gruppo glocale per vocazione
Non si dà spesso la dovuta attenzione all’importanza del ruolo delle idee che ‘camminano nella testa degli uomini’, come diceva Karl Popper, sino a determinare così le loro azioni in ogni ambito col sottovalutarle; ma oggi cresce sempre di più il bisogno di individuarle in tempo per non essere trascinati negli abissi in cui a volte hanno portato come nel caso di quelle razziali smascherate nella loro totale falsità troppo tardi. Ma ce ne sono state tante altre che nel tempo si sono rivelate in ogni campo proficue perché non hanno mentito sul reale vivendolo nelle sue inevitabili contraddizioni col scoprirne inediti aspetti significativi, come ci ha insegnato Simone Weil. Ed è da tenere presente il fatto, che spesso si dimentica, che alcune di esse sono germogliate in contesti periferici e a livello locale perché hanno saputo interpretare con ottiche non comuni i bisogni del proprio territorio interrogato da più angolazioni, come se aspettasse qualcuno in grado di coglierlo nelle pieghe più nascoste; ciò è avvenuto in quanto si è messo in atto quasi spontaneamente, con l’alimentarlo di diverse aspirazioni e tensioni insieme civico-cognitive ed esistenziali, quella dialettica tra ‘il globale ed il locale’, idea avanzata già sul finire degli anni ‘60 da Michel Serres, in un momento in cui tale approccio ai problemi dell’umano ancora non era entrato a pieno titolo nella coscienza socio-epistemica.
Incominciava negli anni ’60-‘70 a farsi strada quasi parallelamente, come precipitato dei primi processi di globalizzazione in corso, sia nel percorso non lineare e tortuoso del pensiero e sia nell’esperienza quotidiana della vita, quella idea sempre di Serres, poi diventata un patrimonio collettivo e non sempre percepita nella sua piena valenza ermeneutica, racchiusa nell’espressione ‘pensare globalmente, agire localmente’; essa significava e continua a significare cambiare ab imis i nostri paradigmi interpretativi del ‘gran theatro’ del mondo, per usare un’espressione di Federico Cesi quando fondò l’Accademia dei Lincei nel 1603 per formare le menti a guardarlo con occhi acuti e lungimiranti, e ed il nostro modo di operarvi con saggezza una volta conosciute sempre più in profondità leggi, strutture ed esigenze a volte più evidenti e a volte nascoste. Tale strategia, cominciare a lavorare con lungimiranza sul locale per essere attivi protagonisti nelle logiche del globale, si è rivelata vincente col diventare un percorso di lungo termine che ha permesso la continuazione e la sopravvivenza di un progetto del genere sino ai nostri giorni; esso è stato pensato e portato avanti dal Gruppo Umanesimo della Pietra costituitosi a Martina Franca sul finire degli anni ‘70, gruppo coordinato da Nico Blasi con la collaborazione di diversi studiosi universitari e locali e di altri operatori socio-economici per poi estendersi in pochi anni al territorio dell’intera Murgia e della Puglia.
E se questo è avvenuto lo si deve anche al fatto che tale Gruppo è riuscito sin dall’inizio a dare consistenza tangibile ad un bisogno oggettivo da più parti avvertito come cogente per la sua glocalità, cioè insieme salvaguardia e portatore della propria specificità in un mondo che si avviava verso la globalizzazione, processo complesso che si arricchisce euristicamente dei contenuti apportati dai singoli territori con tutto il loro carico di storia se ben individuati e valorizzati per non diventarne un semplice e anonimo agglomerato. Diversi sono i punti basilari che hanno contraddistinto per quasi cinquant’anni le varie iniziative messe in atto dal Gruppo Umanesimo della Pietra, chiamato tale sulla scia di alcune sollecitazioni avanzate dallo scrittore calabrese e antifascista Leonida Repaci, fondatore nel 1929 del Premio Viareggio, quando venne a visitare la Murgia dei Trulli nell’intento di chiarire la particolare unicità di questo ‘paesaggio antropizzato’, come riconosce Nico Blasi, quasi a sottolinearne il giusto equilibrio raggiunto anzitempo tra natura e attività umane messo in atto dagli abitanti che nei secoli hanno lavorato in un territorio costellato di pietre.
