I Del Balzo e il Ducato di Andria nel XIV e XV secolo – Dux Andriae è il nuovo libro di Riccardo Sandro Ferri, insegnante di religione che espone come e perché nasca il primo ducato in ordine cronologico del meridione grazie alla potente famiglia Del Balzo, di origini francesi, fedelissima alla casata angiolina. Ferri analizza le varie vicissitudini dei personaggi di questa famiglia, sottolineando anche gli aspetti legati al territorio e ai lasciti culturali e artistici nelle città di cui i Del Balzo sono stati signori.

Ciao, Riccardo. Come mai hai deciso di documentare le vicende della famiglia Del Balzo e del Ducato di Andria nel XIV e XV secolo?

Un andriese medio direbbe “so fatt vicch…”. Bene, ti rispondo subito. In primis, avendo fatto una tesi in storia della Chiesa, nello specifico i domenicani in Andria nell’età moderna, mi ritrovai a fare i conti con questo cognome piuttosto presente nella storia del Trecento e del Quattrocento meridionale e locale. Andando avanti nelle ricerche, ho scoperto che i Del Balzo sono stati una dei più potenti casati francesi, scesi al seguito degli Angioini in Italia e poi radicatisi in Andria e non solo, tanto da elevare la stessa Andria a ducato. Per intenderci, il primo ducato nella storia del regno di Napoli in ordine cronologico, prima che la vendita dei titoli diventasse commercio. Andria fu eletta ducato perché il figlio (Francesco Del Balzo I) di un grande condottiero, Bertrando Del Balzo, ebbe la possibilità di sposare una figlia di Filippo D’Angiò, principe di Taranto, fratello di Re Roberto D’Angiò, Margherita d’Angiò. Questa possibilità gli fu data grazie al nome e alla fiducia che si guadagnò il padre presso la corte angioina, il quale, avendo sposato Beatrice D’Angiò, ultima figlia di Re Carlo II, ebbe incarichi importanti, difatti fu sepolto in Napoli a San Domenico maggiore dove sono sepolti i re angioini e aragonesi.

Cosa hanno lasciato i Del Balzo nelle città in cui hanno governato?

Iniziando da ciò che più ci circonda, senza i Del Balzo Andria non avrebbe dei documenti e la storia del santo patrono, non esisterebbe la fiera di Aprile, il suo centro storico, tutt’oggi da valorizzare, non avrebbe quel bel portale rinascimentale di Porta Santa, San Domenico, la chiesa dell’Annunziata, ricca di opere d’arte si pensi alla stupenda pala d’altare di pietra che è in essa sicuramente di fine Quattrocento, non sarebbe stata restaurata dopo l’assedio del 1460 poiché posta fuori le mura. La chiesa di Santa Maria Vetere scrigno di tesori persi e non, si pensi allo splendido ciborio di pietra in essa custodito, non la conosceremmo come la conosciamo oggi. La stessa Andria può vantare un unicum rinascimentale secondo solo a quello napoletano che era la Capitale del regno, tante le opere di scuola napoletana-fiamminga, si pensino alle tele conservate nel Museo diocesano e di scuola veneziana portate via da Santa Maria Vetere. E sempre nel Quattrocento fiorisce un pittore di grande rispetto, Tuccio d’Andria, di cui ancora oggi abbiamo poche notizie. Venosa che ebbe anch’essa i Del Balzo non avrebbe il castello di epoca aragonese e la Cattedrale attuali, entrambi voluti da Pirro Del Balzo, primogenito di Francesco II Del Balzo. Francesco II Del Balzo fu un rinascimentale a tutti gli effetti per gusti, per lignaggio, per umanità tanto da morire in odore di santità presso il convento dei Domenicani di Andria, dove si ritirò dopo la sua movimentata vita diplomatica presso il re di Napoli e non solo. Irsina, cara ai Del Balzo, un tempo Montepeloso, conserva degli affreschi trecenteschi della stessa scuola di pittura se non lo stesso pittore di Santa Croce d’Andria, sicuramente dietro questi affreschi ci fu la committenza di Francesco I Del Balzo e nel Quattrocento grazie alla signoria Del Balzo vide arrivare in questa piccola e carina cittadina lucana addirittura un Mantegna ad oggi custodito presso il Museo di Capodimonte in Napoli, sebbene in loco sia rimasta una statua attribuita a tale maestro rinascimentale. Bisceglie, parte del ducato d’Andria nel Quattrocento, non avrebbe conosciuto un nuovo fervore di cristianità con la storia dei santi patroni e il restauro della cripta che avvenne sotto i Del Balzo. Beh, credo che l’elenco si possa fermare qui, non è completo, ma spero che incuriosisca la lettura del libro.

A chi dedichi questo tuo ultimo lavoro?

Dedico quest’opera a coloro che non ci sono più della mia famiglia ma sono sempre presenti, e anche a quell’andriese medio che ho citato all’inizio perché la storia non è solo maestra di eventi e di insegnamenti, ma è anche dignità che caratterizza un luogo e che lo identifica. Siamo nani sulle spalle di giganti.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.