
Il volume curato da Alberto F. De Toni, Roberto Masiero e Silvano Tagliagambe, Per un manifesto del digitale nella scuola (Milano-Udine, Mimesis 2022),
In un mondo sempre più attraversato da continue trasformazioni dove le diverse tecnoscienze stanno avendo rispetto anche al recente passato un ruolo decisivo in ogni campo, molteplici sono le nuove sfide che esse mettono in campo da affrontare con urgenza come intera collettività; tali sfide, molte delle quali inedite, richiedono a volte scelte radicali dagli esiti imprevedibili e irreversibili e hanno, pertanto, il bisogno di essere accompagnate da un pensiero plurimo, criticamente articolato e vigilante, più in grado di comprenderne l’evoluzione. Da più parti sta emergendo, a dirla con Walter Benjamin, ‘l’ora della conoscibilità’ delle dinamiche, implicite ed esplicite, delle tecnologie da parte di tutti gli attori in campo per decifrarne le trasformazioni che producono ad ogni livello e per non passare incomprese sopra le nostre teste; questo richiede una maggiore attenzione di natura epistemologica verso la filosofia della tecnica, un capitolo del pensiero che, salvo alcune lodevoli eccezioni da parte di figure come Gaston Bachelard, Gilbert Simondon e Georges Canguilhem, solo in questi ultimi decenni sta assumendo una organica fisionomia concettuale. E questo è dovuto all’irrompere delle molteplici tecnologie del digitale che stanno sempre più entrando nel nostro mondo tale da creare in questi primi decenni del XXI secolo la cosiddetta filosofia del digitale, con l’obiettivo di capirne le diverse articolazioni e soprattutto l’evoluzione e l’impatto nei vari settori da quello socio-economico a quello scolastico.
Viene in aiuto in tal senso il volume curato da figure appartenenti ad ambiti diversi come Alberto F. De Toni, Roberto Masiero e Silvano Tagliagambe, Per un manifesto del digitale nella scuola (Milano-Udine, Mimesis 2022), con contributi tra gli altri di Derrik de Kerkhove, Roberto Maragliano, Salvatore Colazzo, Nicola Martinelli che ne chiariscono gli aspetti teorici; tale lavoro viene arricchito inoltre da esperienze pratiche maturate in diversi contesti non solo scolastici e da un’analisi degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Ciò che emerge dall’insieme è la comune coscienza del fatto che il digitale mette in atto “un mutamento radicale di prospettiva che ci obbliga a diventare consapevoli delle differenze, delle opportunità e anche di rischi che offre rispetto ai corrispondenti analogici ai quali sta subentrando”, fatto che “la scuola non può più ignorarlo e farne a meno”; nello stesso tempo si ritiene necessario, come avverte Alberto F. De Toni in base alla sua esperienza di docente in economia gestionale alla luce dell’ottica della complessità (La complessità come aliante, 2 febbraio 2023), di andare “oltre una visione meramente tecnica del digitale”, di “trovare il senso della rivoluzione digitale”. E questo è ritenuto possibile solo attraverso l’indispensabile recupero dello “sguardo critico, compito delle discipline umanistiche e della filosofia in particolare” coll’assegnare alla filosofia del digitale l’esigenza di mettere in primo piano “la questione del limite” con una adeguata riflessione di ordine etico.
E questo anche perché si è arrivati ad una ulteriore tappa del digitale con la comparsa del metaverso, suo vero e proprio “gemello” come lo chiama Silvano Tagliagambe in questo stesso volume dal significativo titolo ‘Pinocchio e il digitale’, che non deve ‘spaventarci’ ma vederlo appunto come un’opportunità da sfruttare a partire dall’ambito scolastico che non potrà farne a meno e, nel campo stesso del diritto, una ‘nuova frontiera da affrontare’ , oggetto di una giornata di studi prevista per il prossimo 27 marzo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bari, sede di Taranto. E su questa strada, anche se gli sbocchi per il momento di questa nuova tecnologia sul piano didattico ancora non sono ritenuti ben definibili, vengono a situarsi i diversi contributi apparsi nel volume Metaverso e realtà dell’educazione, a cura di Salvatore Colazzo e Roberto Maragliano (Roma, Ed. Studium 2022), che hanno già affrontato in rispettivi lavori precedenti il ruolo del digitale nella scuola come in Dire, fare, digitale del 2021 e Zona franca. Per una scuola inclusiva del digitale del 2019, oltre a curare su ‘Nuova Secondaria’ la rubrica ‘Le culture del digitale’.
