S. Pargoletti La carezza della scienza. I successi della ricerca, le nuove sfide ed il ruolo dell’Europa (2022)

Raramente, quando si ha in mano un libro, si dà la dovuta attenzione al progetto culturale che sta alla base della casa editrice che  ne ha permesso la pubblicazione; e per capirne meglio lo spirito è utile gettare uno sguardo soprattutto se tale impresa editoriale è nata da poco con l’obiettivo sì di inserirsi nel dibattito culturale, ma col coniugare i problemi e le inedite sfide del mondo contemporaneo con le ’radici’ in cui è venuta a proporsi, quelle del Sud con le sue specifiche dinamiche ‘meridiane’ a dirla col sociologo Francesco Cassano, scomparso qualche anno fa. Ed è il caso di Edizioni Radici Future di Bari, frutto della non comune collaborazione tra autori, giornalisti e professionisti accomunati, come ci insegna il più sano pensiero complesso  non a caso  formatosi  au carrefour  dei saperi dalla scienze naturali a quelle cosiddette umane, dalla strategica idea che ogni evento culturale, di per sé un ‘evento di verità’ come ci ha insegnato Alain Badiou, è il risultato dell’intreccio e dell’interazione di conoscenze ricavate da più ambiti;  e  tale progetto è ritenuto più efficace  nell’essere indirizzato  contemporaneamente sia verso il sociale che il futuro e non a caso è orientato a fornire gli strumenti, insieme concettuali ed esistenziali, per un ‘nuovo umanesimo’ che tenga nel debito conto le diversità dei punti di vista contando sulla ‘forza della partecipazione’. E tale forma di umanesimo, che è tale solo se si configura come planetario a dirla  con Edgar Morin e Mauro Ceruti, è ritenuto un percorso che rafforza la democrazia,  dono che ci siamo faticosamente conquistato ed in questi ultimi tempi  minacciata da più parti, che ‘si persegue con Cultura, Legalità, Conoscenza e Scienza’ e con una massiccia immersione nello spirito critico dei saperi umanistici (I saperi umanistici sempre più in difesa della democrazia, 15 dicembre 2022).

Si comprende, pertanto, meglio lo spirito portante del volume, dal significativo titolo, La carezza della scienza. I successi della ricerca, le nuove sfide ed il ruolo dell’Europa (2022)  del giornalista Sergio Pargoletti che, dopo varie esperienze maturate in più luoghi,  è approdato nel non facile mondo della comunicazione scientifica che già Antonio Gramsci, in un passo dei Quaderni del carcere, riteneva essere strategico per le frequenti ed ideologiche distorsioni che subiscono i contenuti delle diverse scienze da parte di ‘dilettanti onnisapienti’ insieme con la necessità di creare dei veri e propri professionisti specializzati (Antonio Gramsci ed il problema della comunicazione scientifica, 27 febbraio 2020); apparso non a caso nella collana ‘Banlieue’, esso è il risultato di una serie di riflessioni scaturite dalla drammatica esperienza della pandemia che ha messo a nudo la scarsa dimestichezza del grande pubblico non educato adeguatamente a confrontarsi con i ‘problemi della scienza’, dei suoi metodi e delle sue ‘ragioni’, per usare un’espressione del 1906 del poco noto matematico ed epistemologo italiano Federigo Enriques (L’eredità di Federigo Enriques, 22 luglio 2021).

