Esausto, stanco e avvilito
Diomede pose piede nei pagliai.
Lasciata Troia rovente
era rimasto di Tideo infante
e del suo compagno di ventura
Ulisse, indugiato a Itaca.
Cullato dal mare turchese
ei vide qualche pugno di crosta:
ripiego di pini e ginestre
San Domino e,
spinosa di capperi, l’isola che,
di San Nicola germana,
si poggiava su calcaree zolle
di Cretaceo e d’Eocene canizie.
Qual dolce diletto invase l’anima
dopo il lungo e martoriato tragitto
mentre il grido d’Alcione spegnevasi,
ovattato, dopo il tonfo marino.
Ora la quiete toccante abbraccia
i lattei lidi nascosti, le Cale, le Grotte
e i germogliati sentieri che,
lungo pareti scoscese,
imbrigliate da rizomi nidi,
preservano lo sfinito calcare
dai marosi e la furia del tempo.
Realtà di colori, non miraggi,
abbagli, illusioni: miele dolcificante
per una vista da sognatore.
E rientra, rumoroso, il natante,
pieno di gitanti festosi,
allietati dalla dilagante essenza
delle isole Tremiti.
dal volume “L’epilogo” (Levante Editori, Bari).