La Chiesa Italiana si “isola” per sfidare il futuro. A Cagliari, dal 25 al 29 ottobre, la 48a Settimana Sociale dei cattolici italiani

L’ultima volta fu sessanta anni fa, dal 22 al 29 settembre 1957, presieduta dall’allora inossidabile cardinal Siri. La Chiesa Italiana tenne a Cagliari la 30a Settimana Sociale sul tema: “Aspetti umani delle trasformazioni agrarie”. Tempi avveniristici, con la Regione Sardegna avviata a promuovere una stagione industriale in un’ottica di rinascita, intraprendendo l’insidioso percorso di abbandono delle terre, pensando a chissà quale miracolo di sviluppo economico.

Dal 26 al 29 ottobre di quest’anno i cattolici sbarcheranno nuovamente nell’isola per dar vita alla 48a edizione di quella che fu un’illuminata e profetica intuizione del beato Giuseppe Toniolo nel 1907. Prima sede Pistoia, le Settimane Sociali si svolsero fino alla prima guerra mondiale affrontando temi profetici, come la scuola, la donna, la famiglia. Nel 1927 assunse un ruolo significativo l’Università Cattolica del Sacro Cuore, mentre nel 1935 il regime fascista ne determinò la sospensione. Riprese nel 1945 al termine del conflitto mondiale, conobbero una seconda e lunga sospensione, dal 1970 al 1988. Riavviate nel 1991 sulla spinta del Convegno ecclesiale di Loreto (1985) giungono, con scadenze irregolari e con sedi alternate nord-sud, all’ultima in ordine di tempo, nel 2013 a Torino, ultima anche per la presidenza di mons. Arrigo Miglio, attuale arcivescovo di Cagliari, sede ospitante dell’imminente appuntamento.

Se il tema di allora fu “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, l’argomento scelto dal nuovo Comitato scientifico e organizzativo presieduto dal Vescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, non è certo meno delicato e, se vogliamo, provocatorio: “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale” come definito nella Evangelii Gaudium di Papa Francesco, con uno sguardo particolare ai giovani. Parlare di lavoro e giovani in una terra il cui tasso di disoccupazione rasenta il 20%, con un drammatico 56,4% di disoccupazione giovanile e 24% di abbandono scolastico, è sicuramente azzardato e intriso di attese. Si riuscirà a passare dalla protesta alla proposta? Quali iniziative la Chiesa riuscirà a stimolare in quanti detengono le sorti della nazione per risollevare dalla crisi una terra e una generazione di giovani sempre più delusi, frustrati e arresi? Si saprà passare dal palcoscenico alla strada, accendendo i riflettori sulle coscienze delle giovani generazioni? Sono queste le urgenze che attendono gli oltre mille delegati che – continuità territoriale e trasporti permettendo – giungeranno nell’Isola alla fine di ottobre.

Il paradigma del lavoro come “impiego” si sta esaurendo con una progressiva perdita di diritti lavorativi e sociali in un contesto di perdurante crisi economica che coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione” si legge nella lettera-invito di mons. Santoro. In essa sono indicate le cinque prospettive offerte ai cattolici per la riflessione: lavoro come vocazione, ambito in cui ciascuno deve potersi esprimere e vedere apprezzate delle proprie doti, qualità e competenze; lavoro come opportunità che nasce dall’incontro tra l’impegno personale e l’innovazione in campo istituzionale e produttivo; lavoro come valore, in quanto ha che fare con la dignità della persona, base della giustizia e della solidarietà sociale che genera vera ricchezza; lavoro come fondamento della comunità perché valorizza la persona all’interno di un gruppo, sostiene l’interazione tra soggetti, sviluppa il senso di un’identità aperta alla conoscenza e all’integrazione con nuove culture, generatrice di responsabilità per il bene comune; lavoro come promozione di legalità, rispetto ad un contesto in cui spesso l’illegalità rischia di apparire come l’unica occasione di mantenimento per se stessi e per la propria famiglia.

