Il percorso di Gianluca Bocchi

Sono rari anche se sempre più ineludibili, data la grande massa di conoscenze provenienti da disparati campi del pensiero filosofico-scientifico più recente, i tentativi di interrogarle criticamente e di integrarle in una visione d’insieme con il contestuale recupero della varietà delle molteplici esperienze umane che  hanno contrassegnato la nostra non lineare storia; e per coglierne la piena portata teoretica ed esistenziale con le connesse domande di senso per l’uomo del XXI secolo sempre più alla prese con diverse e inedite sfide, da più parti si ritiene necessaria una ‘nuova alleanza’, nel senso avanzato negli anni ’80 del secolo scorso da Ilya Prigogine e premio Nobel per la chimica,  imperniata sul dialogo costruttivo e strutturale tra i saperi scientifici e quelli umanistici uniti insieme nello squarciare il velo di Maya e fare venire fuori gli aspetti più rugosi del reale con le sue profondità. Del resto, le conoscenze scientifiche prodotte, e non solo, sarebbero superflue ‘se l’apparenza e l’essenza delle cose coincidessero’ per usare una significativa espressione di Karl Marx; e  per un itinerario del genere si rivela estremamente necessario il cosiddetto pensiero complesso, o meglio, quel pensiero che scaturisce dalla piena  presa in carico delle diverse risorse cognitive derivanti dallo studio delle scienze dei sistemi complessi. Essi tra le altre, oltre a quelle di interazione e di emergenza, hanno irrobustito il nostro plafond culturale della strategica idea,  di origine darwiniana, di storicità di ogni tipo di reale  e dell’interconnessione dei suoi livelli con l’arricchire notevolmente quello che prima Pierre Duhem e poi Ludovico Geymonat hanno chiamato il nostro ‘patrimonio tecnico-scientifico’ e di conseguenza il nostro stesso patrimonio epistemologico con l’imporvi ulteriori e più radicali ‘svolte’ nel senso avanzato da Moritz Schlick.

Tale capitolo della ragione umana, più di altri, sta facendo i conti  sino in fondo con i cambiamenti che si producono agli ‘avamposti del pensiero scientifico’ odierno col farci prendere coscienza delle conseguenti ed inevitabili ‘rotture epistemologiche’, a dirla con Gaston Bachelard, e dei diversi processi di decentramento che vengono a prodursi; con le strategie messe in atto  ci aiuta a meglio comprendere “lo spirito del tempo”, del nostro tempo e a considerarlo “un terreno fertile” e pieno di risorse non solo cognitive, e a sondare con strumenti sempre più adeguati  “quell’immensa rete della vita’”, “la storia della specie umana”  per arrivare a pensare “una cultura planetaria sotto il segno di un’unitas multiplex, fecondata dalle molteplici esperienze umane e non riducibile ad alcuna di queste”, come afferma Gianluca Bocchi nel suo ricco e denso ultimo lavoro dal significativo titolo  Le frontiere della vita. Dai  fossili al cosmo (Roma, Ed. Studium 2021).

È da tenere presente che Gianluca Bocchi ha curato insieme a Mauro Ceruti nel 1985 l’ormai classico volume  La sfida della complessità, lavoro che per usare un’espressione di Alain Badiou dovrebbe entrare nel ‘piccolo Pantheon portatile’ di ognuno di noi nel senso che si è dimostrato e continua ancora ad essere un laboratorio insieme concettuale ed esistenziale in fieri e indispensabile per tracciare le diverse vie della complessità e di viverla in tutta la sua portata razionale; e l’esperienza di tale composito universo,  pur essendo come ogni autentico percorso umano irto di difficoltà per le continue ed emergenti rugosità del reale con cui viene criticamente a confrontarsi, porta con sé il kairos del nostro tempo da sviscerare per coglierne le molteplici potenzialità.  Inoltre si rivela,  insieme e nello stesso tempo, uno strumento non comune per prendere  coscienza dei nostri ‘limiti’ e dei  numerosi ‘vincoli’ che ci interpellano, aspetto che, tra gli altri, Le frontiere della vita  prende debitamente in esame senza mentire su di essi. Preceduto da altre significative opere come  Origine di storie del 1993, scritta insieme ancora a Mauro Ceruti, e L’Europa globale. Epistemologie dell’identità (Ed. Studium 2015), tale ultimo lavoro di Bocchi si rivela essere una non comune analisi di  ciò che bolle nelle varie discipline contemporanee col mettere l’accento sui diversi scenari emersi soprattutto nell’ambito dell’astrobiologia per capire meglio la “storia cosmica nella quale sono poste le radici prime dell’emergenza delle individualità”.

