Conversazione a tre voci con i due autori del libro “La corruzione: attori e trame” (Mimesis 2018), il prof. don Rocco D’Ambrosio e il magistrato Francesco Giannella, e il prof. Giuseppe Losappio
Serata conclusiva del percorso formativo del Forum di Formazione all’Impegno Sociale e Politico della Diocesi di Andria in collaborazione con Cittadinanza Attiva Minervino.
I dati Transparency International descrivono l’Italia come un Paese caratterizzato da una corruzione endemica nel settore pubblico e, anche se dal 2012 in poi c’è una risalita, è evidente che si tratti di una risalita faticosa. Siamo di fronte ad un fenomeno complesso – premettono subito i due autori nel volume – determinato da molti elementi e che si espande con modi e tempi diversi.
Tra tutte le possibili cause, il dott. Giannella, procuratore aggiunto a Bari e Coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia, evidenza la proliferazione di leggi, che produce un eccesso di competenze e di burocrazia. Il legislatore continua a sbagliare, che si tratti di errori o di decisioni scientificamente assunte. Ebbene sì: un magistrato che non crede nella risoluzione dei problemi attraverso norme e norme sanzionatorie! Non da sole, almeno. Cita Papa Francesco, quando dice che la corruzione non può nulla contro la speranza e aggiunge che la corruzione non può nulla contro l’impegno, in prima persona, di uomini delle istituzioni, di docenti, di educatori, di cittadini.
La realtà ci pone quotidianamente di fronte a casi in cui il potere pubblico è al servizio del vantaggio personale più che del bene comune, ma non si tratta di un fenomeno incorruttibile!
Per questo si deve distinguere dalla mafia. È un errore tecnico, psicologico e sociologico associare corruzione e mafia, perché la mafia è un fenomeno troppo potente per essere vinto e non è così per la corruzione. I due fenomeni si possono tuttavia incrociare ed anche sovrapporre. Si somigliano e si integrano quando la corruzione diventa un sistema, di fronte al quale il singolo cittadino si sente impotente.
Nemico della corruzione è una magistratura indipendente, l’anomalia italiana, di cui si parla nel testo, che ci distingue in positivo questa volta, laddove l’elezione dei magistrati da parte del popolo o delle autorità governative si evidenzia in tutta la sua negatività in Paesi anche molto vicini a noi!
E tra colleghi e amici: chi è il più corrotto? La corruzione è un fenomeno di tipo trasversale, è una trama, appunto, che fa pensare alla presenza di molti attori ed è proprio nei meccanismi che regolano i rapporti di lavoro e di amicizia che si annidano le condizioni per il suo sviluppo. Se per Aristotele l’unica forma di amicizia vera e duratura è quella incentrata sulla virtù, si può affermare che la rettitudine delle relazioni aiuta a crescere nella giustizia.
Si può solo resistere ai corruttori? L’assuefazione è l’abitudine a ricorrere sempre a qualcuno legittimando questo atteggiamento. Già la resistenza è una conquista, ma occorre essere cittadini attivi ed in questo hanno grande rilevanza le associazioni, che possono aiutare i singoli a denunciare i casi di concussione e ad essere più “resistenti”.
Il prof. don Rocco D’Ambrosio evidenzia che bisogna recuperare una coscienza civica e non basta essere onesti “da soli” (la solitudine di chi si oppone con forza alla corruzione e si ritrova isolato nella sua azione a favore del bene comune). Citando Voegelin, il prof. D’Ambrosio indica due possibili vie: il rifugio nella contemplazione o l’opposizione attiva. Ma esiste anche un altro modo di reagire: quello proposto, che si legge a conclusione del saggio, da Luigi Sturzo: il metodo atanasiano. Fuggire, nascondersi, peregrinare ma allo stesso tempo parlare alto, franco, sostenere gli altri, difendere la verità con audacia e senza opportunismi. Questa scelta si pone a metà strada tra il rifugio nella contemplazione e l’opposizione attiva. Essa è il concreto modo di operare di coloro che, per valide ragioni di coscienza, non potendo affrontare il sistema corrotto in maniera aperta né tanto meno abbandonarlo completamente, devono continuare a operare in esso trovando un equilibrio eticamente valido e praticamente realizzabile.
Affidiamo alle parole del prof. Giuseppe Losappio, docente di Diritto Penale presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, l’invito alla lettura: «La corruzione prolifera dove i cittadini sono distratti. Gli autori citano Bonoheffer (in Resistenza e resa, del 1942): “Sembra che si tratti di una legge socio-psicologica, la potenza dell’uno richiede la stupidità degli altri”. Leggendo questo libro si potrà essere un po’ più potenti rispetto agli altri potenti e un po’ meno stupidi».
Un buon motivo.