Quando una provocazione diventa insegnamento

Una scritta nera sul muro di un liceo di Bologna “Il preside è gay.” Voleva essere una provocazione omofoba, ma ciò che ha prodotto è stato molto di più. Una riflessione su quello che il mondo è e su come invece dovrebbe essere.

Gianluca Dradi, dirigente del liceo scientifico Alfredo Oriani, non ha voluto cancellare quella scritta in mezzo a tante sul muro della scuola, ma ha voluto che restasse trasformandola in un simbolo e lo ha fatto usando queste parole in un post di facebook: «Ciò che offende non è la falsa attribuzione di una condizione, ma il fatto che uno studente del mio Liceo l’abbia pensata come a un’offesa. Non la farò cancellare: resti lì come una “pietra di inciampo” per l’intelligenza umana».

Spesso le etichette sono un modo per bollare in maniera definitiva e implacabile qualcuno. Specie negli anni più delicati della adolescenza quando magari si fanno davvero i conti con la propria sessualità e si è più fragili. Parole come gay ed epiteti molto meno gentili sono usati come arma per ferire e ghettizzare.

Perché è inutile negare che, per quanto ci siano stati dei miglioramenti, la nostra è una società profondamente omofoba. E purtroppo nell’ultimo periodo invece di fare passi avanti verso una società che accetta e riconosce una determinata condizione questa viene negata, svilita, calpestata.

Se atteggiamenti come quello di Gianluca Dradi fossero tenuti da chi è a capo del governo o da chi ha il compito arduo e prezioso di istruire le nuove generazioni probabilmente dapprima quelle parole sarebbero svuotate della loro aggressività ed alla fine scomparirebbero del tutto da quei muri.

Nella speranza che quei muri su cui ancora attecchiscono quei pregiudizi vengano del tutto smantellati.