«Quando i veri nemici sono troppo forti, bisogna pur scegliere dei nemici più deboli»
(Umberto Eco)
Caro lettore, adorata lettrice,
quando mi è capitato di leggere le parole di Umberto Eco, la tentazione di far riferimento all’immediata attualità è stata davvero grande! Come non pensare a chi si fa forte con i deboli, ma poi diserta il tavolo dei grandi, proprio là dove i problemi andrebbero affrontati? E come non pensare a chi si fa forte con un post? Viviamo nel tempo degli haters. Professione: odiatori. Attrezzi del mestiere: anonimato sulle piattaforme social. Obiettivo: offendere e vilipendere quanti hanno il coraggio delle proprie idee, usare slogan invece che argomentazioni, attacchi alla persona piuttosto che confronto delle opinioni, atteggiamenti persecutori invece che dialoganti.
Vabbè. Mi fermo qui. Ho già ceduto alla tentazione, ma non voglio spingermi oltre. Magari lo farò in altro luogo. Non qui: nel tempo e nello spazio del nostro caffè, che vuole essere inclusivo e non innalzare steccati.
Le parole di Umberto Eco, peraltro, ci spingono ben oltre la stretta attualità. Direi che si prestano come chiave di lettura della contemporaneità in cui siamo immersi da più generazioni. Il nostro tempo, ce lo siamo già detti, è “liquido”. Di idee e uomini forti se ne vedono pochi. I fari sembrano spenti. Ci sentiamo deboli, smarriti, in piena tormenta. Senza una bussola. E allora: che c’è di meglio che farsi un nemico debole? Un nemico coalizza, chiama tutti a coorte, ci rende pronti alla morte. Ovvio: mica per essere realmente pronti alla morte, solo per finta. Ecco il duplice vantaggio di un nemico debole: stringe le fila, aumenta il consenso, ma non ci fa rischiare nemmeno un po’.
Il nemico del condominio può essere l’ultimo arrivato. Quello di una città, i mendicanti ai semafori. Quello del Bel Paese, ad esempio, gli immigrati. E il gioco è fatto. Si tira su un muro e si chiudono i porti, si aumentano i vigili urbani e le ronde notturne, si toglie la parola al vicino e lo si calunnia, e finalmente abbiamo uno scopo.
Ché, se poi il nemico dovesse essere: che campo a fare? su cosa poggio la mia vita? chi sono io per gli altri e gli altri per me? come si amministra una città o un Paese? E non sia mai! Noi siamo gente seria, gente ragionevole! Non abbiamo tempo per questioni del genere, roba da buonisti del cazzo!
Eppure: pare che nella storia di gente irragionevole che ha fatto la storia ce ne sia davvero tanta.
Viceversa, la storia è anche ricca di pazzi che si sono sentiti più unti del Messia, solo perché hanno avuto un po’ di potere, solo perché si erano scelti un nemico debole. Solo che poi la storia li ha cancellati. E l’ignominia li ha ricoperti.
«Noi siamo gente ragionevole, come sembra dover convenire a coloro che si occupano dei grandi affari di questo mondo. Ma se l’ordine dell’universo è un ordine saggio, ci devono pur essere qualche volta dei momenti in cui, dal punto di vista della ragione terrena, solo la follia d’amore appare ragionevole. Questi momenti possono essere solo quelli in cui, come in questa epoca, l’umanità è diventata folle per mancanza d’amore. Siamo proprio sicuri che oggigiorno la follia d’amore non sia in grado di fornire alle folle sventurate, il cui corpo e la cui anima hanno fame, un nutrimento assai più facilmente assimilabile delle ispirazioni di una sorgente meno elevata? E dopo tutto, così come siamo, è proprio sicuro che ci troviamo al nostro posto nel campo della giustizia?» (Simone Weil).