Tocca continuare a esserci e a combattere

Caro Direttore,

ci sono dei giorni che suggeriscono forte la necessità di arrendersi al nuovo, a questo miscuglio di incompetenza, arroganza e malafede che si sono impadroniti del nostro antico Belpaese. Il populismo nero di Salvini e il vuoto ruspante di Di Maio si fanno largo nella nostra gente come un coltello nel burro. Non parlo di sondaggi, parlo di modi di essere, di stare al mondo, di rapporti passabilmente umani. L’elenco è troppo lungo per essere esaurito in poche righe, e sarebbe anche noioso.

Ma negli ultimi giorni mi hanno colpito due fatti raccapriccianti, a mio modo di vedere. Il primo è solo un ripetersi: 170 migranti morti in mare, nell’indifferenza dei più e nella ripugnante smorfia dei soliti salvinisti, ai quali si è aggiunto il solito testa vuota Di Maio con il suo lapidario: “Stessero in Africa”. Il prossimo che prova a spiegarmi che il Truce e il Birraio sono diversi, si becca uno sputo in un occhio. Sono tutti e due uomini senza morale, che hanno costruito la loro fortuna politica (ed economica) sui più deboli, quali immigrati e disoccupati, poveri veri e finti, razzisti e imbroglioni, con la complicità di un popolo senza principi. Due becchini della politica che esultano sulla fine della democrazia e sulla novità di un popolo consapevole, utopia per gonzi (basta riflettere sull’Inghilterra che si è messa in un disastroso casino con un referendum che ha abolito il suo benessere).

A tutto questo si aggiunge una novità che ormai non è più tale. Salvini, con le sue divise da Fregoli quotidiano, sta per raggiungere lo scopo della sua missione: sottomettere l’odiato Sud, quello dileggiato nel razzismo da stadio, con la modernità del Laurismo che si pensava morto e sepolto. Il baciamano, che è simbolo di sottomissione nei clan di mafie e camorre, diventa omaggio alla maestà del nuovo Capo assoluto. E lui, il Capo che fa? Accetta compiaciuto. Come Lauro e come Gava, per restare alla politica, e lasciando perdere il valore del gesto che è di fedeltà ai clan, non allo Stato. Lui, Salvini, non ha nulla da obiettare, neanche quando partono urla di odio dei camorristi contro Roberto Saviano che, può piacere o no, è un simbolo della lotta alla malavita.

Questa è la foto ingrandita dei selfie di Salvini con i pregiudicati da stadio, e di altre commendevoli vicinanze che il ministro neutralizza con lo sberleffo ai terroristi di mezzo secolo fa, che devono scontare la pena e ci mancherebbe, non essere carne da macello per le campagne elettorali. Ci sarebbe una domanda da fare: Salvini è in politica da trent’anni, come mai scopre solo adesso tutti quelli che “devono marcire in galera”? La risposta ognuno può darsela da solo.

Ecco, caro Direttore, le ragioni che portano allo sconforto, alla tentazione della rinuncia. Poi leggo il magnifico Mauro Berruto, l’ex allenatore della nazionale di pallavolo, e mi dico che non possiamo arrenderci. Non possiamo lasciare che questi figuri deturpino quel che di buono ha ancora questo Paese, la cultura Cristiana e l’umana compassione per sé e per gli altri. Tocca continuare a esserci e a combattere.


Fontehttp://www.mauroberruto.com/
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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

2 COMMENTI

  1. Sciabolate perfette anche se in una vulgata che si va affollando di seguaci.Ma la domanda e:allora?qual è la proposta?chi ci mettiamo al posto di quei trogloditi, il ridente Zingaretti? Il fiacco Martina? il perdente Giachetti?il ricco Calenda? E con i voti di chi visti i sondaggi più recenti da zero virgola?Ah,saperlo!

  2. Caro Giuliani, se crescesse un po’ di consapevolezza diffusa del pericolo gialloverdenero, nascerebbero anche i leader. Se poi i leader fossero ricchi, non avrei da obiettare purché si occupino del Paese non dei propri cari, come hanno imparato a fare in fretta i Di Maio. Delegittimare gli Junker perché guadagnano 25mila euro al mese e scordarsi che Salvini e i parlamentari europei ne prendono 18mila, non valendo un’unghia di Junker, vuol dire tendere a un pauperismo che non aiuta neanche i poveri. Se questo Paese diventerà il pascolo per le camicie nere di Salvini, non sarà per mancanza di leader ma per assenza di consapevolezza del popolo bue. Troppo facile accusare i leader che non nascono. Ai tempi dello squadrismo, c’erano Sturzo, Turati, Gramsci, Matteotti, ma il popolo scelse il Duce. La storia può aiutarci a capire.

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