La silloge poetica di Ornella Mereghetti

L’amore è una lettera di baci che si respira attraverso la pelle, dentro i polmoni, contro ogni sconfitta perché la bellezza è fatta di ossigeno, di braccia che non si stancano di reggere il cuore, di occhi attenti. L’amore è carne viva, fiore che non sfiorisce, “città dai forti echi”, com’è scritto nella dedica a Pino Roveredo.

Mi piace introdurre così la silloge poetica “Ti bacio la notte”, edita da Zephyro Edizioni e scritta da Ornella Mereghetti, con diverse pubblicazioni in attivo, anima raffinata e generosa, vibrante di suggestive emozioni, perla rara della notte.

Chi ama possiede i luoghi, è il dono che si fa strada, è un inafferrabile presente, è una casa vuota che il vento scompiglia e, ad ogni foglia che cade, corrisponde un messaggio. Resta la speranza innocente e naturale.

Qui la poesia si lascia cogliere dall’interno, si lascia ascoltare: in ogni parola si coniugano il tempo e il passo, il disbrigo delle lacrime e i giorni di fame in cui l’impegno di arrivare a sera è resilienza.

Ho l’età in cui

compiere l’ultima nascita,

senza pancia né Madre: rinasco dalle mie ceneri.

Non è semplice tentare di risorgere dalle proprie ceneri, fingere di non caricare l’orologio e cercare le parole più belle inceppate nelle arterie, nell’attesa di un’unica melodia che intoni un canto di libertà.

Quand’è che la Misericordia è fiamma che arde? Quand’è che la notte è fatta di stelle che non devono mancare?

È lo stupore di un mandorlo fiorito a dicembre a ingoiare il dolore mentre la solitudine gira nel corpo, riempie i sogni e lancia fiori dalla bocca, millimetro per millimetro, scrollando la stanchezza.

La primavera è una pianura dai larghi sorrisi che arano il cuore.

Vorrei trasformare in MUSICA

ogni nota stonata.

Cancellerei dal tuo viso

le botte e le rughe.

L’autrice sa che il tempo dell’amore assomiglia a un bimbo indifeso a cui dare una carezza e non contano le rughe, i tagli profondi, le nubi se ogni abituale silenzio è un segno che sa danzare.

Come si infilano nell’orecchio le parole di ieri per tenerle lì per sempre? Come si abbraccia la paura senza sbagliare casa?

Si galleggia nei sentimenti, si inciampa nella fragilità dell’amore ma la voglia di volare è un battito di fiato inamovibile perché l’argine della vita non sbianchi mai il cielo. L’amore è pane che lievita riscaldando l’inverno nell’equilibrismo di un folle funambolo che offre il suo corpo a un divino nutrimento.

Nel linguaggio dei gesti ribattuti al petto si svela una promessa di felicità recuperata dal fondo del mare come i bronzi di Riace.

È compito tuo raccogliere il tempo

e farne speranza.

Croccante come il pane

appena tolto dal fuoco

ne addento il sapore.

L’orchestra di Dio ci solleva dalla miseria, dalle gallerie magre e benedice le labbra che si preparano a una semina abbondante. L’amore non è mai un pianeta dimenticato ma un’onda di luce da cavalcare e da sentire al fianco cucendo profumi e morbidezza.

Come l’erba bagnata di rugiada passa il cuore fra le mani e sogna, così la natura tutta celebra la vita bruciando l’agonia del sole. Tutto fluisce, tutto rinasce, tutto è metà dell’anima, tutto è metà in cielo. Tutto trattiene l’universo. Tutto spoglia. Tutto consuma. Tutto appaga. Allora si ama come il mare, come il fuoco, si ama abbastanza, oltre la brina sugli scarni ippocastani.

Cos’è che resta nel cuore come un miracolo antico?

Viversi e immaginarsi invincibili nella muta di giorni che lasciano crescere parole.

La chiave per un preludio in mi maggiore è imparare a non calpestare la pelle delicata dei sogni scrutando la sacralità della trasparenza. Davanti alla finestra un tulipano colora un bianco viale e la città della speranza gira intorno.

Inventiamo parole buone per avere coraggio, suggerisce l’autrice ad ogni lettore. Il cielo tornerà sempre come seta per far volare le rondini!


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Angela Aniello è nata a Bitonto nel 1973, si è laureata in Lettere classiche e dal 1998 insegna nella scuola secondaria di primo grado. Da tempo si dedica alla scrittura come vocazione dell’anima. Ha pubblicato nel 1997 il racconto “Un figlio diverso” edito da Arti Grafiche Savarese e, nel 2005, ha pubblicato anche una raccolta di poesie dal titolo “Piccoli sussurri” edito da Editrice Internazionale Libro Italiano. Ha vinto il concorso nazionale Don Tonino Bello nel 1997 e nel 2004, ha conquistato il secondo premio a un certamen di poesia latina, Premio Catullo ad Acerra (Na) e nel febbraio del 2006 è arrivata il suo quarto premio al concorso di poesia d’amore Arden Borghi Santucci. Quest’anno (precisamente a giugno 2018) ha vinto il terzo premio di poesia e il primo premio per il racconto “Anche la paura puzza” al Concorso “La Battaglia in versi”.

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