Nell’era della vita virtuale, delle amicizie inviate, dei sentimenti postati, dei complimenti con un click, come si affronta un dramma vero?

Franco Ferrante (nella vita reale Franco Ferrante) racconta sul palco del Festival Castel dei Mondi il dramma della malattia di suo figlio, in uno spettacolo tragico e comico, che al paradosso dei social intreccia riflessioni sulla sanità italiana e sulla condizione di attore.

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Un teatro nel teatro o una vita nella vita? “Questa vicenda è diventata terapeutica per la mia dimensione di attore, nonché necessaria affinché il teatro susciti un’emozione che è vera perché nasce da un dolore vero”, afferma Franco. L’idea nasce nel 2015, dopo la scoperta della patologia agli occhi del piccolo Arcangelo: “Tutto ciò mi ha fatto capire cosa significhi recitare, perché mi sono trovato in situazioni in cui dovevo fingere… e non ero sul palco, ma nella vita reale. Nella vita si può fingere, a teatro no”.

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Si tratta di un monologo emotivo, di un flusso di emozioni che esplode in una drammaturgia che c’è e non c’è, sviluppandosi in tre piani: concreto, finzione e virtuale. Quello vero è quello del dolore di un padre disarmato che soffre in silenzio, perché “il dolore vero ha la dignità di non comparire in prima fila”; poi c’è il piano della finzione, che mantiene ancora la sua poeticità nella dimensione artistica e deroga la negatività del narcisismo almeno per gli attori; infine, il mondo virtuale, quello in cui tutti siamo poeti, scrittori, attori e ci autocelebriamo; un mondo in cui “zio Peppino, odiato da tutti in vita, si prese 62 like da morto”.dsc_0011_1

“Tutte le patologie devono essere un punto di forza per andare avanti. Dopotutto, devi toccare il fondo per poi risalire”, afferma Franco che ha destinato parte dei proventi del suo “Arcangelo” ad alcune associazioni, al fine di contribuire alle spese economiche di chi, come lui, deve viaggiare per curare i propri figli.

Lo spettacolo si è concluso tra le lacrime e gli applausi scroscianti del pubblico.