Tale scienziato-filosofo, ancora quasi unico in Italia, nei primi decenni del secolo scorso è stato uno dei pochi ad impegnarsi  in una seria didattica delle scienze per elevare il grado di conoscenza di una nazione in tale ambito e per una cultura scientifica di massa, come stava avvenendo negli altri paesi europei dove  i singoli appartenenti alle stesse società scientifiche, come in primis quella inglese, e gli stessi scienziati del calibro,  ad esempio, di Antoine- Augustin Cournot, Ernst Mach,  Ludwig Boltzmann, Louis Pasteur, Pierre Duhem ed Henri Poincaré, erano obbligati a spiegare in conferenze pubbliche i risultati ed il senso delle loro ricerche, impegno che poi ha dato vita a due discipline che si sono imposte nel panorama culturale internazionale del ‘900 come la filosofia della scienza e la storia delle scienze; ma contro di lui si accanirono Benedetto Croce ed il giovane Giovanni Gentile e altri dalla vista corta restii a capire e a far capire che la scienza con la sua  intrinseca storia non è un insieme di ricette o sapere di serie B, ma un pensiero vero e proprio ed un laboratorio di conoscenze sempre in fieri che ampliano gli stessi nostri orizzonti di senso.  Ed è da ricordare, fatto che spesso si dimentica, che  la crociata crociana contro gli scienziati considerati ‘ingegni minuti’ con la conseguente egemonia del neoidealismo, espressione di un paese  arretrato e poco sviluppato sul terreno scientifico e  tecnologico,  è stata la causa  non secondaria dell’ancora perdurante analfabetismo  scientifico e della sua sottovalutazione; in tale contesto  hanno pesato ed in parte ancora continuano a  pesare quelle che potremmo chiamare, senza esagerare, le infinite conseguenze del ‘Caso Galileo’ sul tessuto sociale e civile del paese Italia e fatto poco scandagliato sul terreno storico, nonostante la sia pure tardiva sostanziale anche se non formale riabilitazione dello scienziato pisano da parte di Giovanni Paolo II, passata quasi inosservata senza aver minimamente inciso in campo educativo all’interno dello stesso mondo cattolico.

Per questo l’operazione di Sergio Pargoletti si rivela oltremodo interessante ed è un modo per accompagnare il lettore a rendersi conto di come stanno realmente le cose nella scienza, a non farsi di essa una idea idilliaca e a pretendere che vi possiamo trovare una “pillola…  in grado di lenire, una volta e per sempre, le nostre angosce esistenziali” ; il suo obiettivo, grazie ad un’analisi capillare di alcuni risultati che provengono dai laboratori italiani e dal resto del mondo, è quello di dare un umile contributo “all’educazione scientifica di cui si avverte un gran bisogno”. Si ritiene a tal fine necessario  un approccio transdisciplinare che spazia dalle scienze biomediche alla fisica e alla stessa filosofia che nel loro insieme possono dare una mano per affrontare meglio il tema “tanto affascinante quanto complesso”  dell’esperienza del nostro “essere mortali… brutalità” che l’esperienza della pandemia ci ha crudamente messo davanti.  In tutti i capitoli si avverte  la sensazione dell’essere quasi ‘accarezzati’ dalla variegata e a volte difficile immagine o volto non lineare della scienza che come tutte le cose umane è imperfetta, fatta di errori spesso rimossi come tali e anzi, come diceva Enriques,  si presenta come un ‘cimitero di errori’ che, una volta presi criticamente in carico,  le permettono di guardare oltre e al futuro con aprire ulteriori capitoli del pensiero umano.

Una sana ‘educazione scientifica’ è il percorso ritenuto più in grado di far prendere coscienza che “la scienza è un bene pubblico da salvaguardare” e non è soprattutto, come viene spesso ribadito in La carezza della scienza, un “talk show”  che ne smussa il suo abito naturale, lo spirito critico  che,  dove  è penetrato, ha cambiato radicalmente le cose; ciò  prima avvenne nel mondo greco col portare alle prime idee democratiche e poi alla nascita della scienza moderna per  emergere con nuovo vigore propulsivo nel secolo dei Lumi, dove i maggiori protagonisti da Voltaire a Diderot non a caso si sentivano eredi di Galileo e della sua coraggiosa e particolare ‘filosofica militia’ contro i plurisecolari pregiudizi dell’epoca, col trasportarlo  nei campi della morale, della politica, della storia e dell’economia sovvertendoli. Pargoletti poi mette in evidenzia i diversi “valori che ispirano gli scienziati”, la cui attitudine è ritenuta preziosa per rafforzare quella che, sulla scia del sociologo francese Gérard Bronner, chiama “democrazia della conoscenza” per non cadere  nella “democrazia dei creduloni” verso cui va ingaggiata una vera e propria “battaglia” i cui esiti sono incerti in quanto forse “mai si registrerà la vittoria dell’una o dell’altra”.

