La presentazione, questa sera, ore 20:30, presso Hublab, ad Andria

Di San Gennaro non esiste una ma esistono ben due storie, l’una del santo vivo, l’altra del suo corpo “morto ed immortale al contempo”.

Chi è stato dunque San Gennaro? “Il suo personaggio è liquido al pari del suo sangue nei suoi giorni di festa” scrive Francesco Paolo de Ceglia nelle prime pagine di questo accurato lavoro. La scarsità delle fonti impedisce infatti una ricostruzione limpida della vita del santo e genera l’imbarazzo dello storico dinanzi agli elementi anche più semplici: Ianuarius, ad esempio, fu praenomen o cognomen del santo?

Vescovo di Benevento vissuto tra il III ed il IV secolo, venne decapitato perché cristiano e proprio con la decapitazione inizia la seconda storia, quella del corpo. Il corpo del santo, come detto, ha una storia tutta sua; esso prima di stabilirsi definitivamente a Napoli dovrà subire numerose peripezie, tra le quali spicca per vivacità quanto accadde tra i monaci dell’Abbazia di Montevergine ed il duca Alessandro Carafa. L’avvenimento, che vede il duca impegnato in una vera e propria contrattazione con monaci ostinatissimi, dimostra che quello delle ossa di San Gennaro era diventato un vero e proprio affare politico.

A ben guardare, di questo corpo bisogna considerare tre parti distinte, ovvero la testa, le ossa ed il sangue. Le ossa, seppur assai contese, sembrano essere le meno coinvolte nel miracolo, che sembrerebbe avvenire per una certa commozione del sangue dinanzi alla testa.

È il sangue dunque il vero protagonista del miracolo, il quale però compare all’improvviso nelle fonti. Prima del 1389, data della prima occorrenza del miracolo, nessuna di esse ne fa menzione e sarà Davide Romeo, influente agiografo, a ricostruirne la vicenda solo nella seconda metà del Cinquecento: egli racconta che la vecchia Eusebia al momento della decapitazione del santo avrebbe raccolto il sangue in quell’ampolla, dove sarebbe stato poi così a lungo custodito.

Quella dell’ampolla non è una novità per Napoli, il cui protettore pagano era stato Virgilio, che proprio in un’ampolla custodiva la città e che sembra richiamare un certo topos dell’immaginario napoletano.

Un ulteriore evento assai curioso, tra i tanti riportati nel libro, che testimonia quanto lo spirito napoletano abbia affidato a San Gennaro le proprie sorti, fu la discesa di Carlo VIII di Valois a Napoli. Carlo VIII è stato da Marc Bloch definito come uno de I re taumaturghi, capace di curare la lebbra ai suoi sudditi; a Napoli però egli dovette cambiare ruolo e diventare lui stesso un miracolato, attendere l’avvenimento in sua presenza del miracolo per essere accettato dai suoi sudditi.

Una ricerca storica ed antropologica al contempo, che abbraccia quasi due millenni di storia, e che vuole con onestà e fedeltà alle fonti ricostruire una vicenda così vivace e discussa, quale quella di un miracolo declassato poi a prodigio. Francesco Paolo de Ceglia insegna Storia della Scienza presso l’Università di Bari ed ha avviato questo ardito progetto di ricerca grazie al supporto e alla collaborazione del Max Planck Institute per la Storia della Scienza di Berlino, pubblicandolo poi per Einaudi.

Questa sera, venerdì 17 Marzo alle 20:30 presenterà il suo lavoro presso Hublab, in Via Flavio de Excelsis 22, ad Andria.