«Se la sofferenza vi ha resi cattivi l’avete sprecata»

(Ida Bauer)

Caro lettore, adorata lettrice, come va?

La mia, confesso, è stata una settimana un tantino pesante. Niente di nuovo da segnalare e forse è proprio questo il problema: la solita fatica di tener testa a questo strano tempo che attraversiamo, le solite mille cose che non ci danno tregua, il solito senso di straniamento e solitudine rispetto a un distanziamento sociale che in tutti noi sta lasciando segni profondi, la solita stanchezza che si accumula su altra stanchezza, proprio mentre le forze incominciano a venir meno: troppi “soliti”! Ovvio che a un certo punto le viscere e la testa presentino il conto …tanto più se ancora non si scorge nemmeno da lontano la vetta, la fine dell’ascesa, la possibilità di rifiatare.

E poi, non so tu, ma a me capita di invidiare, lo dico ancora una volta con le parole dell’eterno Eugenio,

«l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!».

Proprio così: a volte invidio chi riesce ad essere meno esigente con se stesso, chi riesce a restare indifferente, i superficiali, perché mi illudo che, se riuscissi ad emularli, potrei finalmente mettermi l’anima in pace e imparare a prendermela con comodo. La verità, lo sappiamo, è però ben altra. La verità è che io, di essere poco esigente, non sono proprio capace: né con gli altri, né con me stesso, né con la vita in generale, e questo mi rende proprio duro il mestiere del quotidiano.

Duro e tremendamente meraviglioso. Chi l’ha provato, lo intende. Chi non lo sa, soprattutto chi non lo vuol sapere, punta il dito, scuote la polvere dei calzari, sentenzia: «Su questo ti sentiremo un’altra volta».

Quanto a me, provo ad aiutarmi. Esperti assicurano che ascoltare “Le quattro stagioni” di Vivaldi abbia un forte potere antidepressivo. L’ho testato e devo dire che funziona! Non è come l’io-sono-con-te di una fede, un amore, un amico, ma di certo la buona musica fa bene al cuore.

Peraltro, provo a frequentare i maestri giusti e a lasciarmi illuminare da parole belle. Di quelle oscure faccio volentieri conto di non tenerne conto.

Amo, ad esempio, don Gigi Verdi, che invita a prendersi tempo perché: «La vita è troppo corta per essere egoisti». O annoto Samuel Taylor Coleridge: «Il miglior medico è quello che con più abilità sa infondere la speranza».

Il maieutico Danilo Dolci può risultare una medicina amara, ma salutare:

«Vince chi resiste alla nausea

vince chi perde meno

chi non ha nulla da perdere.

Vince chi resiste alla tentazione di evadere

chi resiste tra le infinite tentazioni

di suicidarsi.

Vince chi cerca non smarrire

il senso della direzione.

Vince chi non s’illude».

Ma, per questo nostro caffè espresso, la scelta finale rimane il venerato Ignazio Silone: «Ho fiducia nell’uomo che accetta il dolore e lo trasforma in coraggio morale».


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

4 COMMENTI

  1. Grazie! Anche oggi parole di fede e speranza che toccano le fragilità umane ..di cui nessuno ha il coraggio di parlare, e nessuno vorrebbe affrontare. Grazie perché ci sentiamo meno soli…

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