Il contributo di Vincenzo Ancona

Per riprendere un’idea di David Hilbert, ma condivisa da Henri Poincaré e da numerosi matematici del l’intero Novecento a partire da Federigo Enriques e Hermann Weyl per finire ad Alexandre Grothendieck, Ennio De Giorgi e Alain Connes, ‘la matematica non conosce razze o confini geografici; per la matematica il mondo culturale è una singola nazione’. Ed una delle ragioni sta nel fatto che ha un valore universale  perché in essa viene ad  assumere un ruolo strategico l’infinito con i suoi innumerevoli enjeux, per usare un’espressione di Gilles Châtelet (Gilles Châtelet: le virtualità di una vita, 25 novembre 2021), o poste in gioco  che riescono a dare senso al finito attraverso i fondamentali processi di generalizzazione e di astrazione che le sono tipici,  come sono riusciti a fare  nei loro lavori Johann F. Gauss, Évariste Galois, Hermann Grassmann, Srinivasa Aiyangar Ramanujan e i matematici sopra citati. Ed un’altra non minore ragione sta nel fatto che la matematica o, meglio, le matematiche, come avevano già colto Leonardo da Vinci  e soprattutto Galileo, sono ‘il fondamento di tutte le conoscenze esatte dei fenomeni naturali’ ed ‘una esplorazione a priori dell’ordine del mondo’, a dirla con lo stesso Hilbert e Simone Weil, sorella di André, uno dei fondatori di quel gruppo di matematici  riunitisi negli anni ’30 del secolo scorso col nome di Nicolas Bourbaki. Eppure, tutte queste plurisecolari acquisizioni, a cui hanno contribuito i vari popoli del mondo, non hanno reso familiare il mondo matematico, non l’hanno fatto pienamente entrare nel nostro universo culturale e ci siamo privati così di una delle risorse cognitive più strategiche per capirci meglio ed ‘operare alla luce del giorno e non nell’ombra’ a dirla con Isaiah Berlin; oggi siamo sempre più circondati  dalle tecnologie e viviamo con esse nella vita di tutti i giorni, ma senza la coscienza critica che dietro ognuna di essa c’è la lunga storia del pensiero scientifico e di quello matematico in particolar modo, fatto come ogni storia umana di tanti errori e sconfitte e di alcune vittorie, vittorie che sono il faticoso risultato di quel ‘fuoco della verità’ che ci scorre dentro, per usare un’espressione di Pavel Florenskij (Pavel Florenskij: il fuoco della verità, 16 gennaio 2020).

Ci viene in aiuto per capire l’importanza per le nostre vite della matematica il recente lavoro dal significativo titolo La forza nascosta della matematica, Quaderno 12 dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere ‘La Colombaria’ (Livorno, Ed. Polistampa, 2023), corredato da  contributi di diversi studiosi e curato da Vincenzo Ancona, attualmente presidente di tale Accademia e prima dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica,  dopo essere stato per diverso tempo docente di Geometria presso l’Università di Firenze e aver condotto ricerche presso l’Université Pierre et Marie Curie di Parigi e l’Università di Göttingen, dove ha insegnato uno dei massimi matematici del primo Novecento come Hilbert. C’è da dire, innanzitutto, che tale volume trova le sue origini nelle diverse attività didattiche condotte all’interno dell’Accademia della Colombaria, dove su iniziativa dello stesso Vincenzo Ancona sono stati organizzati degli incontri finalizzati a far meglio conoscere il complesso mondo delle matematiche  con le sue intrinseche ‘ragioni’, come le chiamava il matematico livornese ed insieme epistemologo Federigo Enriques nei Problemi della scienza nel 1906, e per renderci più familiare quello che Hermann Weyl nei primi decenni del secolo scorso considerava come  loro ‘granitico impero’, in quanto a volte  agli stessi matematici sembra impermeabile ad analisi di tipo storico-concettuale, pur ritenute  necessarie per comprenderne la particolare natura, questione oggetto di secolari discussioni. E poi non va dimenticato il fatto, su cui non si insiste mai abbastanza, che  in tale tipo di engagement teoretico, teso a capirne la specificità come scienza, si distinsero  nelle agorà i Maestri Greci e della nostra Magna Grecia col dare vita alla stessa filosofia, col fare sorgere non a caso poi dei dibattiti in area francofona se  considerarla  ‘sorella maggiore’ o meno, dibattiti in cui fu coinvolto lo stesso Henri Poincaré.

