La misteriosa compositrice dietro la colonna sonora del film Van Gogh, Sulla soglia dell’eternità

Se proviamo a cercare sul potentissimo motore di ricerca Google, poco riusciamo a scovare della misteriosa compositrice che ha firmato la colonna sonora del film scritto e diretto dal pittore e regista Julian Schnabel, Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità, interpretato magistralmente da Willem Defoe. Il controverso film uscito in Italia il 3 gennaio scorso traccia gli ultimi giorni di vita ad Arles del pittore olandese, con una narrazione decisamente emozionante, caratterizzata da un punto di vista in soggettiva. L’obiettivo espresso degli sceneggiatori non è quello di creare un biopic, bensì di dar voce alle difficoltà e al pensiero del Van Gogh uomo e allo stesso tempo di celebrarne il rito di liberazione e sublimazione del dipingere.

Altrettanto suggestivi sono i brani scritti per l’occasione dalla compositrice russa Tatiana Lisovskaya. Oltre a questo e al fatto che la compositrice suona il pianoforte e il violino, probabilmente interpretando lei stessa i brani nelle registrazioni per il film, non è dato sapere di più sulla sua biografia, sulle opere precedenti e sull’esperienza nel campo cinematografico. Che sia una scelta di Julian Schnabel quella di preferire un’outsider del cinema o una preferenza della compositrice di ricorrere all’anonimato in questi tempi di sovraesposizione mediatica non fa che aggiungere un ulteriore alone di mistero ad uno stile già enigmatico.

Per il film la Lisovskaya registra 16 tracce, principalmente per pianoforte, completato a tratti dalla presenza del violino. Ovviamente, come è consuetudine per il cinema, non si tratta di sedici brani a sé stanti, bensì di rielaborazioni dei temi principali, che seguono la narrazione e ne connotano precisi stati d’animo.

Il tema che resta a lungo nell’orecchio all’uscita dalla sala è sicuramente il brano intitolato Van Gogh Theme I, cui ad un’introduzione di pianoforte si aggiunge uno struggente violino che si muove su un pianoforte più mosso rispetto agli altri brani. Il tema fa ridere il nostro cuore di gioia in consonanza con il commovente sorriso del nostro pittore che trova pace e incanto nella natura.

Un brano particolarmente efficace nel sospendere gli stati d’animo della pellicola e nell’amplificare gli stessi è Birth. Pianoforte lento con suoni che vibrano fino a decadere, per poi lasciare spazio ad altri suoni impastati e dissonanti.

Lo stile della Lisovskaya risulta particolarmente adatto alle modalità narrative del regista. La compositrice russa è imprevedibile, ricorrendo a quella che probabilmente è una forma di composizione mista a improvvisazione, dove gli accordi dissonanti sono ricercati, il tocco è dissacrante e l’irregolarità ritmica emula lo stile pittorico dell’artista. Persino la ripetitività, sia di parti di brano all’interno della pellicola, sia di note ribattute con insistenza, riconduce all’inesorabile gesto di dipingere del nostro Vincent, contro tutto e contro tutti. L’arte non può avere ostacoli, il prezzo è la ripetizione e il fallimento nella ripetizione, ma il risultato è l’eternità, dell’arte stessa e del suo autore.

I colori tracciati dal violino ricordano i piccoli tratteggi del pittore olandese, forse ancora più del pianoforte. Il paesaggio sonoro non è ampio, né particolarmente virtuosistico, ma l’uso di cromatismi ne confonde lo stile, facendolo evadere dal cliché della colonna sonora.

Il sospetto che la produzione abbia scelto la compositrice soprattutto per le sue qualità umane e la capacità estemporanea di dare un’interpretazione sfumata del materiale psicologico elaborato dal regista è motivato dalla completa assenza di importanti esperienze nel mondo del cinema e dalla scarsa elaborazione dei temi. Tuttavia se l’obiettivo era quello di isolare ancora di più il protagonista per esaltarne il senso di solitudine, in un’opera cinematografica densa di primi piani, di silenzi e non detti, non possiamo che inchinarci al risultato.