«Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro»

(Bob Dylan)

«Hai sbagliato esempio: magari i fiori sono gratuiti, ma l’acqua si paga…». Vero.

«La vita non è solo dono: è evoluzione». Vero.

«I tempi sono sempre stati difficili. Quando pensiamo ad un tempo felice della storia, è solo una nostra proiezione mitica». Vero.

Caro lettore, adorata lettrice,

i commenti che hai appena letto li ho scelti tra quelli che mi sono giunti per l’ultimo Caffè, la settimana scorsa. Evidentemente, sono quelli che mi hanno più colpito e fatto pensare. Evidentemente, contengono ciascuno delle palesi verità. Innegabili, direi.

Eppure non mi convincono. Non del tutto.

In effetti, non mi percepisco così stupido da negare l’evidenza. Ed è come se in quelle parole avessi trovato un tentativo di distogliere l’attenzione dall’oggetto. Quando scrivevo che “nulla è poco di quanto è gratuito”, non intendevo di certo negare il valore economico dell’oro blu: non è un caso se accennavo a “ingiustizie sociali, sperequazioni tra popoli, disastro ambientale…”.

Né mi pare che il concetto di “dono” sia in antitesi con quello di “evoluzione”: chi ha familiarità con la parabola dei talenti sa che nella cultura evangelica (della quale, mio malgrado, sono impregnato…) ogni “dono” equivale a un “compito”. Della serie: ti ho dato la bicicletta (sì: “te l’ho data”, anche se non me l’hai chiesta…), ora pedala.

E, infine, di sicuro non era mia intenzione presentarmi né come un ingenuo esaltatore del presente né come un nostalgico del passato…

Dunque, la domanda che mi sono posto è: perché, con le mie parole, ho suscitato simili riflessioni che erano così lontane dalle mie intenzioni? Il problema è quello che ho scritto, ipotesi in verità assai plausibile, o una sorta di resistenza interna in chi legge?

La risposta che mi sono dato mi accompagna spesso nella vita: et/et più che aut/aut…

E già, non è detto che alle nostre domande, specie su verità esistenziali, siano del tipo univoco: quando lo sono, o quando tali appaiono, è piuttosto probabile che ci si stia allontanando dalla verità dei fatti. La vita è spesso contraddizione, insegna l’amata Simone Weil, dunque le risposte logiche e inconfutabili vanno guardate con sospetto. Allora nessun aut aut. Piuttosto, la necessità di coniugare insieme punti di vista diversi, ma forse proprio per questo complementari.

Nel caso in questione, è verosimile che io abbia reso l’immagine di essere un Alicenelpaesedellemeraviglie, rischio che corro spesso volentieri e con piena intenzione. D’altra parte, è possibile che chi è tentato di rassegnarsi al “mare cattivo” e al cielo scuro, guardi con diffidenza a chi scruta l’orizzonte con l’ansia dei cercatori di schiarite.

Il punto di sintesi, io credo, ce lo offrono ancora le parole di una attenta lettrice. Sono certo che mi perdonerà se la cito senza riconoscerle i diritti d’autore: «Il mio personale caffè: il punto della questione (molto difficile e molto complesso) è di far coesistere in egual misura e in equilibrio instabile le due polarità opposte, entrambe vere, o se non altro veritiere: la lode e la geremiade. Sono sullo stesso piano di dignità, e ci esprimono entrambe. Altrimenti, l’eccesso di lode diventa cecità ingenua di fronte al male di vivere, e di morire, e d’altro canto l’eccesso di geremiade diventa pesantezza, opacità, depressione, cioè male che si aggiunge ad altro male».

E allora, il tuo caffè? Che ti sia dolce e amaro insieme…

Leggi i tuoi caffè col Direttore