Per chi ricomincia sempre, la pagella è sempre buona
Il mese di giugno guarda dritto in faccia studenti e insegnanti. È il tempo dei bilanci finali, delle valutazioni che (per usare il mood di un noto programma televisivo) “potrebbero confermare o ribaltare” le situazioni. È il tempo della stanchezza e del conseguente pericolo di perdere alcuni dettagli. È il tempo di chiudere capitoli e aprirne altri, di mettere un punto su certe storie, per andare a capo e ricominciarne altre. Nuove pagine da scrivere, dopo mesi così difficili.
Pagina è una parola stupenda: proviene da pangere, cioè congiungere e comporre. Le storie sono pagine di vita composte insieme, come note di una partitura, nella certezza che in ogni sinfonia si muovono note gravi e note soavi, che gli accordi contengono suoni molto diversi tra loro. Così sono le storie: pagine leggere e impegnative, eventi comici e drammatici.
Pangere, però, può significare anche fissare e infiggere…e certe pagine delle nostre storie, talvolta, raccontano l’insana paura di cambiare, l’attaccamento alla fissità fino alla fissazione. Ma anche punizioni inflitte e, in certi casi, autoinflitte dallo scarso amor proprio. Non c’è dubbio: le storie sono complesse.
Le pagelle pure sono pagine, quando non ci si limita a compilarle. Le pagelle sono storie, in formato smart ovviamente, perché la complessità è giocoforza ridotta ai minimi termini. Tra voti, giudizi e livelli, infatti, pulsano esistenze bisognose di sapere e di sentire che possono sempre farcela, che anche le melodie più drammatiche possono aprirsi a note di gioia, che nessun errore merita di restare fisso a fissare minaccioso, che nessuna valutazione può essere l’inflizione di un castigo.
C’è un’altra parola incredibilmente connessa al medesimo campo semantico: pace. La radice sanscrita, per pagina e per pace, è sempre pag-, con quell’idea di congiungere che poi ha dato vita a pangere. E mi viene da dire che, tra pagine concluse, da scrivere e riscrivere, e pagelle da modificare, chiudere, accogliere e digerire, abbiamo tutti bisogno di un bel po’ di pace.
Non di idilli per dimenticare i problemi, né di facili irenismi per edulcorare le difficoltà e i conflitti. Solo di pace, di quella forza gentile che permette di ricominciare non “nonostante”, non “oltre”, ma dentro la realtà. Pace come controcanto sottile, ma in grado di fare la differenza nelle grandi sinfonie, di alleggerire l’ufficialità delle voci grosse, di regalare movimento e fantasia a un “tutto” granitico e a volte troppo pesante. Pace come possibilità, nuovo inizio, riscatto, bellezza di cose tenute strette, impaginate insieme proprio perché diverse.
Sia questa l’estate di ciascuno, dopo mesi così difficili: un tempo di pace per continuare a impaginare la vita. E per sentirsi promossi, sempre e comunque. Perché la pagella di chi ricomincia sempre, di chi continua a fare e farsi storia, è a prescindere una pagella buona, una pagina bella.