Tutto il volume  implicitamente ‘fa tesoro’, nel senso biblico dei Proverbi, della ricchissima letteratura epistemologica del ‘900 che, da Federigo Enriques e Gaston Bachelard a Karl Popper e Thomas Kuhn, ha  offerto  ragioni e strumenti indispensabili per apertamente “schierarsi dalla parte di chi predilige lo spirito critico al dogmatismo…, l’argomentazione razionale  agli atteggiamenti violenti che minano la civile convivenza” necessari per la sopravvivenza dello spirito democratico. Con uno stile chiaro e nello stesso tempo ben articolato, nella prima parte, Pargoletti spiega perché “possiamo fidarci” nel dare un non comune ascolto al fatto che “parlano risultati” invece delle semplici opinioni; la stessa vicenda del Covid-19, pur drammatica, ha messo in moto l’idea che occorre investire molto di più nella ricerca medica ed in particolar modo in un ambito, quello dell’immunologia divenuta in questi ultimi tempi sempre più strategica per la cura del cancro. Vengono tenute presenti anche le illuminanti indicazioni dello storico israeliano Yuval Noah Harari che, nei suoi lavori  Homo Deus. Breve storia del futuro  e  21 Lezioni per il XXI secolo,  ha preso in esame le modalità con cui sono state sconfitte molte patologie e affrontate le diverse pandemie con l’avvertirci che “il mondo sta diventando sempre più complesso” e di stare attenti alle manipolazioni e strumentalizzazioni di vario genere che fanno leva sul fatto, come rileva Pargoletti, che in ambito sanitario l’opinione pubblica  a volte viene nutrita “di teorie strampalate” e di una “cultura (o subcultura?)” che “ha contaminato ogni ambito disciplinare”.

Nello stesso tempo, una sana ‘educazione scientifica’ è ritenuta strategica per ridimensionare “l’idea della democrazia orizzontale e della svalutazione di competenze ed esperienze in nome della lotta alle élite” e di rimettere su un più giusto binario “il rapporto tra scienza, istituzioni e opinione pubblica”, argomento che in questi ultimi tempi è uno dei temi centrali dell’epistemologia politica che prende in esame lo statuto  dell’expertise nella società odierna, come il recente volume  Expertise ed epistemologia politica, a cura di Gerardo Ienna, Flavio D’Abramo e Massimiliano Badino (Milano, Meltemi 2022). La carezza della scienza è, pertanto, un non comune volume  che fa tesoro di diversi suggerimenti  provenienti da fonti diverse in primis da quelle epistemologiche di Popper e Kuhn e poi da alcuni scienziati come Edoardo Boncinelli ed Elena Cattaneo che si interrogano sul ruolo pubblico e sociale dello scienziato e delle sue responsabilità oggi; è un invito quello che ci lancia Sergio Pargoletti ad essere, come recita un recente libro di Elena Cattaneo, sempre più ‘armati di scienza’ in quanto in essa si possono trovare, se ‘ben compresi’ come ammoniva Pierre Teilhard Chardin, “gli anticorpi per guarire dal dogmatismo”, e una lezione da “fare nostra: le leggi della natura sono indifferenti alle ideologie”, fatto spesso non tenuto in debito conto.

Nello stesso tempo  emerge una chiara coscienza  del fatto che “la scienza può molto, ma non può tutto” e, attraverso lo spirito critico  che porta in dote e che ha fa fatto grande “la cultura e la civiltà occidentali” col  permettere  all’Europa di essere “la coscienza del pianeta”, si prende atto dei “nostri limiti”; tale percorso porta “a non smettere mai di cercare una ragione ultima del nostro essere al mondo” e fa “entrare in scena” le discipline umanistiche nel loro complesso che permettono “l’approccio multidisciplinare e, in particolare, il rapporto tra scienza e filosofia”. Ed è in questo scenario che viene ad inserirsi Sergio Pargoletti dove, come da più parti sottolineato,  viene ad aprirsi “la nuova frontiera della conoscenza”, sollecitato anche da alcune indicazioni del fisico Carlo Rovelli che considera, come Enriques e lo stesso Albert Einstein nei primi decenni del secolo scorso, strategica  una nuova alleanza tra scienza e filosofia per le sorti razionali dell’umanità e per gettare le basi di una rinnovata alleanza tra “scienza e mondo del lavoro”, del resto “antica e vitale”; e La carezza della scienza aiuta molto in tal senso, oltre a dare la dovuta attenzione al nostro Sud e ad alcune eccellenze ivi esistenti come il Salento Biomedical District,  frutto della collaborazione tra l’Università del Salento, l’Istituto di  Nanotecnologia del CNR e del Center for Biomolecular Nanotechnologies  dell’IIT di Lecce, definito da Ilaria Capua durante la cerimonia di inaugurazione nel 2020, ‘un incubatore di oro grigio” (I centri di ricerca, 1 dicembre 2022), progetto che insieme ad altri “sono i pilastri più importanti su cui edificare la casa comune europea”.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.