Passatore 2018: tante emozioni, gioia pura… Fotogrammi dalla 100km più bella del mondo

Sono passati 13 anni da quando Elisa Troia, splendida ragazza di 19 anni, fu falciata da un pirata della strada, sul marciapiede di Bisceglie. Correva l’estate 2005 ed Elisa si era appena diplomata. A scuola e nella sua città, la conoscevano tutti, le volevano tutti bene. 13 anni e suo zio Mimmo Asseliti la ricorda ancora: la porta ancora stampata sul cuore, per correrci ancora insieme…

Voglio iniziare così il mio racconto del Passatore 2018.

Come potete ben capire, in realtà, non si tratta solo del “mio” racconto: se fosse solo mio, sarebbe altro, sarebbe diverso, certamente meno ricco.

È in effetti il racconto dei 35 compagni di avventura e degli altri 3100 che ho incrociato sulla strada del Passatore, da Firenze a Faenza, a cominciare da quel papà che mi ha sorpassato un paio di volte mentre spingeva, per 100km suo figlio, nel passeggino…

Dirvi tutto è impossibile. Al benevolo lettore propongo una carrellata di emozioni, solo alcuni tra i mille flash di un’esperienza che può comprendere fino in fondo solo chi la vive.

La vigilia è già parte della festa. Si viaggia in treno. Ore e ore di strada, prima per raggiungere Faenza, ove ritirare il pettorale, e poi ancora su un trenino regionale, da Faenza a Firenze, guardando angosciati dal finestrino le montagne che toccherà scalare il giorno dopo.

Ognuno ha il suo obiettivo: chi è esordiente, come Assunta Maria Paolillo (che sarà scortata dal febbricitante marito Antonio Morelli); chi, come Silvana Porro, non solo è esordiente, ma è addirittura la prima donna dei Maratoneti Andriesi ad avere il coraggio di sfidare e abbattere il Passatore, accompagnata dal primo all’ultimo metro dal suo preparatore e amico Vito Grumo; chi, come l’epica Mariella Dileo, corre il suo quinto Passatore per ottenere l’ambitissimo piatto di ceramica attestante l’impresa; chi, infine, corre solo per il piacere di esserci e condividere un’altra magnifica esperienza con un gruppo di matti da legare.

Per Assunta, Silvana e Mariella, missione compiuta; per i matti da legare, compreso chi vi scrive, ahimè, non c’è più niente da fare!

Pasquale Caputo si augura che il viaggio sia il più lungo possibile (ma non bastano 100km???): non credo sia d’accordo con lui Mario Liso che, insieme al suo amico Giuseppe Morano (anche loro, entrambi esordienti), si è fatto gli ultimi 40km senza poter correre, per via di dolorosissime vesciche ai piedi.

Sempre a proposito di esordienti: loro erano anche Francesco Pistillo e Franco Addario. Hanno vinto anche loro, come chiunque riesca a portare al termine il Passatore…

Niente, non riesco a citarli tutti…

Maria Tatò, che alla vigilia era titubante, chiude in sicurezza,  e timbrano puntuali il cartellino i campioni Angela Gargano, Michele Rizzitelli, Nunzia Patruno, mentre il capitano Gionata sarà obbligato a fermarsi a metà strada per delle ferite sanguinanti là dove non batte il sole.

Antonio Germoglio ha un’infiammazione al tendine d’Achille, ma il guerriero, al suo terzo Passatore, non si arrende e chiude in 15 ore, così come il già citato Mimmo Asseliti e l’intramontabile Saverio Tondolo.

Un po’ più lento il simpaticissimo Nicola Laporta, in ritardo di preparazione, mentre bastano poco più di 14 ore al velocissimo Andrea Savella e ancor meno (molto meno!) ai top runners Teresa Chieppa, Michele Dinardo, Rino Laporta.

Missione compiuta anche per gli amici di Putignano, Cosimo Laera e Mariana Polignano, e di Gioia del Colle, Giovanni Camasta.

Menzione speciale per Giovanni Santovito: 73 anni, preparazione zero (praticamente ha ripreso gli allenamenti due settimane prima della gara dopo mesi di inattività), volontà di ferro. Risultato: seconda partecipazione, seconda medaglia portata a casa in 18 ore.

E il sottoscritto? Anche per me era la seconda…

Due anni dopo, due ore in meno: l’ho annunciata così, la mia piccola impresa, ai miei amici. Negli ultimi 12 km, ancor più negli ultimi 8, ho dovuto accelerare e correre senza mai fermarmi per riuscire a chiuderla in 14h39’, esattamente due ore sotto le 16h39’ di due anni fa.

