“Noi siamo finestra del Mistero.

Solo nell’accoglienza dell’altro

possiamo comprendere noi stessi

e superare l’angoscia del vivere.”

(E. Levinas)

L’incontro con l’altro, è lo spazio in cui vengono messe in atto tutte le dinamiche dell’uomo, dall’amore tra due persone all’indifferenza, all’accoglienza, al rifiuto.

Dall’incontro scaturisce il prendersi cura dell’altro con tutte le sfumature e le “attenzioni” che questo comporta e da quest’incontro con l’altro nasce una relazione, una condivisione con tutto il suo infinito mondo interiore, con tutta la sua umanità.

Un’interiorità che comincia a svelarsi nel momento in cui si entra profondamente in relazione con l’altro avvertendo in primis il mio essere responsabile nei sui confronti. una responsabilità che si mostra ancor prima di intraprendere una comunicazione concreta.

Il primo approccio con l’altro dovrebbe condurre il mio esistere a farsi protagonista principale dell’essere altrui. È dal suo volto che bisognerebbe iniziare a definire l’amorevole accudimento della sua presa in carico. Dal volto dell’altro trasudano gocce di alterità, di condivisione, di empatia che condensandosi generano certezza che ognuno è unico e che la mia responsabilità consiste proprio nel mantenere intatta questa virtù. Un volto che si mostra non nella sua forma ,bensì nella sostanza di essere qualcuno e per qualcuno e quindi un anello di una catena che semplicemente avvicinandosi viene attratta e si incastra ad un anello prossimo senza dover ricorrere all’utilizzo di mezzi artificiali.

Un concatenamento naturale e reale da una parte che spesso si scontra con un innaturale ed utopico modo di conciliarsi con il prossimo ostile a progredire insieme verso un armonico passaggio di condivisione.

Ma la relazione è una vocazione, un’inclinazione naturale dell’uomo che lo conduce a riconoscere la sua dignità e a farne fulcro per occuparsi dell’altro.

Un’inclinazione che mira a scoprire l’altro radiografando la visione altra in modo da coglierne gli aspetti essenziali creando un binomio inossidabile per cui IO sono due. Sono IO responsabile e sono TU infinito.

Un processo di crescita duale che sviluppa un progetto di vicinanza e di accettazione atto a scardinare aggettivi come incomunicabilità e diffidenza in modo da porre l’uno in-contro all’altro nell’accezione per cui l’in-contro prevede l’andare verso l’altro e l’essere con l’altro.

Da questo incontro si origina l’amore per l’altro, l’amore a prenderci cura dell’altro, l’amore incondizionato che nel volto dell’altro percepisce la sua debolezza la quale, se analizzata attraverso la responsabilità innata dell’uomo, si fa forza e si eleva a condivisione.

L’amore che scorge il senso di abbandono da cui sovente l’uomo si lascia impossessare senza cercare un’ancora a cui aggrapparsi per risollevarsi dalla solitudine. Con l’amore con cui si predispone ad esserci per l’altro possiamo tramutarci non solo in un’ancora, ma addirittura prendere le sembianze di una piccola barca magari fatiscente, magari una zattera arrangiata. Non ci si fermerà solo a contemplarne le qualità quanto piuttosto la possibilità di tirarci in salvo, di aprire gli occhi e guardare oltre, secondo una nuova visione di prossimità.

L’amore che non vede nell’altro un nemico “da uccidere”, da “sopraffare”, che riesce ad uscire dalla propria autoaffermazione per occuparsi e preoccuparsi di far affermare la dignità altrui. Questo è molto importante perché riguarda il potere di noi stessi a leggere attentamente la nostra libera responsabilità. Un impegno prestigioso necessario per depurare la singola coscienza, ripagato dalla consapevolezza di essere e di esserci.

Si è custodi dell’altro, non può e non dovrebbe esserci un rifiuto all’impegno di responsabilità che è insita nella stessa umanità. Un rifiuto che spesso è riecheggiato nel corso della storia e che ancora oggi riecheggia, spesso anche minacciosamente, velato da giustificazioni di tipo religioso.

Si dimentica, facilmente, che ‘siamo empatia’, predisposti per la condivisione, la compassione, la comprensione, verso il nostro simile: l’altro.

‘Custodi dell’altro’ è parte integrante del nostro essere uomini e dovrebbe ‘precedere’ prima di ogni teoria etica o morale.


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So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.