I diversi capitoli partono dall’assunto che sia la rivoluzione astronomica a partire da Copernico che  quella evoluzionistica con Darwin,  rivoluzioni che ci hanno fatto prendere sempre più coscienza della profondità dello spazio e del tempo, abbiano prodotto radicali trasformazioni delle nostre visioni del mondo coll’innescare  quella che viene chiamata “una decentrazione della condizione umana nel cosmo”  col portarci in orizzonti conoscitivi fuori della portata delle “scale spazio-temporali della nostra vita quotidiana”, del resto prerogativa di ogni nuova teoria scientifica, come ci ha insegnato magistralmente Gaston Bachelard nelle sue analisi sull’avvento delle geometrie non euclidee e della meccanica quantistica;  si analizzano poi le diverse tappe che le hanno portato oggi  ad essere  strettamente intrecciate l’una con l’altra con la coscienza che i veri progressi scientifici, come aveva ben delineato Jean Piaget, avvengono  au carrefour  di discipline diverse col superare  quella ‘scuola del lutto’ dello specialismo eccessivo, come indicato da Edgar Morin.

Bocchi  ricava dalla loro confluenza l’idea che non venga “affatto sminuita l’importanza della vicenda umana nel cosmo”,  anzi che venga situata “più realisticamente e approfonditamente quale ramificazione unica e singolare fra le innumerevoli ramificazioni della vita, una ramificazione eccentrica e particolare”; nell’immensa ‘rete della vita’ si prende atto della specificità della storia di ogni specie, e anche se la specie umana è “una specie del tutto marginale nella biosfera dominata dai microrganismi”, essa è anomala e divergente rispetto a tante altre storie non perché le riassume, le assorbe, le supera” ma perché ha introdotto “nel mondo del vivente una nuova dimensione”, quella “noologica” già presa in esame da Pierre Teilhard de Chardin.

Connessa a tale problematica, come in altri studi più recenti concentrati sulla  comprensione della ‘singolarità della vita’,  è l’analisi del fatto che si stanno “esplorando vari tipi di limiti della conoscenza umana, vincoli costruttivi derivanti dalle specificità biologiche, cognitive e spazio-temporali di noi soggetti umani”,  che non ci permettono di ingabbiare il reale o “il nostro maestro cosmico” in schemi prefissati a nostro piacimento; un serio ed onesto confronto critico con i nostri limiti, tra l’altro, è un ottimo viatico per ‘stanare quel sovrano sotterraneo’, come lo chiama Mauro Ceruti, che è stato il paradigma della semplificazione ereditato da certa modernità  e che ha dominato per molto tempo le nostre menti. Ma è sempre per Bocchi  strategicamente importante sul piano teoretico confrontarsi con le  diverse decentrazioni spaziali, fisiche, astronomiche e  soprattutto quelle ritenute più “impetuose alla base delle scienze del vivente” come il passaggio da quella riguardante “il macromondo biologico” (organismi e specie) al “micromondo biologico” (biologia molecolare e genomica), in quanto con esse si ha a che fare con “la scoperta di confini e di soglie” che richiedono sempre più sul terreno metodologico, per essere meglio capiti, “necessariamente l’unità del sapere, che innesca a sua volta una ricerca di integrazioni a livello più elevato”.