Non a caso l’obiettivo del volume è quello in primis di dare una chiave di lettura per “disvelare le inaspettate potenzialità della matematica nel mondo contemporaneo” in quanto, come scriveAncona nell’introduzione, in ogni campo delle attività umane sia scientifico che tecnologico, dalla fisica all’informatica, dalle scienze bio-mediche alle scienze sociali ed economiche,  si “utilizzano stabilmente strumenti matematici spesso molto evoluti e sofisticati”. Eppure, pur talmente “pervasiva” è paradossalmente del tutto “sconosciuta” anche agli stessi “utilizzatori di primo grado, come gli scienziati” che non si rendono conto che “dietro il loro lavoro ci sia la matematica” grazie al massiccio uso di programmi software che li porta a non “interferire” con essa. Ma la domanda cruciale ‘ a che serve la matematica?’, che ha preso massicciamente il posto di quella classica ‘cosa è la matematica?’ oggetto di plurisecolari dibattiti da parte di matematici e filosofi e domanda che ha portato alla nascita della logica matematica e dell’informatica,  ricorre spesso da parte di coloro che “usano il computer, i telefonini”;  del resto le equazioni differenziali col loro portato geometrico sono dietro i voli di aerei e la trasmissione di immagini attraverso i computer, oltre a costituire la base della TAC, della risonanza magnetica e della gestione dei risparmi. La stessa  gestione della recente epidemia  è stata affidata all’uso massiccio di modelli matematici che sono anche alla base delle cosiddette scienze della simulazione col loro valore predittivo nel cercare di immaginare scenari futuri, riguardanti ad esempio i cambiamenti climatici, l’ambiente, la biodiversità, la vita della Terra.

Vincenzo Ancona insiste sul fatto che in generale questa che si può considerare la ‘miglior merce’, sulla scia  di Primo Levi, soffre di “basso livello di conoscenze” col diventare “indice di diseguaglianza cognitiva” in quanto non permette  “a tanti di comprendere la realtà nei suoi aspetti quantitativi”; ed in tal modo viene a porsi un non facile ma cruciale ed inedito “problema” che investe in particolar modo il nostro tempo e la società della conoscenza, il fatto, poco preso in seria considerazione, “che per una volta non si tratta di diseguaglianza ‘di classe’” per usare una vecchia e nota espressione. È, invece, ritenuto un fenomeno trasversale presente “in tutti gli strati della popolazione” sia pure con modalità diverse ed in tal modo non viene visto come una deficit, “una menomazione: un caso di ‘beata ignoranza’” con effetti negativi sia a livello individuale che collettivo nel fare accrescere “la distanza fra percezione dei fenomeni (sociali, economici, politici…) e la realtà fattuale”. Ma in Italia soprattutto, com’è confermato da diverse indagini, è l’intero settore scientifico che soffre di “basso livello di conoscenze”, di adeguata considerazione per un vecchio e presente pregiudizio, ancora da molti intellettuali portato avanti,  dovuto al fatto che il mondo della scienza sia lontano dal mondo della vita e soprattutto dal suo senso; basterebbe solo confrontarsi con la vita di molti scienziati da Galileo ad Einstein e di coloro che oggi sono particolarmente impegnati nelle scienze del vivente per capire che è tutto il contrario: più si conosce più aumenta la percezione del senso della vita e con essa la nostra responsabilità verso il reale, come ha affermato in diverse occasioni Simone Weil, specialmente oggi che abbiamo a che fare con sfide globali, sfide, come da più parti avanzato, che richiedono una nuova alleanza tra cultura scientifica e cultura umanistica.

Ma la matematica, rispetto alle altre scienze, per Vincenzo Ancona soffre di un ulteriore deficit, di una  più grave ‘beata ignoranza’, fatto che “si accompagna all’ignoranza dell’esistenza stessa della matematica e della sua pervasività, nel bene e nel male, nella nostra vita” ;  e per cercare di ovviare a questa tragica situazione, che non è solo di natura cognitiva ma esistenziale tout court, i contributi presenti nel volume, a partire da quello dello stesso Ancona dedicato allo strategico concetto di ‘rete’, ritenuto in grado di “unificare i possibili significati di ‘rete’  grazie al fatto che fornisce “strumenti e soluzioni validi universalmente”, ci mettono di fronte ad una “eterogeneità di temi” tipici della storia della matematica nel suo complesso con cui occorre fare debitamente i conti. Pur sembrando “un’enorme babele di conoscenze accumulatasi nei secoli senza nessun apparente filo conduttore”, c’è nella storia delle matematiche qualcosa che le unisce e che sempre ha affascinato le menti sia in modo esplicito che implicito: il fatto che ad esse “inspiegabilmente il mondo reale sempre si adatta”, grazie alla loro estrema creatività  in grado di liberarsi dalla ‘schiavitù dei dati empirici ed immediati’, a dirla con Federigo Enriques, e poi fatto non a caso  a base di quella vera e propria esplosione di creatività che è stato il percorso di Alexander Grothendieck, il matematico più produttivo dell’intero Novecento e da poco tempo oggetto di più adeguata riflessione storico-critica da parte di Fernando Zalamea. Ed è quello che lo stesso Enriques e Albert Einstein chiamavano rispettivamente ‘poesia matematica’ e  ‘mistero delle matematiche’, per la loro intrinseca capacità  di allontanarsi sempre di più dal reale immediato e  nello stesso tempo di adattarsi al reale più in generale,  e molte volte di pensarlo in modo strutturale, prima ancora  che prendesse forma in qualche teoria fisica, ad esempio, come il calcolo tensoriale di  Tullio Levi-Civita e di Giorgio Ricci-Cubastro,  la geometria non-commutativa di Alain Connes  e i risultati della cosiddetta ‘Grande scuola russa’ con Vladimir Voevodsky e Mikhael Gromov ; a ciò si aggiunge il fatto che le matematiche, donde la grande mole di letteratura sul loro presunto carattere ‘divino’, pur essendo partorite da menti finite e limitate, si adeguano quasi perfettamente alle logiche del reale sino a entrare nelle sue articolazioni più nascoste da farci vedere ‘l’a posteriori dell’a priori’, a dirla con Simone Weil che come tutti non è rimasta indifferente a tale aspetto da considerarlo ‘un miracolo’ con i suoi inevitabili tormenti (La matematica come un percorso di senso e di tormenti, 29 aprile 2021 e La matematica come produttrice di conoscenze e di senso, 16 marzo 2023).  Affrontare tale  problema, nato nel mondo antico e ancora aperto da essere oggetto di ricerca in alcuni settori delle neuroscienze cognitive per i possibili risvolti nel campo dell’Intelligenza Artificiale,  rende il mondo matematico ricco di diverse nuances qualitative e non solo quantitative per la vita umana.

