“Dove c’è dialettica c’è civiltà, storia, crescita politico-culturale,

arricchimento di idee; chi non accetta confronto

non merita di stare nel consorzio umano”

(Buber)

Il dialogo: il dono più grande, che l’essere umano possiede e che da sempre lo contraddistingue. L’uomo differisce da qualsiasi altra specie è la capacità di comunicare attraverso l’uso della parola: l’uomo sa dialogare. Sembrerebbe un’affermazione scontata e di poco conto, ma, analizzando l’epoca in cui ci troviamo a vivere ci si accorge, che dialogare non è più così semplice e non è più così scontato.

La nostra è diventata ormai “l’epoca dell’immagine, della tecnologia e del virtuale” in cui la parola e il dialogo sembrano oppressi da queste forme espressive senza dubbio efficaci, ma poco esaustive. Si notano sicuramente più persone che direzionano lo sguardo su un cellulare, su un tablet o pc, piuttosto che coinvolgere empaticamente lo sguardo di chi vi è accanto. Un dialogo taciturno rinchiuso dietro una fantomatica realtà che non riesce a dar voce ai propri autentici sentimenti, che non riesce a dar giustizia e ragione alle proprie idee.

In questo tempo di confusione e mescolanza bisognerebbe tornare a ritrovare nel dialogo il presupposto fondamentale per interagire intensamente ed emotivamente con l’altro creando un confronto che dia qualità all’intensa rete di rapporti interpersonali che sembra dover essere continuamente rammendata.

Proprio da questa rete, non intrecciata saldamente, l’uomo spesso sfugge rischiando di intrappolarsi nella tessitura dell’indifferenza e dell’egocentrismo. Non solo la società dell’immagine frena l’arricchimento di idee, di crescita politico-culturale e quindi di visione generale della civiltà, ma anche il tanto da fare che impedisce di dedicare il tempo necessario ad un confronto ideale.

Il dialogo e di conseguenza il confronto dovrebbe risvegliare in ognuno di noi la consapevolezza che siamo con l’altro, che l’uomo comprende se stesso solo grazie all’incontro con l’altro e che solo con la condivisione si può sperare di tornare ad essere liberi in questa civiltà che a volte sembra più segregarci.

La relazione con l’altro è inevitabile non per dovere, ma per la condizione creaturale dell’uomo: l’uomo in se stesso è dialogo, è necessità di relazione, è apertura alla diversità che soddisfa la domanda di pienezza. Il contrario del dialogo, che porta alla condivisione e comunione, è “diabolos”, ciò e colui che crea divisione. Buber afferma che è la relazione che accomuna l’io al tu, è la relazione che ci accomuna, ci rende membri attivi e responsabili della famiglia umana

Scrive: “Dove v’è egoismo non v’è realtà. La partecipazione è tanto più completa quanto più immediato è il contatto del Tu. È la partecipazione alla realtà che fa l’Io reale; ed esso è tanto più reale quanto più completa è la partecipazione”. (Io e tu, 1923).


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So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.