Il beneficio culturale ed epistemico che si ottiene dall’intreccio di tali decentrazioni è “un approccio storico ampliato  in cui la storia naturale del nostro pianeta è anticipata, accompagnata e intrecciata da una storia cosmica” che spiega ‘l’emergenza delle individualità’; tale storia cosmica e naturale fa meglio comprendere sia “le singole discontinuità (transizioni, emergenze”) che “talune continuità di fondo” tale da portare ad una “’nuova alleanza’ fra scienze fisico-chimiche, scienze del vivente, scienze umane, tutte quante cooperanti nello studio di aspetti differenti di questa storia”. In tal modo per Bocchi si apre la strada ad una idea di ‘scienza giovane’ che da una parte supera i “danni prodotti dallo specialismo unilaterale” e dall’altra ci permette di inoltraci in “futuro aperto per le conoscenze umane” con “la riconquista di un passato altrettanto aperto” che le stesse scienze contemporanee permettono di vedere sotto un’altra luce col fare riacquistare il loro  vero valore alle diverse esperienze umane con il corredo di “miti, di religioni, narrazioni letterarie e artistiche,  spiritualità” che le hanno contrassegnate; tutto ciò apre la strada a quella che chiama “via di mezzo” vista operante ed “incarnata metaforicamente” nella cibernetica di Norbert Wiener, dove il kybernetés è “il timoniere che guida una nave tra due pericoli opposti -come la Scilla e Cariddi”.

Ma tale ‘via di mezzo’ viene ritenuta una “metafora di grande versatilità” e radicata “negli sviluppi del pensiero umano come nel caso dello stesso Francisco Varela”, attento alle tradizioni del pensiero orientale dove questa idea era di origine sanscrita e presente in certo buddismo; coltivare tale ‘via di mezzo’ è un modo per uscire fuori “da una visione delle identità rigide e statiche”, per permettere “quella circolazione delle idee che ha sempre accompagnato l’umanità su scala mondiale” e per cogliere  “l’idea dell’origine co-dipendente di tutte le cose” sulla scia di Carlo Rovelli, idea che l’ha presa dalla tradizione orientale e ritenuta la lezione fondamentale della fisica quantistica. Non a caso essa ‘via di mezzo’ ci immette in una “‘filosofia delle relazioni’ che ha radici molteplici e disparate nello spazio come nel tempo” ed in tal modo viene a coincidere per Bocchi con la stessa complessità che “affonda le sue radici in una forte incarnazione della conoscenza nelle nostre personalità integrali, fatte di menti e di corpi”.

Le frontiere della vita è un’opera che ci mette, pertanto, davanti ad un ampio ventaglio di punti di riferimento con cui confrontarsi nello studiare le diverse ‘transizioni’ che hanno caratterizzato i diversi reali, i processi di decentrazione che se non pienamente metabolizzati rischiano di farci perdere il senso della nostra esistenza e della nostra storia; nello stesso tempo ci fa prendere coscienza che i risultati che si ottengono nei laboratori scientifici con le tecnologie messe in atto non sono “altro che il prodotto complessivo di una biosfera ‘matura’ che ha dietro di sé miliardi di anni di stratificazioni e di innovazioni antecedenti”. In tal modo si allontana da noi l’illusione di una ‘seconda creazione’ e ciò che si può ottenere sono solo delle simulazioni di “alcuni aspetti di ciò che è avvenuto e forse anche di ciò che sarebbe potuto accadere”; da questo non comune viaggio intrapreso da Gianluca Bocchi nelle frontiere della vita, condotto con la lente del pensiero complesso, si prende atto della nostra particolarità, delle nostre fragilità con a fianco come compagno di viaggio l’indispensabile immagine di una scienza ‘giovane’ con tutto il suo pieno valore umanistico: “la scienza è ricca di sorprese e di conquiste soprattutto quando ha chiari i suoi limiti e le sue competenze e, insieme, anche i suoi sogni e le sue speranze”.


FonteGianluca Bocchi
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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.