Tornare sarebbe bellissimo se la città fosse diversa

Ne ha parlato l’Italia intera per giorni: un murales, un’immagine semplice, una bagaglio, molto probabilmente a mano; un ragazzo seduto sulla sua valigia, si vede l’Eastpack, l’abbigliamento è semplice e generazionale, un paio di jeans, una maglia nera e sneakers comode e rovinate (nere così non si vedono le macchie), penzola da una tasca il cavo di un power bank per quel telefono, sempre in mano, sempre collegato. Un messaggio:

ritornerai?

Il murales (consegnato dall’artista Daniele Geniale alla città di Andria il 31 ottobre 2019) non è un pugno allo stomaco.

È una terribile, ma fantastica verità. Lì, così gigante su quel muro che incroci appena scendi dal tuo Flixbus che ci ha impiegato 10 ore per riportarti a casa in cambio di un biglietto a 9 euro, c’è il racconto di un’intera generazione che non è solo quello dei giovani andriesi ma di una nuova gioventù che ha scoperto il viaggio, che ha scoperto soprattutto la necessità di vivere tutte le realtà che questo mondo può offrirci.

Tornare a casa e vedere quel ragazzo dipinto che potresti essere tu in qualsiasi giorno dell’anno, ti fa porre proprio quella domanda: ritornerai? Sì, ovviamente. Ma ritornerai per ripartire.

Ritornerai, sì, ma solo per qualche giorno.

La città in cui sei nato, soprattutto se di provincia, è il liquido amniotico che ti culla, in un cordone ombelicale che dopo 18 anni viene tagliato: tornare sarebbe bellissimo se la città fosse diversa.

E invece davanti ai nostri piedi, piedi che probabilmente hanno girato l’Italia per studi e l’Europa per Erasmus, ci ritroviamo una città che non è proprio come il mondo che abbiam visto. Sarebbe bello tornare se tutto il mondo fosse Paese, ma il paese non è ancora il mondo.

Andria, per fare un esempio, sono due anni che è completamente scollegata da Bari, meta giornaliera di centinaia di studenti.

Tra il 2002 e il 2017 due milioni di persone lasciano il Sud, di queste il 50% giovani, di questi il 30% laureati.[1]

Ritornerai?

“No. Per adesso no. Perché ho un sacco di esami e di lezioni. Perché il mondo è troppo bello da scoprire e perché le opportunità qui sono ancora poche”, forse questo sta rispondendo il ragazzo sul murales in viale Ovidio.

Avrà imparato a fare i conti con la distanza, con l’indipendenza, con la malinconia, con la mancanza, con la solitudine.

“Perché mai dovremmo dimenticare qualcuno solo per il fatto che non è a portata di sguardo? Ma forse è così. Spesso si dice che gli occhi sono più grandi dello stomaco; può darsi che i nostri occhi siano anche più grandi dei nostri cuori.*

*Io penso di no”( Ella Frances Sanders).

[1] Rapporto Svimez 2019


2 COMMENTI

  1. Ed il ritorno può poi diventare temibile? Può la distanza stessa diventare quella nuova dimensione difficile da abbandonare? Perché in fondo nessuno ci insegna a misurarci con nuove “famiglie”, ossia legami con cui per necessità inizi a condividere tutto e poi devi lasciare nel momento del fatico ritorno (o di una nuova partenza). Amica, per me ci hanno inserito in un bel casino, per cui devi avere un cuore abbastanza grande da tenere tutti e sopportare la distanza di alcuni! Ma “per quanta strada ancora c’è da fare”…

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