C’è l’Europa dei burocrati, quella dei tecnocrati, quella dei politici sempre in campagna elettorale.

E c’è quella dei popoli, quella dei docenti, soprattutto, quella delle famiglie e dei giovani studenti.

Ecco, sono stato testimone, per l’intera scorsa settimana, di questa seconda Europa: che non voglio dire sia quella più vera, anche se lo penso, non mi illudo che sia quella che conti davvero, anche se lo vorrei con tutto il cuore; semplicemente, è quella che amo di più.

Liceo “Nuzzi”, Andria, uno dei tanti licei del Sud dove, a giudizio di qualcuno che pur la scuola avrebbe dovuto conoscerla, ci si dovrebbe impegnare di più; una delle tante scuole in cui ogni giorno si prova a buttare il cuore oltre l’ostacolo per provare a dare il meglio di sé, per aiutare dei giovani a costruire il proprio futuro, a realizzare se stessi.

È in questo liceo del Sud che, grazie a un progetto Erasmus+, cioè grazie ai soldi dell’Europa, si incontrano 50 studenti di 4 nazionalità diverse, assieme ai rispettivi docenti, due per ogni nazione.

Le scuole ospiti sono il Gymnasium di Wertingen (Germania), la Escola Garbì Pere Vergés di Badalona (Spagna), il Berzsenyi Daniel Gimnasium di Celldolmolk (Ungheria).

Oggetto del loro lavoro: “Europe: old roots, new stories”, che significa “Europa: radici antiche, storie nuove”. Una settimana insieme per analizzare, divisi in otto gruppi, le radici comuni dell’Europa, per studiarne usi, costumi, sistemi educativi e di istruzione, passando a setaccio l’età dell’Impero di Roma, quella del Medioevo e della secolarizzazione, quella dell’Illuminismo. È solo il primo step di un progetto di durata biennale e che vedrà gli studenti italiani a loro volta ospitati dalle famiglie tedesche, spagnole, ungheresi.

Sì. Perché nell’Europa dei popoli non c’è solo lo studio dei libri o le ricerche in Rete. C’è soprattutto l’incontro, la relazione, lo scambio culturale. Ogni famiglia italiana, per l’intera settimana, ha ospitato in casa uno studente straniero. Ogni studente italiano sarà a sua volta ospitato. In maggio, sarà la volta della Germania. Nel prossimo anno scolastico si andrà in Spagna ed Ungheria.

Avreste dovuto vederle le famiglie italiane prodigarsi in mille modi per la riuscita della settimana. Non è bastato loro accogliere. Hanno fatto molto di più, come si usa qui al Sud (e già: #benvenutialSud!). Sono andate ad accogliere all’aeroporto gli ospiti e li hanno riaccompagnati, hanno organizzato pranzi a scuola per almeno 120 persone (ma noi eravamo solo 58!), hanno pianto alla partenza, manco perdessero un proprio figlio, sono diventate, in una sola settimana, la nuova famiglia italiana di un giovane tedesco o spagnolo o ungherese.

A queste mamme e a questi papà ho provato a strappare qualche frase. Non posso raccontarvele tutte. Ne riporto solo alcune, le prime ad essere giunte:

Il sig. Leonardo: «Dal mio punto di vista l’Erasmus è un’occasione per i nostri figli per “uscire dalla famiglia”, assumendo maggiore autonomia. La permanenza all’estero diventa un’occasione per liberarsi della sicurezza e dipendenza emotiva dai genitori, imparando a gestirsi autonomamente i tempi e gli spazi e arricchendosi con nuove esperienze di vita. Anche se si tratta di un piccolo periodo di tempo, sono sicuro che al termine i ragazzi proveranno anche un po’ di nostalgia della bella esperienza vissuta. Chissà se tra qualche anno ci sarà per noi genitori la possibilità di vivere in prima persona l’Erasmus, lasciando a casa i propri figli».

La signora Marica: «L’opportunità più importante che l’Erasmus+ regala ai nostri figli è la possibilità di vivere, anche se solo per una settimana, in un contesto familiare e scolastico “altro”, con una cultura e delle tradizioni differenti dalla nostra, ed imparare dunque ad adattarvisi e ad apprezzarli, anche in vista di un futuro più “europeo”. Mi ha meravigliato ed emozionato al tempo stesso la facilità con cui i ragazzi sono riusciti ad integrarsi ed a legare, sintomo che la gioventù non conosce confini e barriere. E tutto questo ci fa ben sperare per il loro futuro. Avere in casa, anche se solo per qualche giorno, un ragazzo tanto lontano dalla sua famiglia è stato per noi un po’ come avere un secondo figlio. Mate ci mancherà».

La signora Grazia: «L’Erasmus descritto con la mente: esperienza bellissima e molto costruttiva; l’Erasmus descritto col cuore: un turbine pazzesco di emozioni… un plauso enorme a chi dà ai ragazzi la possibilità non solo di VIVERE  questa esperienza, ma anche di VIVERSI!».

La signora Rosalba: «L’ Erasmus, un progetto che ci ha presi con la testa e con il cuore. Indimenticabile».

E i giovani? Non aggiungerò una sola parola. Preferisco lasciare a loro la conclusione:

Raphael von Hoch (Germania): «On the days I spent here I experienced an amazing intercultural friendship which should be spread all over the Europe (“Nei giorni che ho vissuto qui, ho sperimentato una fantastica amicizia interculturale che dovrebbe essere disseminata in tutta Europa”)».

Alessandro Tesse (Italia): «Non riesco a scrivere. Per poco, nemmeno a pensare. In quest’Erasmus ho trovato l’inaspettato. Un viaggio di triplice destinazione: un fratello dalle mille risorse e dal cuore d’oro che ho a dir poco adorato; ho trovato qualcosa da poter ricordare per sempre; ed ho imparato che le differenze sono solo una convenzione che assumiamo per colmare parte del vuoto nella conoscenza di noi stessi».

Aina Maynou (Spagna): «This was a good experience and I met very good long lasting friends. I need to repeat this experience. I will miss them a lot. See you in Catalonia. I LOVE YOU❤ (Questa è stata una bella esperienza e ho incontrato ottimi amici che sembravano essere tali da molto tempo. Devo ripetere questa esperienza. Mi mancheranno molto. Vi amo!)».

Frida Hèrincs (Ungheria): «I am sure that this week was determinative for everyone. Not only have we seen beautiful places, have tasted delicious meals, but we have also got to know awesome people who we won’t forget after the programme either. I hope that we will meet them a lot. Our partners came with us until the check-in. Of course it was the hardest to say goodbye to them. We miss them so much (Sono sicura che questa settimana è stata determinante per tutti. Non solo abbiamo visto posti bellissimi, gustato piatti deliziosi, ma abbiamo anche conosciuto persone fantastiche che non dimenticheremo nemmeno dopo il programma. Spero che li incontreremo tante volte. I nostri partner sono venuti con noi fino al momento del check-in. Certo, la cosa più difficile è stata salutarli. Ci mancano così tanto)».

Ecco, appunto: l’Europa dei popoli, dei docenti, delle famiglie e dei giovani studenti. L’Europa che amo.


FontePhoto credits: Paolo Farina
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...