Un’altra violazione dei diritti umani, questa volta legittimata dalla legge.

Partorire a undici anni perché l’aborto è vietato. Dare alla luce il figlio frutto di violenze subite, senza la possibilità di scegliere se tenere quel bambino oppure no.

Una goccia di vita scappata dal nulla” chiamò Oriana Fallaci la vita che le cresceva nel grembo, il suo bambino mai nato. Il nulla per l’undicenne paraguayana, costretta a partorire nei giorni scorsi, sono stati gli abusi e le violenze subite dal patrigno durante tutta l’infanzia, fino alla stupro. La goccia di vita, invece, la neonata che ha messo alla luce. Il patrigno ora è in carcere.

Il caso aveva avuto risonanza mondiale quando ad aprile la bambina si era rivolta al consultorio della città di Luque perché la pancia cresceva; sua madre aveva denunciato il patrigno, chiedendo l’aborto per la figlia. Nel cattolicissimo Paraguay l’interruzione di gravidanza è vietata con una pena fino a 5 anni di reclusione, tranne nei casi in cui sia a rischio la salute della madre e dietro raccomandazione medica. Amnesty International e molte organizzazioni per i diritti umani erano intervenute, contestando le politiche del Paraguay sulla gravidanza e sulla tutela delle donne. Aveva chiesto che fossero applicati tutti i protocolli per tutelare sia la gestante sia il feto perché la gravidanza in ragazzine al di sotto dei 15 anni è molto pericolosa: alto rischio di mortalità per le complicazioni durante il parto e pesanti ricadute sullo sviluppo emotivo e psicologico delle future madri. Anche il bambino nato ha il 60% delle probabilità in più di morire in età neonatale, rispetto al figlio di una madre di età superiore ai 15 anni; nel caso sopravviva rischia ritardi cognitivi o fisici. Il governo paraguayano aveva istituito una commissione per monitorare e valutare le condizioni di salute della bambina, che erano risultate nella norma. Considerato che anche interrompere la gestazione avrebbe potuto essere rischioso, aveva respinto la richiesta di aborto. La bambina è nata, madre e figlia stanno entrambe bene. Con quali conseguenze?

Una bambina violata dal suo aguzzino e violata dal suo Paese.

Violato il suo diritto alla vita e all’integrità personale, fisica e psicologica.

Violato il diritto di esprimere la propria opinione.

Violato il diritto di decidere autonomamente della propria vita.

Negata la propria infanzia.

In nome di cosa?

In nome di una legge antiaborto antiquata che ha rischiato di mettere in serio pericolo la vita di una ragazzina e del suo bambino. In nome di una convinzione religiosa che vuole proteggere la vita, ma non lo ha fatto fino in fondo.

La gravidanza e la maternità sono due esperienze totalizzanti per una donna adulta che vede la sua vita completamente stravolta. Tanti sono i casi di depressione post partum senza dimenticare che il vissuto di ogni donna si riflette necessariamente nel suo nuovo ruolo di madre e nel figlio. Se è già difficile per una donna adulta, come può una bambina, non ancora del tutto sviluppata sia sotto il profilo psicologico sia fisico, affrontare un’esperienza così pervasiva? Se lei stessa ha bisogno di crescere e di maturare come potrà essere educatrice di quella piccola vita che ha messo al mondo? Lei che ancora gioca con le bambole…

Non si dimentichi che quella neonata è il frutto di uno stupro, di abusi… la madre è una ragazzina provata e traumatizzata sia dalle violenze subite sia dall’esperienza della gravidanza sia dallo scalpore che la sua storia ha suscitato.

È vero che le gravidanze precoci sono molto diffuse nei paesi sottosviluppati – 684 sono state le gestanti tra i 10 e i 14 anni in Paraguay nel 2014 – ma lì dove si può intervenire tutelando una bambina perché non farlo? Come ha potuto un governo arrogarsi il diritto di scegliere al posto di una bambina vittima di violenze? La maternità dovrebbe essere una scelta libera e autonoma da parte di ogni donna in base alle proprie convinzioni e alle proprie idee. Ognuna farà poi i conti con se stessa, con la sua coscienza e la sua religione e se ne assumerà tutte le responsabilità. Ma avrà scelto da sola.

In un momento storico in cui la considerazione della vita è cambiata, la scelta dell’aborto è un problema ancora estremamente spinoso e oggetto di discussione. Il Papa, pur convinto che “una mentalità molto diffusa ha ormai fatto perdere la dovuta sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita”, è intervenuto stabilendo, in occasione del prossimo giubileo, il perdono per quelle donne che manifesteranno il loro pentimento, avendo vissuto l’aborto come un “dramma esistenziale e morale”. Se anche la Chiesa sta facendo un passo indietro, forse è il caso che alcuni governi rivedano le proprie politiche antiaborto, lasciando alle donne libertà di scelta, garantendo il loro diritto di scegliere e, soprattutto, tutelando i diritti dell’infanzia.