La cosa più bella? Aver deciso a Marradi, km 65, nel cuore della notte, di non guardare l’orologio, di gustarmi passo dopo passo la fatica, di ascoltare il mio corpo, il canto degli uccelli, il gracidare delle rane lungo il fiume, l’aver a un certo punto spento la lampada frontale, per correre solo, al chiarore della luna, l’aver dosato al milligrammo le mie forze, per arrivare stanco, ma non distrutto, ancora nel pieno uso delle mie gambe, a dispetto di un colpo di freddo allo stomaco che mi ha impedito di alimentarmi dal km 35 in poi, fino all’arrivo…

E già. Perché il Passatore quest’anno ha riservato una fatica in più: alla partenza c’erano 31 gradi e Firenze era la città più calda d’Italia. Sulla salita che porta a Faenza e a Vetta Le Croci, alle tre del pomeriggio, il caldo ci ha ammazzato; subito dopo, al tramonto, il vento gelido che scendeva dalla montagna, mentre noi eravamo zuppi di sudore e salivamo verso il Passo della Colla (917m di altitudine), ci ha fatto battere i denti e tanti, tantissimi hanno avuto problemi con la digestione. Mai sentite così tante ambulanze, a sirene spiegate, per tutto il tempo della gara. Lo stesso Giorgio Calcaterra, un mito, uno che aveva vinto le ultime 12 edizioni, ha pagato, chiudendo al terzo posto con mezz’ora in più (un abisso, per uno come lui…) rispetto allo scorso anno.

I due momenti che porterò con me?

Vi ricordate di Cesare e Sandra Tarca? Provate a rileggere quanto raccontato due anni fa… Bene. Siete liberi di non crederci, ma ci siamo incontrati: di nuovo e ancora “per caso”… Mentre chiamavo ad alta voce un amico, a Firenze, a due passi da Santa Maria Novella, un’oretta prima della partenza, mi son sentito a mia volta chiamare per nome alle spalle: era Sandra, tra 3100 partecipanti ho incrociato proprio lei! Mi ha detto che suo papà, dopo 31 partecipazioni consecutive e 75 anni compiuti, non avrebbe corso perché operato un mese fa di ernia: «Per questo nelle ultime 4 settimane ho incominciato ad allenarmi. Bisogna portare avanti la tradizione: un Tarca al Passatore ci deve essere per forza!». Un Passatore da preparare in poco più di 20 giorni: assurdo, vero? Certamente. Ma succede anche questo nella 100km più bella del mondo…

Secondo fotogramma. Una volta arrivato a Faenza ed essermi messo a posto con una doccia (mangiare ancora niente: sono arrivato alle 5 e 40 del mattino, ma il mio stomaco non ha voluto toccare cibo fino all’ora di pranzo…), incontro un mito in persona: Pietro “Pirì” Crementi, lo storico cavaliere e commendatore della Repubblica, che, alla veneranda età di 87 anni, continua ad essere l’anima del Passatore.

Ora, a chi non è del campo, magari questo nome non sarà noto come quello dei più accorsati protagonisti di sport plurimiliardari e Pirì non guadagnerà mai milioni di euro per passare da una squadra di calcio ad un’altra, ma provate a fare una piccola ricerca in Rete e scoprirete che si tratta del vero e proprio cuore pulsante della manifestazione, cofondatore della società del Passatore nel 1969 e direttore della gara sin dalla prima edizione del 1973. Da allora è stato presente in veste di organizzatore e direttore di gara per tutte le 46 edizioni e precede la gara in macchina con il celebre cappello del Passatore.

Il nome di Pirì fa il paio con quello di un altro grandissimo: Walter Fagnani, padovano, che, a 94 anni suonati, domenica scorsa ha chiuso felicemente la sua 45ma Passatore su 46 edizioni (si è saltato solo la prima).

Ora, chi mi conosce di persona sa che io non sono tipo da chiedere autografi o selfie ad un vip, ma per Pirì Crementi ho fatto volentieri un’eccezione e quando, senza nemmeno presentarmi, gli ho chiesto: «Pirì, possiamo fare una foto insieme?», con visibile soddisfazione mi ha risposto: «Certamente!».

Il Passatore è (anche) questo…

Nella foto: il presidente Giordano Zinzani, Pirì comm. Crementi, Tatiana Khitrova durante la consegna del piatto di ceramica “Io c’ero 45 volte” a Marco Gelli (66 anni, un altro atleta riuscito portare a termine 45 edizioni), e Walter Fagnani.

 


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

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