I diversi contributi aiutano a capire la struttura polifonica, la “natura ed il significato del Metaverso” ed il fatto che è uno dei tanti frutti della meccanica quantistica, come spiega in particolar modo Silvano Tagliagambe nel suo contributo e nel recente Metaverso e gemelli digitali (Milano, Mondadori 2022); come scrive in un altro suo scritto dal significativo titolo ‘Tre passi nella direzione del metaverso’, il modo migliore per capirlo è ritenuto quello di “raffrontarlo al processo di modellizzazione, non solo cruciale, ma imprescindibile per la ricerca scientifica” e ai processi formali autonomi per arrivare a dei risultati che permettono di interagire col mondo reale grazie al fatto che è in grado di fornirci simulandolo delle mappature. Il Metaverso viene pertanto a configurarsi come il “gemello digitale”, non è slegato dal mondo reale, “non è un ‘sopra’ staccato dal ‘sotto’, ma è in stretta e continua connessione” con l’universo, con il quale interagisce operativamente”; in tal modo non è un puro strumento di semplificazione di una realtà, ma anzi “ne incrementa la complessità nel senso che la correda di informazioni” che vanno al di là di essa stessa sino a poterci in esso “vivere senza incorrere nelle distorsioni che caratterizzano il ‘vivere nel modello’”.
Se si tiene presente questo fatto, come avverte Salvatore Colazzo, ci si trova davanti alla necessità di pensarlo “nell’ordine dell’iper-complessità” nell’interpretarlo soprattutto “convivendo’ con esso, fattore che ne garantisce la “biodiversità” in quanto consente “un uso molteplice della virtualizzazione del mondo” grazie appunto alle diverse modalità di “modellizzazione, simulazione, formalizzazione”; tali processi arrivano a “disegnare svariate traiettorie di senso e possibilità di azione” sino moltiplicare nello stesso tempo i diversi problemi che già oggi internet mette sul tappeto come la nostra privacy, la gestione dei big data, i rischi di condizionamento. In tal modo si cambia modo di conoscere nel senso che ogni processo conoscitivo risulta essere “immersione nelle cose”, e porta a capirle “esplorando e manipolando gli oggetti” come fanno i bambini nei loro giochi, oltre al fatto che arriviamo a misurarci “coi nostri pensieri scoprendoli nell’oggettivazione degli artefatti digitali”. Nella scuola dove si è abituati a pensare con concetti, coll’evoluzione del digitale si dovrà arrivare a pensare manipolando, come avviene per Colazzo ad esempio già nelle arti e soprattutto nella musica, considerata “il prototipo del metaverso” in quanto essa è corredata da piena “immersività, interattività, pieno coinvolgimento del corpo”, dove “il pensiero è connesso strettamente all’esperienza”,
Inoltre Colazzo, grazie al fatto che gli oggetti digitali interagiscono “con i corpi vivi dei soggetti che sono ricondotti a numeri”, offre una lucida analisi del ruolo dei learner, cioè agenti non “neutrali” che, in base al gioco degli algoritmi con i loro sistemi di autosviluppo tramite un processo di apprendimento, ci restituiscono una “complessità organizzata, una immagine della complessità umana e sociale, prevedendo comportamenti, proponendo modelli di dinamiche sociali a venire”; in tal modo si arriva “al capitalismo delle piattaforme e possono accrescersi le pratiche della sorveglianza” col mettere in pratica uno dei primi sogni della sociologia, quella della ‘fisica sociale’. Il metaverso, come ogni altra tecnologia, porta con sé da una parte i rischi della manipolazione e dall’altra “il disegno di Utopia” che permette di “sperimentare” nuovi modi di essere, di “vedere i limiti dell’esistente e di immaginare la possibilità di trasformarlo”.
