Picchiata e umiliata per 24 anni

Il marito l’ha picchiata e umiliata per 24 anni, ma non ha diritto ad un indennizzo e neppure ad un assegno di mantenimento: lo hanno sentenziato i tre giudici della quarta sezione civile del Tribunale di Genova, lo scorso 12 novembre.

La notizia è già di suo shoccante, ma lo è ancor di più la motivazione: la donna ha sopportato troppo a lungo, dunque ha fatto nascere il “legittimo” sospetto che la sua fosse ormai una specie di rassegnazione passiva, quasi una tolleranza, della violenza subita.

Poco importa che, in quasi un quarto di secolo, si sia vista sottrarre una figlia dai servizi sociali perché non poteva vivere con un padre di tal fatta. Poco importa che abbia visto rovinata la vita del figlio finito in galera per essere cresciuto in un ambiente di certo non educativo. Quando la signora in questione, stanca di finire in pronto soccorso, è fuggita via di casa e ha chiesto che il marito fosse ritenuto responsabile della separazione, i giudici hanno detto di no, giudicando che non fosse evidente il rapporto di causa-effetto tra le percosse subite così a lungo e il fallimento del matrimonio. Anzi: « […] avendo peraltro essa stessa ammesso che tali condotte sono iniziate nell’anno 1991, subito dopo la celebrazione del matrimonio», precisano nelle motivazioni della sentenza i giudici in questione, si può ritenere che: «La signora ha dunque di fatto tollerato tali condotte».

Non conoscendo il caso in questione ci auguriamo che sia una bufala e se così fosse chiediamo scusa. Ma se realmente fosse andata così…

Commentare parole del genere? Non crediamo sia il caso, si commentano da sole. È evidente l’influenza culturale in tal senso sui cui ancora c’è tanto da lavorare.

Tuttavia, tre considerazioni finali ci saranno permesse.

La prima. Forse, la signora genovese ha una sola responsabilità: avrebbe dovuto denunciare il marito sin dal primo anno di matrimonio. Sembra non l’abbia fatto. E noi, operatrici dei centri antiviolenza, sappiamo quali sono le motivazioni che portano una persona che subisce violenza ad avere difficoltà nel chiedere aiuto (paura, vergogna, senso di colpa, dipendenza economica, ecc.). Speriamo che la sua storia convinca altre donne a sporgere denuncia subito, alle prime percosse subite.

La seconda. Il prossimo 25 novembre ricorre la XVI Giornata ONU per l’eliminazione della violenza sulle donne: ci sarebbe piaciuto che i giudici di Genova l’avessero sostenuta in un modo diverso.

La terza. Siamo responsabili dunque della rivittimizzazione di questa donna, che sicuramente avrà gravi ripercussioni sulla sua vita!

Se realmente è andata così dunque, che si faccia ricorso.


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Sono Patrizia Lomuscio, laureata in Psicologia Clinica dello Sviluppo e delle Relazioni e Consulente in Criminologia, Psicologia Investigativa e Psicopedagogia Forense.  Socia fondatrice e Presidentessa del Centro Antiviolenza "RiscoprirSi...", associazione nata nel 2009 ad Andria (BT) per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza, in qualsiasi forma essa si manifesti, che dal dicembre 2013 è componente dell'ATI Associazione Temporanea d'Impresa che gestisce il Centro Antiviolenza della Provincia Barletta-Andria-Trani "Futura". Esperta in Progettazione Sociale e Politiche Sociali, in particolare Politiche di Genere, mi occupo di amministrazione, pubbliche relazioni e formazione, prevenzione e sensibilizzazione. Da Gennaio 2013 socia fondatrice di S.A. PSI Studio Associato Psicologico Educativo, studio professionale di promozione del benessere psicologico della persona, della coppia, della famiglia e della collettività, attraverso attività di ricerca, informazione, formazione, prevenzione e intervento psicologico - psicoterapeutico - educativo pensato sulla centralità del cliente come autore principale dell'intervento.