Gli altri contributi inseriti in La forza nascosta della matematica affrontano problemi più specifici sempre partendo dal presupposto che “la matematica ficca il naso dappertutto e spesso senza farsi notare,” come “supporto dell’ablazione cardiaca, come spiega  Antonio Fasano nel suo contributo; ma essa in modo costitutivo  “apre continuamente le porte alla tecnologia “secondo  Gianni Ciolli e Marco Maggesi nel prendere in esame la tecnologia Blockchain a base dei “meccanismi informatici per salvare e condividere dei dati” e presente nelle criptovalute, nella tracciabilità dei prodotti. Ma non poteva mancare nel volume un interessante e denso contributo, fatto a più mani da Graziano Gentili, Luisa Simonutti e Daniele C. Struppa, sulla presenza della “matematica nella pittura“  dove ha preso piede la geometria proiettiva durante il Rinascimento italiano per l’importanza accordata alla prospettiva che aprì la strada “ad un nuovo modo di interpretare lo spazio”. Com’è noto, molti sono gli studi  dedicati a questo tema, ma gli autori si distinguono nell’analizzare minuziosamente la tecnica pittorica del periodo dove furono introdotti “implicitamente nuovi punti e nuove rette (punti e rette all’infinito) e le loro coordinate proiettive” che portarono poi a completare  “lo spazio euclideo, oggi chiamato spazio proiettivo”; vengono presi in esame  i dipinti del Rinascimento, le opere di Piero della Francesca e di Leon Battista Alberti col fare dei calcoli specifici sulla base dei loro capolavori artistici  e col trovare  uno stretto “collegamento tra le idee pittoriche e la loro struttura matematica”.

Del resto nella storia delle civiltà quando scienza e arte sono state coniugate insieme, come nel caso prima del mondo greco e poi del nostro Umanesimo e Rinascimento, hanno contribuito a fornirci i momenti più ricchi sul piano della creatività umana e soprattutto ci  hanno offerto gli strumenti per comprendere l’unità della cultura; ritorna così sempre attuale una poco nota considerazione del poeta romantico inglese John Keats che affermava in un aforisma che ci sono due categorie di individui: ‘chi pensa con le metafore e chi pensa con le formule. Ma quelli che pensano con entrambe sono rari, ma sono quelli che hanno cambiato il mondo’. E La forza nascosta della matematica ci aiuta pertanto, a riflettere sull’unità della cultura, a non tenere separata la matematica dal nostro mondo e a considerarla una risorsa indispensabile per lo nostre vite, a farla entrare nel nostro ‘piccolo Pantheon portatile’, a dirla con Alain Badiou; questi è una  figura di pensatore che nel suo Elogio delle matematiche ed in altri scritti si è confrontato in modo costante con le matematiche del ‘900 sulla scia dello scrittore francese Paul Valéry che nei suoi diversi Cahiers, oltre a confrontarsi con la logique imaginative di Leonardo da Vinci, ha dedicato molte pagine alla complessità del mondo matematico avendo come interlocutore privilegiato Henri Poincaré ed in proporzione minore il nostro Federigo Enriques, col quale condivideva alcune ‘eresie’ in campo matematico e non solo. Se si escludono Italo Calvino, Primo Levi e pochi altri, in Italia manca una tradizione orientata in tal senso anche se da più parti viene avvertita la necessità di rimediarvi; un tentativo del genere lo portò  avanti Enriques  da essere molto apprezzato,  non solo come matematico, più all’estero nei primi anni del ‘900, senza riuscirvi, tale da far dire  negli anni ’80 a Ludovico Geymonat, il decano della filosofia della scienza italiano, che il ‘vinto di allora’, cioè Enriques’, è ‘il vincitore di oggi’ per un insieme di strumenti messi in campo per rendere la scienza e la matematica, in particolar modo, un ‘pensiero’, cioè cultura tout court con una sua specifica storia con cui fare debitamente i conti.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.