
«Questo che a notte balugina
nella calotta del mio pensiero,
traccia madreperlacea di lumaca
o smeriglio di vetro calpestato,
non è lume di chiesa o d’officina
che alimenti
chierico rosso, o nero»
(Montale)
«Queste parole mi servono proprio … ora proverò a respirare e capire, in questo mio mare in burrasca»: mi ha scritto così, una cara lettrice, dopo il “caffè” di domenica scorsa.
Le ho risposto: «Guarda verso il faro!». E lei: «Per ora vedo solo buio». Ancora io: «Alza lo sguardo!». Infine lei: «Ci proverò».
Caro lettore, adorata lettrice,
potrebbe terminare qui il nostro break mattutino. Credo che il breve scambio di battute, di cui ti ho messo a parte, contenga già una sua verità e proverò, con te, a soffermarmici giusto un minuto.
I frammenti che mi girano in testa sono: l’importanza di un faro, la capacità di una sola luce di sconfiggere tenebre dominanti, l’inutilità di un faro luminoso nella notte se nessuno lo guarda.
Vedi anche tu quello che vedo io?
Viviamo tempi difficili, non importa se più o meno di altri passati, ma di certo difficili. La tentazione dello scoramento è forte.
Nella mia città, la settimana scorsa, hanno freddato un uomo per strada, all’ingresso di un parco giochi, davanti a bimbi attoniti ed esposti al rischio di proiettili vaganti. Ancora, ha fatto il giro del mondo la foto di un padre e la sua bimba annegati, tenuti insieme da una maglietta che avrebbe dovuto proteggere la piccola e invece le ha fatto da tomba, proprio mentre cercavano di guadare il confine della libertà.
Orrore senza fine. Meglio chiudere qui l’elenco.
È vero, sempre più difficile è parlare ai giovani di speranza, di un futuro che sia migliore di quello toccato in sorte ai loro padri. Sembra che qualcuno, più di qualcuno, qualcuno che ha molto potere, si diverta a distruggere il mondo da consegnare alle generazioni che verranno. Si diverta ad ucciderci. Ed il fatto è che noi, con i nostri comportamenti quotidiani, inconsciamente e inconsapevolmente, avalliamo le scelte di cotanti “qualcuno”.
Ce n’è abbastanza per parlare di mare in burrasca, di tempesta in grado di affondare qualsiasi barca, foss’anche un transatlantico e non già la nostra povera e misera barchetta a remi.
E tuttavia. I fari ci sono. Esistono. Illuminano. Punto.
Solo che uno alzi lo sguardo, potrà vederli all’orizzonte. Se non proprio la loro luce, almeno potrà vederne un barlume lontano, come di “smeriglio di vetro calpestato”.
Quanto basta per indirizzarci la barra. Perché nessuna navigazione è sicura se non si ha una direzione, foss’anche in un mare in bonaccia. Occorre sapere. Occorre scegliere. Occorre navigare verso la luce. Anche la corrente più ostile può divenire vantaggiosa, se si sa come combinarne la forza con quella del proprio piccolo, ma decisivo timone.
E per far tutto questo, in definitiva: occorre alzare lo sguardo.
Perché, oltre la tazza del nostro caffè nero bollente, c’è ancora una meta che ci attende.