Vito Di Bari, 174 cm per 58 kg, 25 anni a novembre prossimo, da sempre allenato da Pino Tortora, in forza alle Fiamme Gialle sin dal 2009, presenza fissa nella nazionale assoluta, un titolo italiano nella venti km di marcia e il sogno delle Olimpiadi di Rio nel cassetto: ha accettato di rilasciare un’intervista in esclusiva per Odysseo.

Vito, possiamo ripercorrere brevemente la tua carriera?

Mi sono avvicinato all’atletica leggera in prima media, grazie ai giochi sportivi studenteschi. La fortuna è stata trovare il prof. Giuseppe Tortora che mi ha individuato come ragazzo promettente nella corsa e mi ha incitato a continuare al di fuori della scuola con la sua società, “A.S.D. Belvedere Andria”. Lui collaborava con un altro prof. di educazione fisica, Angelo Summo: insieme hanno creduto in me e mi hanno sostenuto in tutto e per tutto. Due persone splendide perché in loro non c’era alcun interesse, ma solo tanta passione. La stessa che ad oggi, dopo 15 anni, fa sì che Giuseppe Tortora sia ancora il mio coach, ma anche un secondo padre, dato che oltre a darmi un insegnamento nello sport, mi è di insegnamento anche nella vita. Il passaggio dalla corsa alla marcia è avvenuto perché Angelo era un grande appassionato del tacco e punta e, vedendo le mie qualità fisiche, mi ha indirizzato su questa disciplina e non si sbagliava. Dopo un anno, ero già il secondo marciatore in Italia. Gli allenamenti erano tutti dosati in base all’età che avevo perché come lui sosteneva: l’atleta si vede da assoluto e non nelle categorie giovanili. Nonostante tutto, eravamo sempre a podio nei campionati italiani. La tragedia è avvenuta l’estate dell’anno 2006, quando il prof. Summo si è ammalato, noi tutti credendo che fosse solo un forte raffreddore, ma alla fine, dopo tre mesi di agonia, il tumore l’ha spento, spiazzando sia me che Giuseppe. Ma non ci siamo arresi, continuando ad allenarci e a far sì che con i nostri successi il suo nome vivesse nel mondo dello sport. Tant’è vero che tutt’oggi continuo a dedicargli ogni mio risultato. L’anno successivo a questo dramma è stato fantastico perché ho conseguito il mio primo titolo italiano di categoria e un regalo inaspettato è stata la medaglia di bronzo mondiale ad Ostrava in Repubblica Ceca con la nazionale italiana under 18. Mi spiace ancora che Angelo non ci fosse perché era il frutto di ciò che aveva coltivato. In seguito la strada è stata piena di successi: campione italiano allievo, junior, promesse e il titolo più prestigioso, il titolo italiano assoluto nella 20 km di marcia nel 2013 che mi ha permesso di conseguire dal CONI la medaglia di bronzo al valore atletico. Invece a livello internazionale ho indossato tante maglie azzurre giovanili e raggiunto podi come un bronzo in un meeting internazionale a Podebrady e un argento in coppa del Mediterraneo a Rabat, in Marocco, categoria under 20. Ad oggi faccio parte della nazionale italiana e ho indossato per ben due volte la maglia azzurra assoluta in coppa del mondo in Russia, nel 2012, e in coppa Europ,a nel 2013.

Oggi corri per le Fiamme Gialle: quanto conta la sicurezza economica per poter competere a livello nazionale e internazionale?

Questi successi mi hanno permesso di fare un concorso nel gruppo sportivo delle Fiamme Fialle e grazie al mio curriculum l’ho vinto e all’età di 19 anni ero già un finanziere, avendo così un posto di lavoro fisso che di questi tempi è oro. Anche perché, detto in tutta sincerità, non si può campare d’aria e di conseguenza, se non fosse arrivata questa possibilità, avrei lasciato, optando per un lavoro che potesse darmi una serenità economica minima, tale da poter vivere. È la triste realtà degli sport minori. Io devo ringraziare la mia famiglia che mi ha dato fiducia e mi ha lasciato fare. Io ho ricambiato con tutto il mio impegno e con la serenità che ho oggi grazie allo sport.

