
La prova della qualità di certe luci
Dopo una grande gioia, dopo un giorno perfetto, dopo un evento particolarmente riuscito e bello, capita di raccogliere quei “se” e quei “ma” che fanno riflettere. Si scoprono cose inimmaginabili, fuori programma e dettagli incredibili, materializzati mentre tu, ubriaca di gioia, assieme ai tuoi cari più cari, ti godevi lo scorrere di certi irripetibili avvenimenti. Come ombre, certe tenebre sembrano allora oscurare a posteriori la luce vissuta, ancora accesa dentro, scoppiettante e viva. Ebbene, con esse occorre imparare a fare i conti.
Il caldo di questi giorni esalta giocoforza tutta la positività di uno spazio ombrato, nel quale ripararsi e ritrovare ossigeno, nel quale magari parcheggiare l’auto per evitare un surriscaldamento considerevole. Ma io non parlo di questa ombra. Parlo sempre di uno spazio privo di luce per l’interposizione di un corpo opaco, ma non mi riferisco all’albero, al palazzo, alla siepe e all’ombrellone, inconsapevoli e inanimati fornitori di ristoro. Mi riferisco a parole, opere, omissioni e pensieri connotati da una opacità volontariamente distante dalla luce della gioia. Sbavature. Sfide.
Per quanto mi riguarda la sfida più grande è far pace col fatto che non tutto dipende da me, che il mio impegno non basta. In certi eventi, infatti, concorrono libertà diverse, più o meno educate, più o meno libere di offrire un sorriso grato e gratuito, più o meno ingabbiate nell’incapacità di decentrarsi, di sorridere, di parlare con gli altri, di mettere da parte il malumore per qualche ora.
Ma ho capito anche altro: certe ombre sono la prova della qualità di certe luci. Più forte, più bella, più genuina è la luce, più i cuori opachi cercheranno e produrranno ombre. E allora sono queste ombre della luce (per citare Battiato) a garantire, paradossalmente, che si è lavorato bene, che si è lasciato un segno, che si è riusciti in un progetto faticosamente costruito. Queste ombre insegnano prepotentemente che la luce non è perfezione e che la bellezza tollera le storture senza perdere nulla. Proprio come un manufatto, che acquista valore per quei difettucci di fabbrica che lo rendono unico e sono la prova della sapiente mano artigianale. Perché quando ci hai messo cuore, hai già vinto e la tua luce brilla come aurora, al di là di ogni opaca presenza e oscuro spettro.
Del resto è sempre questione di cuore, ossia di sguardo: “la lampada del corpo è l’occhio; se dunque l’occhio tuo è puro, tutto il tuo corpo sarà illuminato, ma se l’occhio tuo è viziato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso; se dunque la luce che è in te è tenebre, quanto grandi saranno quelle tenebre!” (Mt 6,19-24).
Certo, marcare nettamente i confini della luce e delle tenebre, del bene e del male è spesso impresa ardua. È più che altro il sogno illusorio di avere più risposte e fare a meno di tante domande e di tanta sofferenza. Occorre allora cogliere un’altra sfida: tollerare certe ombre, farsi carico di certe oscurità significa far pace con la complessità della vita, con l’impossibilità di comprendere tutto e subito, con la necessità di lasciare a ciascuno i propri tempi. Nella certezza che luce e ombra non costituiscono necessariamente un contrasto, bensì un connubio che conferisce spessore e dimensione a certi capolavori dell’esistenza. Insomma, certe cose meravigliose, così come certe opere d’arte, sono tali non perché piattamente illuminate, ma in quanto recano i caratteri di un sopraffino chiaroscuro.
La gioia è un’arte complessa e nell’arte le ombre danno valore aggiunto all’opera.
Credo, allora, che mi toccherà ringraziare le ombre della luce di questo straordinario periodo della mia vita.
…….quando la saggezza è l’abito quotidiano non c’è spazio per i fraintendimenti. Solo chi è stolto prova a leggere in chiave diversa!
Brava Michela!