La maggior parte (non tutti) dei problemi che attanagliano l’informazione possono riassumersi in un concetto solo: l‘Economia, la materia più invadente nelle vite di qualunque essere umano, non è insegnata a Scuola.

Come può allora un onesto cittadino difendersi dai mille vocaboli economici che lo assaltano ogni giorno, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato? Come può firmare un mutuo con totale asimmetria informativa? Come fa a chiedere un prestito a condizioni da cui non saprebbe difendersi? Come potrebbe comprendere il significato dei + e dei – legati ai mercati finanziari, diffusi dai tg, e di come questi possano incidere sulla sua vita? Cos’è economicamente la disoccupazione? Per quale motivo dovrebbe essere preoccupato dello Spread, del Debito Pubblico, del Deficit, che nemmeno conosce?

Certamente, non è pensabile che ogni cittadino conosca perfettamente una materia così complessa, ma apprenderne le basi favorirebbe la crescita naturale di una Società Civile.
Per questi motivi cercherò, attraverso l’esposizione di concetti basilari, di ripristinare il significato di vocaboli poco conosciuti, ma tanto inflazionati nel corso degli ultimi anni, facilitando la comprensione di concetti economici che, forse, dopo la lettura vi saranno più chiari.

Incominciamo:

Deficit: questo termine viene spesso erroneamente confuso con il Debito.

Il Deficit è la differenza tra il Debito Pubblico dell’anno in corso (il debito di oggi) e il Debito Pubblico dell’anno precedente (quello di ieri), comprensivo degli interessi sul Debito maturati fino all’inizio dell’anno in corso.

Insomma, è quanto ci siamo indebitati in più quest’anno rispetto al debito che già avevamo lo scorso anno. Come ci si indebita? Spendendo più di quanto si incassa: una sorta di risparmio negativo. Dunque, la formula economica è Deficit = Uscite Pubbliche (spesa pubblica) – Entrate Pubbliche (imposte) + gli interessi maturati sul Debito all’anno precedente.
All’interno della definizione di Deficit, esiste la definizione di Deficit Primario, che rispetto al Deficit non tiene conto degli interessi pregressi sul Debito, fornendo informazioni solo sull’andamento dell’amministrazione di quest’anno (uscite-entrate).

Poi, c’è un’altra definizione contenuta nel concetto di Deficit, ossia il Deficit Strutturale: è quel Deficit che uno Stato produrrebbe ipoteticamente, per sua costituzione naturale, se non ci fossero né crisi economiche né periodi particolarmente favorevoli in corso.

Tuttavia, non sempre le Uscite superano le Entrate. Quando accade che uno Stato incassa più di quanto spende, allora si ottiene un “Avanzo di Bilancio”, ossia un risparmio pubblico, il cui concetto è l’esatto opposto del Deficit.

Con il Trattato di Maastricht prima e con il Fiscal Compact poi, è stato deciso che il Deficit prodotto da uno Stato non deve superare il 3% sul PIL ogni anno. In Italia, con l’entrata in vigore del nuovo articolo 81 (Governo Monti), è stato imposto nella Costituzione il famoso Pareggio di Bilancio. Esso prevede che il Deficit Strutturale debba essere uguale a zero, dunque lo Stato, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli al ciclo economico, deve spendere esattamente quanto incassa.

Titoli di Stato: chiamate anche Obbligazioni (BTP, BOT,CCT), sono esattamente ciò che lo Stato deve emettere per poter finanziare il Debito o direttamente il Deficit dell’anno in corso.
Esempio: se quest’anno lo Stato incassasse 90 dalle Imposte, ma in realtà dovrebbe spenderne 100 per pagare gli stipendi degli insegnanti (come per qualunque altra spesa pubblica), esso avrebbe un Deficit di 10 che, se non finanziato da qualcuno, manderebbe in tilt il Paese. Cosa fa lo Stato, quindi? Emette questi Titoli di Credito per un importo pari ai 10 occorrenti, che vengono acquistati dagli Investitori Privati per consentire allo Stato di svolgere le sue funzioni. Quando lo Stato dovrà restituire la cifra all’investitore, oltre ai 10, saranno applicati degli interessi che permetteranno all’investitore di guadagnarci qualcosa. È così che si forma il Debito Pubblico!

Debito Pubblico: Forse il concetto più discusso dell’economia negli ultimi 10 anni, che trova diatribe di dimensioni bibliche tra le varie correnti economiche, in particolare tra quelle Neokeynesiane e quelle Neoliberiste.
Esso equivale alla sommatoria di tutti i Deficit accumulati negli anni fino all’anno corrente (e quindi finanziati con I Titoli di Stato), comprensivi di tutti gli interessi accumulati sul Debito (sui TdS che abbiamo visto prima) fino all’inizio dell’anno in corso.