Così, oggetti senza storia, se non quella appartenente alla propria storia geologica pure in grado di dire la sua se colta con gli strumenti opportuni oggi sempre più a disposizione, come sono le pietre, hanno acquistato un preciso significato in quanto su di loro si è impressa l’impronta umana che ha saputo rispettarne il bisogno quasi intrinseco di voler contribuire a dare una precisa ed unica nel suo genere fisionomia al territorio. Gli aderenti al Gruppo Umanesimo della Pietra hanno saputo dare sin dall’inizio adeguata voce a questo duplice bisogno sia della pietra che dell’uomo con l’evidenziarne lo stretto intreccio e quasi il medesimo destino col farne emergere valori e potenzialità che si stanno rivelando oggi vere e proprie risorse non solo di natura economica, se i risultati conseguiti vengono visti all’interno delle prospettive imperniate sull’ecologia integrale; i diversi lavori quasi di scavo di precise identità quasi nascoste, presenti nel territorio, ne hanno scandagliato le diverse espressioni, oggetto di ricerche confluite nelle continue e periodiche pubblicazioni di tre riviste come Riflessioni – Umanesimo della Pietra dal 1978, Verde con diversi numeri e cessata nel 1996, Umanesimo della Pietra. Città e cittadini dal 1995, riviste che sono entrate a far parte del catalogo dei periodici di rilevante interesse scientifico nazionale.
Così, è emerso un paziente lavoro quasi filologico e nello stesso tempo ermeneutico che, abbinato ad una non comune passione di ordine civico, è stato in grado di cogliere, nelle pieghe del territorio di questo lembo della Puglia, quel bene culturale che è la pietra, diventata indispensabile per la costruzione di trulli, di masserie, di chiese rurali e non e di pareti di recinzione; ed in tal modo si sono percepite le diverse modalità con le quali è stata quasi dolcemente modellata, certamente in base ai bisogni umani, ma rispettandone il suo essere attore primario del territorio dove la stessa civiltà contadina ha avuto quasi la coscienza di essere solo comprimaria col salvaguardarne l’integrità. Tale approccio storico-umanistico messo in atto dal Gruppo Umanesimo della Pietra, che si sta rivelando oggi una strategia sine qua non in diversi campi del pensiero, spiega il fatto, ad esempio, della diversità di ogni trullo e di ogni masseria, inseriti con somma maestria nelle varie pieghe del territorio, quasi come se fosse il territorio stesso ad intimare come lavorare e cesellare le pietre e le sue strutturali rugosità e a non concepirle solo in maniera strumentale ed in funzione delle pur necessarie attività di ordine economico.
Non a caso il primo obiettivo di tale Gruppo è stato il censimento e la schedatura condotti su basi scientifiche delle 254 masserie presenti nell’intero agro del vasto territorio di Martina Franca; tali prime indagini, poi suffragate da ulteriori e approfondite indagini storiche, architettoniche, artistiche, paesaggistiche, ambientali e speleologiche che si sono estese alla Murgia intera per estendersi a figure ed episodi più rappresentativi come ad esempio i tragici fatti del 1799, hanno portato a dare pieno senso epistemico allo stesso concetto di ‘Umanesimo della Pietra’ che ogni operatore ha fatto suo col metabolizzarlo e a recepirlo come vero e proprio percorso di ‘civiltà della pietra’. E non è stato dunque un caso se al Gruppo, in occasione dei venticinque anni della fondazione (1977-2002), il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi abbia conferito il Diploma di Medaglia d’Argento che si dà ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte.
