Dio te lo restituisca, Antonio, quel tuo sorriso contagioso! E ti lasci tornare a sognare. Fallo anche per noi”

Trento, 20/12/2018. 14:30.

La neve ha accarezzato la città nella notte. Ora, il cielo è grigio e il silenzio si insinua nelle viuzze del centro città. Il sole deciderà di splendere solo all’arrivo del feretro, ammantato da due bandiere: quella tricolore e quella dell’Unione Europea.

È l’ora dell’addio ad Antonio Megalizzi, il ragazzo italiano colpito nell’attentato di Strasburgo lo scorso 11 dicembre. Il feretro, giunto in città nella notte tra il 18 e il 19, è stato esposto per la camera ardente nella chiesa di Cristo Re. Oggi, i funerali in Duomo.

Un flusso copioso e ininterrotto di parenti e amici, si sono stretti nell’ultimo saluto. C’è mamma Annamaria, papà Domenico, sua sorella Federica e, l’amore della sua vita, Luana. Non sono mancati alla funzione il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, accolti dal sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, e dal presidente della Provincia autonoma, Maurizio Fugatti.

La chiesa è gremita. La funzione inizia col coro intonante le toccanti parole di Fix you (Coldplay). Le lacrime corrodono i volti di giovani e anziani ed un unico pensiero alberga nei cuori di tutti i presenti: non si può morire così!

“Una violenza cieca e assurda ancora una volta ha decapitato una giovane vita, colpito al cuore per sempre una famiglia, tramortita una comunità”. Così ha detto nell’omelia l’arcivescovo Lauro Tisi, che poi ha proseguito con parole forti e cariche di intima commozione. Il vescovo lo ringrazia: “per essersi fatto ponte, per averci fatto capire che l’unico confine da difendere è il volto dell’altro”. Strazianti le parole per la famiglia: “vittima di una tragedia che toglie il fiato e domanda silenzio”.

Un caro amico di Antonio ricorda le fatiche e le gioie del sogno EuroPhonica, il progetto di una radio europea che l’Università di Trento ha annunciato di voler sostenere anche dopo la sua morte.

Ricordo che andavamo su qualsiasi mezzo, in giro per l’Europa. Ricordo le corse nei corridoi alla caccia di registrazioni, appostati in posti improbabili. Le discussioni appassionate su WhatsApp su come raccontare l’Unione Europea e le riunioni interminabili. Ma anche tante risate e tante confidenze”. E ancora: “Se EuroPhonica fosse una metafora facile, sarebbe Don Chisciotte che va contro i mulini a vento dell’indifferenza nei confronti delle Istituzioni Europee. Per farvi capire com’era Antonio, non solo era il primo a guidare la carica contro i mulini, ma aveva trovato i cavalli, studiato il percorso, e venduto i diritti della storia a Cervantes”. Una promessa finale: “Antonio non sarà mai come in una figurina, un’immagine stilizzata e irraggiungibile. Continua a vivere dentro di noi, nei nostri ricordi e nel nostro operato. Porteremo avanti il suo sogno, il nostro sogno, che per anni abbiamo inseguito contando solo sulla nostra passione”. 

Un applauso scrosciante accoglie l’amica di sempre al microfono. Le sue parole non lasciano indifferenti: “Antonio è un Mega. Come era rimasto per noi, sin dai tempi della scuola. Era speciale, ma non speciale come si dice di tutti. Lui lo era davvero. Il soprannome indicava qualcosa di megagalattico, di gigante e straordinario… Mega aveva voglia di cambiare questo mondo…diceva che l’asterisco accompagnava le persone speciali ed era il marchio di fabbrica della violenza emotiva…io posso sicuramente dire che se c’era una persona dotata di un asterisco quella persona era lui”.

Chi scrive è un semplice ragazzo pugliese, trasferitosi a Trento quattro anni fa. Per studio, come tanti. Come Antonio, per un sogno: cambiare il mondo. Una follia, forse. Di sicuro, una speranza feroce. Ghiacciata, solo, da un colpo di pistola.

Non doveva andare così, mi ripeto sorprendendomi a piangere. Una mano si posa sulla mia. È di una donna anziana. Accoglie la mia pena e mi ricorda che, per quanto serva, non siamo soli.

Prima di lasciare la chiesa, lancio un ultimo sguardo alla preghiera che mons. Tisi ha scritto e fatto stampare per Antonio. “Mega” era un giornalista, le parole il suo mestiere e queste sono quelle che l’arcivescovo ha scelto per salutarlo: “Dio te lo restituisca, Antonio, quel tuo sorriso contagioso! E ti lasci tornare a sognare. Fallo anche per noi”.