«La società dei consumi liquido-moderna svilisce gli ideali del lungo periodo e della totalità. È un popolo di zatterieri, non di naviganti: il marinaio ha bisogno di una solida imbarcazione, di una meta precisa cui giungere, di una bussola per navigare; gli zatterieri, che trasportano tronchi d’albero lungo il fiume, seguono la corrente, assecondano i movimenti del tronco, tenendolo a debita distanza dagli scogli e dalla riva e stando ben attenti di non cadere in acqua e lasciarci travolgere»

(Zygmunt Bauman)

Caro lettore, adorata lettrice,

il nome di Bauman ti sarà di certo familiare. Si deve a lui l’espressione “società liquida”, categoria con cui ha provato a definire l’epoca in cui viviamo, un’epoca caratterizzata da estrema volubilità.

Meno note, forse, sono le parole che danno lo spunto a questo nostro caffè e che ho provato a riassumere nella domanda di fondo: siamo zatterieri o naviganti?

Come Bauman spiega, è zatteriere chi si lascia trasportare, chi “segue la corrente”, chi si tiene a galla, chi, tutt’al più, prova a evitare l’impatto con gli scogli; chi, al massimo, dispone di una pertica, per provare a spingere un po’ di qua e un po’ di là la sua zattera. Ma non è un timoniere. Perché non può scegliere la direzione. Può solo scendere sempre più giù. Decide il fiume fin dove condurlo, dove farlo sfociare, a meno che non ci siano rapide e cascate e allora “ciao ciao, zattera e zatteriere!”.

Il navigante è altra storia. Il navigante ha una bussola e un timone. Ancor prima, il navigante ha una meta e una direzione: fosse pure scoprire cosa nascondono i Lestrigoni o la terra dei Ciclopi. Un navigante, in più, non dimentica mai che ha lasciato Troia e che lo attende Itaca, così come sarà sempre ammaliato dal fascino delle Colonne d’Ercole, sempre tentato dal “folle volo” della conoscenza.

Beh, non sarà un caso se la nostra umile testata è dedicata al navigante per eccellenza: al marinaio Ulisse che in greco fa Odysseo.

Ora, come sempre le mie divagazioni domenicali sottendono una domanda, direi quasi sempre, ossessivamente, la solita: e tu? O meglio: e noi? Siamo zatterieri o naviganti? Ci lasciamo trasportare dal “così fan tutti” o abbiamo un ideale? Ci accontentiamo del “si dice” o rispondiamo “fammi vedere, fammici pensare un attimo”? Comprendi bene che dalle risposte che daremo a queste o a simili domande discende che qualifica dare al nostro “mestiere di uomini”.

Per quanto mi riguarda, per quanto posso, per quel pochissimo, quasi niente, di cui sono capace, io mi sono già espresso. Io sto con l’Ulisse di Saba:

Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

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Fonte

"Caffè italiano in Africa"by sidney 51 is licensed under CC BY-NC-SA 2.0

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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...