Tutto ciò sta a significare che si sono aperti dei solchi rivelatisi molto produttivi e che continuano tutt’ora ad essere arati, dato che le idee ‘glocali’ dei fondatori del Gruppo sono state in pieno condivise dalle nuove generazioni che le hanno saputo reinterpretare alla luce di rinnovate esigenze e coadiuvate dall’uso non invasivo delle diverse tecnologie, chiamate ad essere di supporto indispensabile, sino a costituire Umanesimo della Pietra in Rete. Questa nuova impresa da parte dei giovani aderenti al Gruppo, oltre ad avere l’obiettivo di conservare il lavoro dei padri fondatori col trarne un continuo alimento, risponde ad una precisa coscienza che in questi primi decenni del XXI secolo si sta imponendo da più parti; essa è sempre più avvertita come cogente con inedita sensibilità dai più giovani che spingono a rifondare il nostro modo di pensare ed agire e a costruire vere e proprie ‘comunità pensanti’ a partire dal prendere atto delle specifiche situazioni locali: come rispondere più adeguatamente a quelle che sono state recentemente chiamate ‘le sfide dell’Antropocene’, dato il ruolo sempre più invasivo per le sorti del mondo delle attività umane? Con quali armi e strumenti affrontare sfide planetarie che, se affrontate con categorie e paradigmi concettuali del passato, possono portare a catastrofi e a collassi di vario genere? Come fare entrare nel senso comune di ognuno di noi il rispetto del proprio territorio all’interno dei processi di globalizzazione che non compresi nelle loro logiche possono rivelarsi strumenti di dominio e sempre più difficili da smascherarne i nascosti plafonds ideologici che a volte li sorreggono? (si vedano i precedenti contributi: Il ritorno del senso comune, 6 gennaio 2022 e Come educarci a costruire comunità pensanti, 13 gennaio 2022).
Aver seminato, pertanto, da parte del Gruppo Umanesimo della Pietra a livello locale precise e chiare idee, col mettere in atto una adeguata strategia in grado di dare voce ad un territorio ricco di specificità, è stata un’operazione che ha portato una generazione a dare un contributo alla presa di coscienza di fenomeni glocali per poi trasmetterla con tutto il suo carico di valori alle nuove generazioni; e se tali idee ancora oggi nei primi decenni del XXI secolo, attraversato da problemi di ordine planetario come ci insegnano all’unisono personalità di diverso orientamento come Papa Francesco da una parte e Edgar Morin dall’altro, conservano in tale scambio transgenerazionale la vitalità del loro originario progetto con il corredo delle diverse finalità che l’hanno contraddistinto sin dall’inizio, è perché da un lato sono state il frutto di un comune sentire, la conoscenza non stereotipata del proprio territorio, e dall’altro perché hanno saputo inserirsi nella sua specifica storia cogliendone le diverse anime e dandole una voce adeguata dove la mano dell’uomo nei secoli si è integrata sapientemente con l’ambiente naturale circostante.
Se questo equilibrio uomo-natura è stato in un certo qual modo e sia pure faticosamente raggiunto in uno specifico territorio, per la nuova generazione del Gruppo Umanesimo della Pietra non si tratta solo di prenderne atto e di continuare a scandagliarlo nelle diverse pieghe, ma di considerarlo una risorsa cognitivo-esistenziale in grado di affrontare meglio equipaggiati le prossime sfide che ci attendono, coscienti del fatto che il destino del mondo intero, questa ‘totalità vivente’ con le sue logiche inter-relazionali e cosmopolitiche sempre più emergenti, come la chiamava Michel Serres già negli anni ’70, oggi più che mai dipende dalle nostre scelte di fondo. E questo continuare a navigare nella storia locale, sulle orme dei padri, non è dunque un obiettivo fine a se stesso, ma un modo per fare interagire meglio da parte dei giovani del Gruppo Umanesimo della Pietra in Rete conoscenza e responsabilità, bisogno quasi nascosto ma fonte di ispirazione; tale fattore oggi si sta rivelando sempre più decisivo per le sorti del mondo, già intravisto dai nostri Maestri Greci e della Magna Grecia come primi Lincei nel tracciare i conseguenziali e stretti rapporti tra scienza, filosofia e democrazia per il governo della polis, che per la loro intrinseca e strutturale ma indispensabile fragilità sta a noi riannodare giorno dopo giorno nell’agorà mondiale per evitare ulteriori e più disastrosi futuri collassi.
articolo molto interessante,