Vocabolario ridotto o coda di paglia?

Caro Direttore,

devo ammettere che il governo gialloverde Conte-Salvini-Di Maio comincia a mettermi di buon umore come le barzellette. Parto da una faccenda seria, l’arresto di Cesare Battisti in Bolivia che, finalmente, sconterà la pena che per trentasette anni ha evitato. La giustizia, già decretata dei tribunali a quel tempo, avrà il suo corso. E, per una volta, posso essere d’accordo persino con il Truce Salvini: la pacchia è finita. Per una volta, il vocabolo è consono alla realtà.

Eppure, il modo mi suscita un sorriso amaro. Il ministro vestito da poliziotto, nella sua furia sempre in agguato, usa la parola “pacchia” a proposito e a sproposito. La pacchia è quella degli immigrati che cercano scampo alle guerre e alla povertà. La pacchia è quella dei “negri” che vengono schiavizzati nelle campagne. La pacchia è quella dei migranti regolari i cui figli nelle scuole vengono discriminati con il decreto sicurezza. La pacchia è quella dei richiedenti asilo che, sempre per lo stesso decreto, torneranno in clandestinità: 120mila il numero calcolato. La pacchia è quella delle Ong che salvano i poveracci da morte sicura …Insomma, tutti come il criminale Cesare Battisiti.

Ora è evidente che il vocabolario limitato del ministro di polizia racconta tutto alla stessa maniera, falsificando la realtà, perchè lui ha bisogno di paure per crescere nei sondaggi, per aspirare a regalarci un ventennio fascista come si deve. E ha voglia il povero moderato Conte a metterci una pezza tutte le volte. Il Truce tira dritto e marcia su Roma e vincere e vinceremo e viva la pacchia.

Se, osando l’oltraggio, qualcuno riportasse nella casella naturale il significato di pacchia, troverebbe che forse l’uso che ne fa Salvini è l’ammissione di una coda di paglia. Il Nostro, nella vita, non ha fatto altro che vivere di stipendio pubblico, parlamentare in Europa e in Italia, nessun lavoro in curriculum, tranne che Radio Padania, che ancora adesso beneficia di sovvenzioni pubbliche. Cigliegina sulla torta, la scalata alla Lega di Bossi e sodali che ha truffato allo stato 49 milioni di euro. La pacchia.

Il ministro fa uso e abuso della parola perchè sa perfettamente di che cosa si tratta. Dice: ma molta parte degli italiani è con lui. Peggio per loro, se si accontentano di uno così, uno per il quale “negri”, figli di immigrati e Battisti sono la stessa cosa. Se si accontentano di un agitatore di popolo che li prende per i fondelli, minacciando l’Europa e vantando alleanze con i paesi sovranisti, che lo ricevono vestito da poliziotto e non lo contraddicono come si fa con i matti di paese. Un ministro che neanche Conte, il premier fantasma, prende sul serio ormai: basta riguardarsi il film dei 49 immigrati sbarcati, in accordo con l’Europa, mentre Salvini pensa che siano ancora in balia delle onde. Questo vuol dire che il problema Salvini sia meno minaccioso? No, non proprio. Perché la sua forza viene puntellata dalla debolezza di Di Maio, il suo vero compagno di pacchia, un altro senza mestiere che il popolo ha messo ai vertici dello Stato, e meno male che il popolo non ha deciso che facesse il cardiochirurgo. È Giggino il compagno di pacchia del Truce, comprimari di un parlamento pieno zeppo di gente senza saperi né mestieri, che ha vinto la lotteria e che sta scassando il Paese.

Nonostante questo quadro, caro Direttore, non sono pessimista per il nostro futuro. Quando il popolo si accorgerà di essere stato fregato su pensioni e reddito, su lavoro e futuro, ci metterà dieci minuti a interrompere l’orgia pacchiana di questo governo dei rinvii a babbo morto, tranne che su “negri” e poveracci varii. Si accorgerà, come direbbero a Napoli, di aver messo la pacchia in mano ai criaturi.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).