Metaverso e realtà dell’educazione è un volume che aiuta a capire meglio le diverse dinamiche di questa nuova tecnologia caratterizzata da una “vocazione a trasformarsi trasformando il mondo”; sia Roberto Maragliano che Salvatore Colazzo evidenziano le implicazioni pedagogiche della digital transformation, ed insistono sul fatto a più riprese che “il digitale non è una malattia del reale” e lo considerano sulla scia di Platone un “farmaco” nel senso di prendere atto di un passaggio epocale e di organizzarsi per far fronte ad un vero e proprio mutamento antropologico con la presa di coscienza dell’inadeguatezza degli strumenti esistenti. In tal senso sono orientati gli scritti di altri contributori del volume nell’ambito della cittadinanza digitale, come costruire percorsi di relazionalità intenzionale o ecosistemica, di architetture relazionali tra embodied e meaning, oltre all’insistenza sulla “necessità della simulazione per capire il mondo” in ambito pedagogico; in tal senso si segnala il contributo di Demetrio Ria nel disegnare dei possibili scenari ‘Per un uso didattico del metaverso: ambienti di apprendimento e rappresentazioni di conoscenza’ col fare suoi i risultati della ricca letteratura internazionale sull’importanza dell’apprendimento ottenuti attraverso l’uso di pratiche simulative, dove appare chiara la rilevanza nei “processi di trasformazione dei modelli di rappresentazione degli studenti” in diversi settori del sapere. Il metaverso in primis è ritenuto uno strumento particolarmente orientato ad “espandere i gradi di libertà e l’esperienza degli studenti” nell’esplorare “il mondo virtuale i autonomia”; e può pertanto rientrare, data la sua caratteristica di costruire ambienti ibridi, “nella macrocategoria degli ‘ambienti di apprendimento’” dove vengono a convergere le concezioni degli studenti con gli esperti/docenti nel “creare le teorie ed i cambiamenti concettuali” e permettere dei “sistemi di cognizione distribuita”, processi che nel loro insieme portano ad affrontare meglio “eventi imprevisti” e portare gli stessi artefatti a cambiare. L’uso didattico del metaverso, dove è fondamentale la condivisione della conoscenza come in ogni ambito dell’informatica inoltre, porta con sé “la necessità di porre a questione il processo di costruzione e gestione di un ambiente di apprendimento complesso”; e questo richiede per Demetrio Ria di parlare di una vera e propria “ontologia regionale” specifica per lo stesso metaverso, come “base semantica” per i metadati processabili dalla macchina, e come “schema” nel senso che offre “un modo alternativo per descrivere il significato e le relazioni dei termini”.
Metaverso e realtà dell’educazione, pertanto, si rivela un lavoro imprescindibile per capire il metaverso come “simulazione complessa”, non riducibile ad una semplice piattaforma comunicativa; ed essendo comunque un mondo virtuale, come tutti gli autori indicano, è necessario che “le regole” vengano individuate nel mondo reale per essere trasformate in “situazioni simulate” e opportunamente “modulate sugli stili di apprendimento e maneggiate liberamente in forma individuale e/o di gruppo”, come suggerisce Demetrio Ria; e con Roberto Maragliano è da prendere in seria considerazione il fatto che il metaverso non è qualcosa che si aggiunge al già ricco patrimonio tecnico-scientifico che abbiamo a disposizione, ma “è la manifestazione di una originale prospettiva di rigenerazione di quel corpo… di vincoli e di aperture, di condotte riflesse e no che ci siamo abituati a riconoscere come ‘mondo digitale’”, che coinvolge anche la scuola, anche se a volte distinguerlo dal mondo reale non è facile. Per questo è necessario una filosofia della tecnologia sempre più attenta, che faccia i conti con la sua complessità perché “avremmo dovuto imparare che non si può stare fuori della tecnologia, pensando di essere indenni. Se non lo si fa, se ne diventa vittime”, anche perché, avverte ancora Roberto Maragliano, il tutto “dipenderà dal ruolo che noi tutti vorremmo o sapremo svolgerci” in base alla presa di coscienza del fatto che si mettono in gioco “questioni profonde”, di vera e propria ‘salute esistenziale’, cioè dei “modi attraverso cui facciamo esperienza di mondo, e riflettiamo riflettendoci su di essa”.