Dal 20 al 31 luglio, l’Officina San Domenico, in collaborazione con Socialservice, Opus, Asi Nazionale, l’Associazione Puntoit e la Victor Andria, ha organizzato un torneo di calcio per strada, piccole sfide tre contro tre, con l’intento di accostare i valori dello sport all’impegno civile dei giovani nella cura degli spazi antichi della nostra Città. La sana competizione, giunta alla sua seconda edizione, è aperta a giocatori di tutte le età e, come ci spiega il Presidente della Victor, Michele Ricciardi, può davvero rappresentare l’occasione per apprezzare il significato storico di una Piazza.

Ciao Michele, perché avete scelto di organizzare un torneo di calcio per strada?

La nostra scelta parte dalla convinzione che il calcio quando esce dal rettangolo di gioco abbia un valore ancora più grande. Forse è un ricordo di infanzia che ritorna prepotente, quando sulla strada una palla riusciva ad abbattere ogni barriera sociale e a canalizzare positivamente le energie senza l’obbligo assillante del risultato o del compiacere a tutti i costi il Mister. Il ritorno dei ragazzi ad un divertimento semplice, economico, sano ma non per questo meno magico. Abbiamo scelto di organizzare un torneo di calcio per strada perché riteniamo che sia ancora possibile dare risalto a piazze del Centro Storico con lo sport. Un modo diverso e originale di esaltare le potenzialità che il nostro centro storico offre, un centro storico stupendo che merita di essere conosciuto a fondo, in ogni suo angolo, in ogni sua pietra bianca. Smuovere le coscienze e invitare i più giovani a farlo è fondamentale in un percorso di crescita civile, nel pieno rispetto delle regole.

Il nostro Centro Storico è, da tempo, falcidiato da episodi di inciviltà soprattutto tra i giovani. In che modo lo sport può sensibilizzare la coscienza civica delle nuove generazioni?

Lo sport è sicuramente il miglior antidoto alla inciviltà e alla devianza. Non a caso la saggezza degli antichi torna a ripeterci “mens sana in corpore sano”. Allenando il corpo all’esercizio fisico, lo sport contribuisce alla formazione integrale della persona e con essa del cittadino. Agisce sull’autocontrollo, esalta le energie mentali, forgia il carattere migliorando la volontà e la sopportazione della fatica, favorisce l’acquisizione del coraggio e la consuetudine alla correttezza. Inoltre allontana l’insoddisfazione spesso presente nei giovani, offrendosi come occasione per mettere l’uomo a contatto con l’uomo: un microcosmo della vita societaria. È l’armonizzarsi di due concetti solo apparentemente antitetici: libertà e disciplina che sono alla base di una società civile.

Le ridotte misure del campo da gioco e delle porte favoriscono, probabilmente, i giocatori più tecnici. Credi che l’esperienza in strada sia propedeutica all’attività fisica agonistico-professionale?

Sicuramente le ridotte dimensioni del campo favoriscono molto di più i giocatori più tecnici rispetto ai giocatori più fisici o che basano il loro gioco sulla velocità, anche perché le partite non durano molto quindi sicuramente la sfida non può basarsi nemmeno sulla resistenza, quindi sarà una questione di tecnica. Ovviamente in questo caso l’esperienza in strada permetterà a parecchi giocatori di essere favoriti perché abituati alle “peripezie” del gioco in strada sapendo adattarsi a più situazioni, ovviamente un minimo di preparazione fisica ci deve essere, quindi l’esperienza in strada e l’attività professionale non sono propedeutici ma complementari. Tutti i campioni di ieri hanno iniziato la loro “attività” per strada, la quasi totalità degli attuali professionisti anche; prima un marciapiede era più che sufficiente a far giocare dieci bambini, un cortile o una piazza erano un campo di calcio, un largo, come il parcheggio adiacente alla pretura di Andria, poteva diventare due, tre campi di calcio contemporaneamente. Oggi credo che la mancanza di luoghi “sicuri” stia favorendo un cambiamento di queste abitudini: giocare per strada è difficile, troppi veicoli con il loro conseguente smog, pochi spazi, poca pazienza verso i bambini. La strada è stata progressivamente sostituita dalle scuole di avviamento allo sport in generale, la maggior parte delle quali realtà in cui si cerca di far crescere i ragazzi divertendosi e coltivando un sogno, una speranza. Ma la strada resta maestra di vita, non va abbondonata, e questa manifestazione vorrebbe restituirle, anche solo per qualche giorno, l’importanza che merita.

Valorizzare gli spazi aperti, come piazze e cortili, può farci ritrovare il piacere per un divertimento semplice, un divertimento privato di eccessi legati all’alcool, al consumo di droga o al sesso facile?

Certamente. È il nostro obiettivo principale. Offrire un’alternativa valida all’eccesso di droga e alcool. I ragazzi vanno seguiti nel loro percorso di crescita e se non si offre loro delle alternative non si riesce ad allontanarli da quelli che sono i vizi di questa società. Divertirsi in maniera sana, con lo sport, valorizzare il gioco di squadra, lo sforzo per raggiungere un risultato che giova te e i tuoi compagni, è solo l’inizio di una ritrovata sensazione di ottimismo e piacere. Divertirsi in maniera sana, è questa la peculiarità di questo torneo. Divertirsi bene si può e devono capirlo tutte le generazioni, non solo i più giovani. Chi ricopre ruoli di responsabilità civica ha il difficile compito di creare situazioni e contesti utili alla crescita altrui, essere da esempio è la vera medicina da offrire.

Seppur limitata a quattro persone, ogni squadra del torneo esprime interamente l’idea di gruppo, del “tutti per uno e uno per tutti”. Secondo te, quanta importanza assume questo momento di aggregazione nel processo evolutivo e comunitario del cittadino di domani?

Sappiamo benissimo che l’idea di gruppo rappresenta un valore fondamentale per le giovani generazioni. Sentirsi parte di un gruppo non è un optional ma è obbligatorio. È parte integrante dei dinamismi di crescita e di sviluppo dell’essere umano. Non è raro che a portare un ragazzo alla pratica sportiva, o alla scelta di un determinato sport piuttosto che un altro, sia proprio la presenza di amici o il desiderio di frequentare un certo gruppo o l’adeguamento a una moda indotta dal gruppo dei pari. Quindi in conclusione, il nostro obiettivo è semplicemente trasformare un insieme di persone individuali in un gruppo. Un gruppo che persegue obiettivi comuni. La vittoria. In qualsiasi sport di gruppo non ha mai avuto successo una squadra non coesa. Il rispetto, lo spirito di sacrificio per il bene comune, la fiducia tra i vari membri del team e la voglia di sacrificarsi gli uni per gli altri sono alla base di ogni vittoria, sono “conditio sine qua non”, sono presupposto indispensabile per l’inizio di qualsiasi impresa. Se riuscissimo ad applicare questi semplici concetti nella vita quotidiana ed a inculcare nei giovani il “tutti per uno ed uno per tutti” , vivremmo sicuramente in una società migliore.  Come già detto, lo sport è il miglior antidoto alla inciviltà, alla devianza e può fungere da catalizzatore nei processi evolutivi e comunitari.