Certo che non c’è confronto con i guadagni di campioni di sport più blasonati…

Di certo far parte di un gruppo sportivo non è come essere un calciatore, un pilota, un tennista, un golfista… Però mi ritengo ugualmente fortunato perché vivo la mia vita normale, mi diverto praticando il mio lavoro, giro il mondo rappresentando l’Italia, so che un eventuale infortunio grave o un mio ritiro non mi lascerebbero per strada, ma inizierei la carriera da finanziere ed è il Corpo che mi piaceva fin da piccolo. Perciò io vivo di soddisfazioni e sono contento della mia vita anche perché, se guardo dietro di me, c’è gente che non arriva a fine mese.

Quanto conta il sacrificio nella marcia?

La nostra disciplina è fatta di tanti sacrifici che poi vengono ricambiati con gli interessi nel momento in cui raggiungi l’obiettivo che ti sei preposto. La mia vita è fatta ogni giorno di tanti km e le mie sedute di allenamento sono circa 10 a settimana. Oltre a marciare, per potenziare il fisico ho bisogno di correre, nuotare, far palestra, pedalare… Non è facile, ma se si ha una gran forza di volontà e determinazione il tutto non ti pesa.

Tanto sacrificio, ma anche tanta sapienza: cosa ti senti di dire ai non pochi giovani che bruciano la loro vita tra alcol e droghe?

Mi è capitato di far da testimonial nelle scuole e oggi continuo sempre a ripetere la stessa cosa a questi ragazzi che vivono uno sbandamento. Per come l’ho vissuta io, il periodo più compromettente è tra i 15 e i 18 anni, perché in quell’arco di tempo i ragazzi vogliono sentirsi grandi, non sapendo che fumando, bevendo o facendo i bulli, non lo si diventa. Così come c’è chi per girare con due soldini in tasca preferisce lasciare le scuole e andare a lavorare o a far altro di illegale, per poi uscire con gli amici la sera e credersi il grande di turno dato che può comprarsi stupidaggini che altri non potrebbero. Quegli altri che, se continuano a credere nella scuola o come me in qualche altra attività che può offrir loro un futuro, un giorno si riprenderanno tutte le soddisfazioni dei sacrifici fatti e il piatto sarà ancora più appetitoso, ve lo posso assicurare. Anche perché quei ragazzi che si davano le arei oggi mi ammirano e mi ripetono: “Sei un grande perché hai fatto di te ciò che volevi, mentre noi siam rimasti fermi a quand’eravamo ragazzi, non avendo una serenità ed una stabilità futura e qualcun altro anche con problemi con la legge”. Tutto questo perché? Per perdersi in chiacchiere e non pensare ai veri valori della vita!

Inviteresti i ragazzi a ripercorrere le tue tappe?

Sono il primo a voler fare qualcosa in aiuto dei ragazzi. Se qualcuno ripercorresse le mie orme, ne sarei più che fiero. Se poi non fossero le mie, ma di qualche altro esempio positivo ne sarei ugualmente contento purché facciano della loro vita un capolavoro e siano sempre i protagonisti della loro vita.

I tuoi obiettivi futuri? Ti vedremo a Rio?

Da quest’anno ho deciso di non essere più un ventista, ma un cinquantista. Questa decisione è stata presa in accordo con il mio coach Giuseppe Tortora e con la Federazione Italiana di Atletica Leggera: in base alle mie qualità espresse in questi anni, hanno dedotto che potrei essere un buon marciatore sulla distanza olimpica più lunga della marcia. La FIDAL ci aiuterà a crescere, tant’è vero che hanno avviato un progetto per ringiovanire la squadra italiana sulla 50 km, della quale faccio parte. Si concluderà con un test finale in Germania a fine ottobre, ai campionati tedeschi sulla 50 km. Incrocio le dita e mi auguro di fare una gran bella prestazione, anche perché, se così fosse, entrerei già a far parte dei probabili convocati per le Olimpiadi del 2016 a Rio de Janeiro. 2016 Le Olimpiadi sono il sogno di tutti gli atleti. Stiamo lavorando per raggiungere questo obiettivo, tant’è vero che abbiamo già iniziato a bruciare le tappe sulle distanze più corte, come il personal best di due settimane fa, in Spagna, sulla 20 km. Ed ora proveremo a demolire, il 24 luglio, a Torino, il personale sulla 10 km, provando a vincere anche il titolo italiano assoluto. Dopodiché, paraocchi e puntiamo diritti alla 50 km.