“Ogni volta che devo farlo, mi sembra di vivere un paradosso: quello di dover assegnare un numero finito a una persona di valore infinito”

È tempo di scrutini.

La sezione “voti proposti” del registro è stata completata, nel mio caso con difficoltà immensa. Non sono brava a valutare. Ogni volta che devo farlo, mi sembra di vivere un paradosso: quello di dover assegnare un numero finito a una persona di valore infinito, quello di dover incasellare un universo in espansione in una griglia di parametri fissi. Ma la scuola non ha tempo per me: ci sono un migliaio di studenti da scrutinare.

Così, i consigli di classe si riuniscono e passano in rassegna centinaia di nomi. Si guarda alle medie matematiche e si cerca di lanciare segnali a chi proprio non vuole saperne di studiare. Ma si cerca anche di aiutare, incoraggiare, premiare. Poi si guarda alla partecipazione, al rispetto delle regole, allo spirito critico e si mette il fatidico voto in condotta. Poi l’occhio cade sulla percentuale di assenze e la situazione si complica. Allora la collega interviene e spiega che tizia è stata sorpresa a casa a tagliarsi le vene ed è in cura, oppure che Caio è degno di fiducia perché ci sta mettendo anima e cuore, oppure che Sempronio si è fatto tre quarantene dunque, nel suo caso, il calcolo delle assenze va rifatto. È questa la parte che mi piace di più: perché quando passiamo dalle medie matematiche alle storie di carne, alle narrazioni di vita, smettiamo di guardare e iniziamo ad osservare. E uno scrutinio è questione di sguardi.

C’è di mezzo, infatti, lo “scrutare”, il vagliare, l’esaminare, l’analizzare alla ricerca di tesori, dettagli impercettibili, sfumature che al mondo della scuola rischiano sempre di sfuggire. E in questi scrutini da scrutare c’è tanto, veramente tanto: c’è un aumento preoccupante della dispersione scolastica e del disagio psichico e psicologico. Questioni che scalpitano, che ci chiedono di inforcare occhiali adatti a questo tempo, convincendoci definitivamente che il nostro mestiere non è e non può essere soltanto una mera esposizione di contenuti. Così come il sistema valutativo non può e non può seguire semplicemente e pedissequamente l’asse performance-valutazione.

Ce ne sono altri scrutini in ballo, ai piani alti. Ma lì abbonda la miopia, che presta il fianco all’ignoranza: i meme e i doppiaggi ironici su questa fantomatica, più volte fallimentare elezione del presidente della Repubblica non si contano. Ma da ridere c’è ben poco. Pur senza diritto di voto, pur lontani da quelle aule e da certi giochi, c’è da farsi scrutatori attenti per cogliere tutta l’inadeguatezza di questa classe politica.

C’è da lavorare seriamente in altre classi, quelle dove scorrono la giovinezza e le delusioni, i sogni e le ferite; quelle dove l’adolescenza e la felicità arrivano a farsi guerre ingiuste; quelle dove sta crescendo un’umanità diversa, capace di riflettere molto più di quanto si immagini. E questo lavoro non può prescindere dal coraggio, in sede di scrutinio, di includere i vissuti nei voti, di valutare vagliando e di scrutinare osservando. Occorre ricucire scuola e vita…e alla svelta. Urgono lenti e occhiali e non per togliere pagliuzze, ma per cogliere le palpitanti speranze di una generazione fragile e potentissima.

Non è forse il tempo della mascherina un’occasione per aguzzare la vista? Ci sono rimasti gli occhi: usiamoli al meglio.