A settembre frequenterà la 5A Linguistico, al liceo Carlo Troya di Andria, ma Gaia Bruno ha deciso di trascorrere lo scorso anno, il suo quarto superiore, a Richland, Stato di Washington, negli Stati Uniti. Un’avventura incredibile, un’esperienza per misurarsi come cittadina del mondo e studentessa di vita

Ciao, Gaia. Perché hai deciso di frequentare il tuo quarto anno di scuola superiore negli Stati Uniti?

Ho scelto di partire perché sapevo che fuori ci fosse qualcosa che andava visto, vissuto, scoperto, conosciuto e infatti non mi sbagliavo. Volevo partire per poter aprirmi delle strade, e vivere all’estero, quando hai diciassette anni, te ne garantisce tante. Volevo sfidare me stessa, mettermi nella posizione di dover risolvere e superare da sola gli ostacoli. Volevo conoscere il mondo e apprezzare quello che è diverso dall’ordinario vissuto quotidianamente.

Cosa differenzia, sostanzialmente, l’istruzione italiana da quella americana?

L’istruzione italiana è molto vasta e completa. Essendo troppo teorica, espone poco gli studenti al mondo quotidiano, all’applicazione della teoria. Insegna molto, forma la mente in maniera completa, ma il sistema dell’istruzione è poco emancipato e spesso gli studenti vivono la scuola come un insieme di rigidità, ansia, necessità di eccellere e soddisfare le aspettative secondo troppi canoni -spesso dei docenti- per potersi sentire all’altezza. L’istruzione americana è meno impegnativa, meno rigida e più leggera. È molto più facile raggiungere una media ottima per via del livello di difficoltà, ma si imparano tantissime cose che, secondo la mentalità americana, saranno utili e ricordate a lungo. Niente infinite pagine e paragrafi da studiare, poi sedersi ed esporre al docente. Via libera a laboratori, simulazioni di lavoro, pratica vera e propria. C’è tanta più libertà a livello di scelta, gli Americani scelgono cosa studiare. È un ambiente stimolante, estremamente sereno, anche nella scuola generale. Gli Americani adorano andare a scuola, sono felici di farlo, e lo ero anche io.

Quali difficoltà hai incontrato, soprattutto durante l’iniziale periodo di adattamento, e come le hai superate?

Ce ne sono state diverse, come l’abituarmi all’assenza di un centro della città e al fatto che non potessi guidare. Non c’è la cultura del camminare o dell’incontrare qualcuno mentre sei in centro. Motivo per il quale gli amici sono tutti a scuola. Ho infatti concentrato tutto in quello, nelle mie amicizie che dovevo creare a scuola, e i miei amici sono sempre stati disponibili in seguito a prendermi e portarmi, ovunque. L’altra grande difficoltà è stata l’alimentazione, ma solo all’inizio. L’America è un paese enorme, con un’industria alimentare molto avanti e soprattutto che offre tanta varietà. Abituarmi alle spezie,  ai mille sapori e alla tantissima carne rossa non era qualcosa che ero disposta a fare, ma ho trovato i giusti compromessi. Il cibo sano costa almeno il triplo di quello spazzatura e questo è stato un problema. Non ci sono orari in cui ci si siede e si compie un pasto, mi è capitato di mangiare insalate alle 9 di mattina, o piatti di pasta alle 4 di pomeriggio, bistecche alle 3.  Ho superato tutto semplicemente creando un ritmo ed equilibrio che potessero funzionare per me, organizzando i miei pasti affinché potessi nutrirmi delle cose giuste, conciliando i ritmi frenetici delle lezioni, del pranzo alle 11 ogni mattina, degli allenamenti dopo la scuola e della cena alle 6 del pomeriggio.

È stato complicato riabituarti alla realtà andriese?

Sono tornata da più di un mese ed è tutto molto, troppo difficile. C’è un grande peso di nostalgia di una realtà in cui sono cresciuta e cambiata, che mi manca, in cui mi sento più a mio agio . Amo l’Italia, come l’America: entrambe mille pro e anche mille contro, ma sono dovuta tornare per diplomarmi e non morendo dalla voglia di salire sull’aereo.  È come se io stessa rifiutassi di riabituarmi, sto ancora mantenendo tanti ritmi e abitudini americane. Questo anno per me è un rientro momentaneo, visto che la mia università non sarà in Italia.

Consiglieresti agli altri questa esperienza?

La consiglierei a tutti, perché cambia la tua vita e ti rende una persona unicamente migliore, estremamente aperta ed in grado di superare tutto. Non ci saranno solo momenti bellissimi, le difficoltà saranno innumerevoli e a volte sembreranno impossibili da aggirare, ma, una volta affrontata la salita, sarai fiero di te stesso e vedrai con occhi puliti tutte le tue capacità.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.