Negli intenti dei promotori la prossima Settimana sociale dovrà “realizzare un incontro partecipativo” e rinnovare “l’impegno delle comunità cristiane” sul tema del lavoro, andrà preparata con un “percorso diocesano” per portare a Cagliari un fattivo contributo secondo “quattro registri comunicativi”: la denuncia (denunciare le situazioni più gravi e incettabili), il racconto (raccontare il lavoro nelle sue profonde trasformazioni, dando voce ai lavoratori e alle lavoratrici, interrogandoci sul suo senso nel contesto attuale), le buone pratiche (raccogliere e diffondere le tante buone pratiche che, a livello aziendale, territoriale e istituzionale, offrono nuove soluzioni ai problemi del lavoro e dell’occupazione) e, infine, le proposte (costruendo quelle che, sul piano istituzionale, aiutino a sciogliere alcuni dei nodi che ci stanno più a cuore).

La diocesi di Cagliari ha aperto la fase preparatoria nelle diverse diocesi, inaugurando il primo di una serie di seminari-laboratori con l’obiettivo di raccogliere le esperienze e risorse significative del territorio per offrire – secondo gli auspici dell’arcivescovo di Cagliari mons. Miglio – “una proposta organica, unitaria, in grado di favorire sviluppo e occupazione, con particolare riguardo al futuro dei giovani, che oggi hanno davanti un mondo senza speranza”.

Per l’arcivescovo: “è arrivato il momento di accompagnare la denuncia e la protesta con programmi concreti, possibili, realizzabili in tempi immediati, medi e lunghi per superare la crisi. È tempo di raccogliere e diffondere idee, progetti e le tante buone pratiche che in Sardegna e in altre regioni d’Italia cominciano a dare risposte ai problemi del lavoro e dell’occupazione. Dal confronto aperto e dal contributo originale di tutte le organizzazioni operanti nel nostro territorio potranno venire importanti suggerimenti, da trasmettere alle istituzioni, per favorire la ripresa socio-economica della nostra isola. Non è il tempo delle divisioni, ma di agire unitariamente”.

Coraggiosa la scelta della Chiesa Italiana di “isolarsi” per individuare nuove prospettive e orizzonti di crescita e sviluppo. La speranza è che, al termine della Settimana Sociale a Cagliari, la Chiesa Italiana non si isoli e la Sardegna non si ritrovi ad essere nuovamente “un’isola nell’isola”.


FonteIn copertina: la Chiesa di sant'Anna, foto di Emanuele Boi
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Ignazio Boi (Cagliari, 1961), sposato, tre figli, giornalista pubblicista, esperto di formazione e comunicazione, funzionario della Direzione Politiche Sociali dell’Assessorato della Sanità della Regione Sardegna. Si forma in ambiente cattolico, dalla parrocchia ai movimenti dei Gesuiti. Obiettore di coscienza, nel 1983 diviene Segretario Nazionale della Lega Missionaria Studenti, promuove l’educazione alla pace, alla mondialità e la cooperazione allo sviluppo, cura il mensile “Gentes” e collabora alla rivista delle Comunità di Vita Cristiana. Consigliere e Presidente di Circoscrizione del Centro Storico di Cagliari dal 1985 al 1995, favorisce la nascita in Sardegna dell’Ipsia, ONG delle Acli, del Forum del Terzo Settore e del Forum delle Associazioni Familiari. Dirigente delle Acli e di Gioventù Aclista, fonda il Centro Pace e Sviluppo e con l’ente Enaip Sardegna dal 1986 al 2007 dirige attività e progetti di formazione professionale per “fasce deboli”, coordina programmi formativi internazionali e scambi di allievi tra paesi europei. Dall’Area Formazione della ASL, nel 2009 è chiamato nello staff dell’Assessore del Lavoro, promuove le realtà dei sardi nel mondo, particolarmente in Australia e in Argentina. Nel 2000 è ordinato Diacono permanente, impegnato negli Uffici diocesani di Pastorale Sociale e Lavoro e delle Comunicazioni Sociali, animatore di incontri, catechesi e formazione in diversi ambiti ecclesiali.