Ma il Debito, di per sé, non ci dice un granché. Se un miliardario si indebitasse temporaneamente di 100 Euro non potrebbe affatto rappresentare un problema per il creditore. Se un barbone si indebitasse di quegli stessi 100 Euro, forse, il creditore non rivedrà mai più quei soldi. Parimenti, se un Debito Pubblico non viene rapportato alla Ricchezza del Debitore, ci dice poco o nulla sulla possibilità del debitore di ripagare. La ricchezza di un Paese è il suo Prodotto Interno Lordo (PIL).

L’attuale Debito Pubblico Italiano è di circa Duemilacento Miliardi di Euro (2.134.000 fonte: Milano Finanza), in aumento. Il nostro PIL invece, è di circa Millecinquecento Miliardi di Euro, meno del nostro Debito, ed è ancora in diminuzione. Il nostro rapporto Debito/Pil, dunque, è di circa il 133%.
Ma quando il Debito rappresenta un vero problema? Innanzitutto quando non possediamo
sovranità monetaria. Se avessimo una Banca Centrale Nazionale (Bankitalia è privata, non più pubblica), basterebbe un pulsantino rosso per il Direttore di Banca e verrebbero stampati soldi a sufficienza per riportare il Debito a bada. Tuttavia, il grosso problema da affrontare sarebbe l’inflazione e la conseguente svalutazione della moneta (caso Argentina), tema di cui però ci occuperemo nei prossimi articoli.

Poiché, invece, abbiamo delegato la nostra sovranità monetaria alla BCE, non abbiamo più possibilità di stampare moneta e quindi gli unici due modi per ridurre il rapporto Debito/Pil sono:

  • Generare Avanzi di Bilancio che ogni anno riducano il debito e i suoi interessi (tassare più di quanto si spende);

  • Far crescere abbondantemente il Pil (Ma nel III trimestre 2014 il Pil è -0,1% sul trimestre precedente: ISTAT)

Tuttavia, la delegazione della Sovranità Monetaria alla BCE, garantendo agli investitori una Banca così stabile, ci ha permesso di attenuare i tassi d’interesse sul debito che, in assenza di una stabilità politica e finanziaria in Italia, sarebbero esplosi, facendo crescere il Debito ben più di quanto già sia cresciuto fino ad oggi.

Con il Trattato di Maastricht prima e con il Fiscal Compact poi, si è cercato di contenere questo rapporto Debito/PIL per evitare di rendere il Debito impossibile da ripagare. L’obbiettivo dei prossimi vent’anni è di raggiungere un rapporto Debito/Pil del 60%. Se le cose restano quelle che sono, quest’obiettivo appare ancora utopia.

Per ora, con i termini basta così, poiché le prime nozioni, seppur basilari, richiedono comunque un notevole sforzo per la comprensione. Se avete dubbi o avete bisogno di chiarimenti, se volete muovere critiche su concetti sulla cui interpretazione non siete d’accordo, non esitate a scriverlo nei commenti. Saranno inoltre ben accette richieste di spiegazioni di alcuni vocaboli economici poco chiari, che potremo così trattare insieme nei prossimi articoli.

Luca Ribatti


[ In copertina foto di Luca RIbatti ]

 

 


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Sono nato ad Andria nel 1993. Laureato in "Economia delle imprese e dei mercati" all'Università Cattolica di Milano dove, attualmente, studio per un Master of Science in Economics. Durante i miei studi ho sviluppato un particolare interesse per la Macroeconomia e per le Politiche Economiche; faccio parte del coordinamento nazionale dell'associazione "Rethinking Economics", nata per promuovere il pluralismo nei curricula accademici, di cui sono referente per la mia Università. Seguo con fervente passione la Politica Locale e, soprattutto, quella Nazionale. Credo fermamente nell'attivismo, nella dedizione e nella partecipazione. In fissa con la diffusione di sana informazione, passo la maggior parte del mio tempo ad indagare. Da diversi anni, tratto quotidianamente temi legati alla Religione e alla (a)Teologia. Finito il tempo libero per occuparmi di queste passioni, svolgo quella che è la mia attività principale: scrivere pezzi. Faccio Rap sotto lo pseudonimo di Dorian. Il resto lo scoprirete da soli.

2 COMMENTI

  1. Grande introduzione! Chiaro e conciso.
    Se permetti io avrei aggiunto, dove parli di disavanzo primario, che il nostro paese realizza da 15-20 anni avanzi primari positivi, cioè spenda meno di quanto incassi dalle imposte, al netto degli interessi sul debito. E che proprio questi ultimi sono quelli che ci costringono in deficit ogni anno (è stimato che nel 2015 supereranno i 100 miliardi di euro)… Ovviamente qui ci si ricollega alla questione della sovranità monetaria, ma immagino che ne parlerai prossimamente… 😉
    Comunque davvero una bella idea questa rubrica, la seguirò!

  2. Bell’osservazione, Domenico! Sarebbe stato un ottimo esempio per sottolineare ancor di più l’importanza della differenza tra Deficit primario e Deficit (o Avanzo). Grazie 🙂

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