci rifugiamo nel più rassicurante appiattimento della normalità, alla stessa maniera di quando in una discussione che suscita dubbi e perplessità, rispondiamo con i soliti luoghi comuni.
Forse, quella a cui veramente aspiriamo non è la normalità del grigiore, della ipocrisia e della rassegnazione, ma una sintesi fatta di buon senso, di pace, di onestà nei rapporti, di lavoro dignitoso, di nonviolenza, di solidarietà attiva e non parolaia. È quella fase della vita che si raggiunge quando i fattori conflittuali sono ridotti ad un livello fisiologico. È quella vita nella quale tutte le componenti esterne raggiungono un equilibrio interiore pronto a ricomporsi ad ogni scossone. Ad ogni altro modello non ci rassegneremo mai.
Aldo Tota
[ Dipinto: “Interno con una ragazza” • Pablo Picasso ]